Anni ’50, Ponza è l’isola che dai ricordi degli antifascisti, ora negli alti scranni della Repubblica, viene descritta come paradiso da scoprire. Sempre dipinta come una bellezza naturale di primo splendore, abitata da una comunità di gente di lavoro. Pescatori devoti ai Santi e proni al mestiere del mare.
In estate, agevolati dalla corsa turistica che univa Anzio all’isola, vi arrivavano da Roma pittori, registi, attori.
Venne anche la troupe del film ‘Africa sotto i mari’ (1952) con Sophia Loren agli esordi. Giovane, con un fisico prorompente, bellissima.
Affittarono il veliero di Sigaretta e con quello andavano nelle cale dell’isola per riprendere quanto il copione prevedeva accadesse in mare.
Fu ingaggiata anche una ragazza ponzese, Concettina, come controfigura per i tuffi dalla murata del veliero e per le nuotate in apnea. Niente di pericoloso né di eccessivo, ma una premura per la giovanissima Sophia.
Non era ancora una celebrità ma i rotocalchi grondavano pettegolezzi sulla rivalità con la Lollobrigida. A proposito, il giovane carabiniere di Pane, amore e… Roberto Risso, trascorreva le vacanze qui, in una casa che Taruffi, sì, proprio lui, il campione di Formula uno, aveva comprato, e parte dava in affitto.
I giovani ponzesi erano elettrizzati. In estate poi Ponza offriva un set cinematografico naturale. La battaglia di Maratona, Teseo contro il Minotauro furono film che videro i giovani ponzesi coinvolti. Figuravano come marinai o guerrieri. Si tuffavano, piroettavano in acqua quando la nave, incendiata, colava a picco.
La presenza di Sophia era avvertita. Si stava affacciati sulla balconata del Corso per sperare di vederla. Vestita con un pantaloncino di jeans striminzito e, sopra, una aderente camicetta rossa.
Per godere della trasparenza dell’aria il papà Vincenzino, il veliero, partì presto per le riprese. C’era pure Concettina. Ma Sophia giudicò che per quel tuffo non avesse bisogno della controfigura. Si issò sulla murata e si tuffò nelle acque del Core. Incauta. Nonostante la poca altezza la ragazza presa una panciata che le tolse il respiro. Subito riportata a bordo, si decise di farla vedere da un dottore. La barchetta a motore in breve arrivò in porto. Si fece subito una piccola calca. Scese il dott. Sandolo, presto seguito dal dott. Martinelli. Il dott. D’Atri, il farmacista, li supportava.
Sophia era adagiata su un lettino d’occasione e tutt’intorno giovani e ragazzi. Con i pantaloncini bagnati e la camicetta pure, mostrava la sua bellezza in una posa adagiata e stanca. Eeeh… tutti stavano là a guardarla. In fondo doveva soltanto riposare.
“Sì – intervenne il parroco don Luigi, pure lui chiamato a consulto – facciamola riposare senza la nostra presenza”.
A malincuore la combriccola si sciolse.
Ponza aveva i colori dell’acquarello: il Porto rifletteva i caseggiati non le infestanti barche, gli isolani erano indaffarati nella pesca o nella cura degli orti e della vite, qualche sandolino si avventurava fin oltre la scogliera, la Caletta vedeva raggruppata la gioventù sia femminile sia maschile, Chiaiadiluna offriva frescura alle persone di mezza età, a Giancos i ragazzi delle ‘colonie marine’ erano sorvegliati dalle suore, e ‘ncopp’u summariello avevano i primi approcci col mare i bambini.
[Racconti d’estate. (1). Continua]