di Antonio De Luca
Aziz è arabo di Beirut
porta rughe verticali e una barba imprecisa
come profonde cicatrici
da venti sahariani intrisi di sabbia
che il mare scava e il sole cicatrizza
ha schiena dritta e occhi abissali
una paratia di nuda quercia
il suo universo
Aziz è spoglio
Aziz è la memoria
e guarda il mondo
dall’uscio di un giorno d’inverno
tra remi e il pagliolo di un gozzo.
Pesca triglie e strascica parole per sé
dice che Allah è grande e ascolta
a Beirut ha una figlia Zahra che canta Jazz
a giorni ritorna a Marsiglia
parla come se stesse ad ascoltarci
qui al vecchio porto ad Aziz gli vogliono bene.
Scrivere non è il mio mestiere
in questa zona d’ombra di malinconie e di piacere
Marsiglia non è triste
mi rivela davanti ad Aziz
entrambi clandestini sul tempo delle attese,
uniti al sentimento di un destino
narrano gli uomini di Babilonia.
Il mare il gran capitano.
Qui stiamo nel tempo che abolimmo
davanti a eternità mediterranee
e poi mangiammo triglie e bevemmo pastis
parlammo di Jazz con Zahra
del Cairo e dei fratelli musulmani
arrivò il maestrale la sera si fece bella.
Antonio De Luca