Una distinzione dei miei scritti, lo so, è l’essere collocati strettamente a Ponza. Un po’ lo faccio per scelta. Scrivo su questo Sito per testimoniare la vitalità della comunità isolana. Soprattutto questo è il motivo della mia presenza qui. Spero piacevole. Ne ho fatto un impegno, forse l’ultimo, della mia esistenza.
Il presente si mostra pieno di problematicità. Alla volontà di una minoranza ostinata si oppone la forza bruta dell’attualità.
Questa è pressata dalla necessità. La comunità si è assottigliata numericamente. L’isola e le sue condizioni socio-economico-culturali non ce la fanno ad attirare affinché la residenzialità sia preferita all’esodo in Comuni in continente. I Ponzesi in inverno vanno via.
A ciò si oppone una minoranza con in prima fila l’Amministrazione comunale. La lotta però è disperata. Lo ‘spirito del tempo’ relega i luoghi periferici allo spopolamento. Ma il radicamento e il senso d’appartenenza sono armi che questo manipolo minoritario utilizza con intelligenza e passione. Il sito Ponzaracconta in questo ring ha meriti che il futuro stimerà opportunamente.
Nel dormiveglia seguito al pranzo, tutto questo mi appare netto e doloroso perciò mi lascio andare, socchiudo gli occhi, e vedo il Natale degli anni passati. Quello di noi studenti.
Ritornavamo affamati di affetto. Da Roma, Napoli, Formia, dal continente, e lo sfavillìo dei richiami cittadini non ci adescavano.
Abbracci frettolosi ai cari, e mamma e papà ci guardavano come il trionfo della loro esistenza.
In chiesa ci si incontrava tutti. Come era avvolgente cantare insieme:
E ninnu bello
E ninno d’ammore
Ie sulo a te
Te voglio ama’.
Poi a casa. Ma prima era il buio delle strade che ci faceva ritrovare il nostro essere figli di questa terra.
Il presepe minuscolo stava in un angolo, sul mobile della camera da pranzo. Mamma lo aveva preparato perché: quel figlio non avrebbe avuto il tempo di montarlo.
Nessuna luminaria in casa, soltanto gli occhi dei cari, amorevoli, brillavano.
– Guarda come sono venuti i roccocò!? – mamma porgeva il vassoio e papà anticipava: Quest’anno ci vuole la dentiera per romperli!
Croccanti come più non si poteva, si masticavano con l’irruenza dell’adolescenza. Con la stessa foga si scrutavano gli angoli della casa, del vicolo, i volti degli amici rimasti sull’isola, i profili delle compagne di gioco. Stavano diventando donne e i contorni rubavano i nostri sguardi.
Ti accompagno, Silvia, se no il vento ti prende!
Il vento. Quello di levante scorticava i muri. Il vento della gioventù spingeva i nostri corpi ad avvicinarci.
Quante immagini, quanto affetto.
Papà sta dormendo – mormora sommessa mia moglie ai figli – fate piano.
Forse è meglio che mi sopisco, il dormiveglia è struggente. Il sonno è riposante.
Qui la traccia musicale di Ninnu bello:
Francesco De Luca
18 Dicembre 2017 at 16:36
Sono d’obbligo alcune precisazioni.
La canzone Ninnu bello fa parte del tesoro delle canzoni natalizie della parrocchia del Porto a Ponza. E’ cantata in questi giorni con gioia esplosiva in chiesa da tutti, alle note emesse da Giovannino Conte.
E’ l’eredità di don Luigi Dies. Lui ce la insegnò insieme a tante altre. Tanto che si credeva nata dalla sua creatività musicale. Che ha lasciato memorie notevoli per armonie e musicalità. Non è così. Ninnu bello è cantata in tutto il meridione campano.
L’arrangiamento è di Tonino Esposito, ineguagliato per le armonie. Al coro partecipano Nino Picicco e Antonio De Luca. La voce è mia.