Una sera di diverse settimane fa una signora di 85 anni, che vive da sola con una badante dell’Europa dell’Est, ha avuto un malore con perdita di coscienza.
Un vicino di casa, che passava per caso, ha allertato il 118 e dopo una quindicina di minuti è arrivata l’ambulanza il cui personale ha provveduto, quindi, a trasportare l’anziana donna al PPI (punto di primo intervento) del poliambulatorio.
Quivi giunta, la dottoressa di turno ha provveduto a soccorrere la paziente con una accurata visita medica e con il supporto di esami di laboratorio ed elettrocardiogramma; quindi è stata somministrata la terapia idonea richiesta dal caso.
Dopo qualche ora di cure ed osservazione la signora si è completamente ristabilita e poteva così fare ritorno alla propria abitazione .
A questo punto, notte tarda, sono iniziati i problemi in quanto non si sapeva come riportare a casa la donna : anziana, sola, non deambulante, con importanti barriere architettoniche per accedere all’abitazione.
L’ambulanza del 118 non poteva riportarla a casa in quanto tale servizio non è previsto (in modo tassativo dato che deve essere sempre pronta e libera per le urgenze).
Una piccola ambulanza, che anche su mio interessamento fu donata alla ASL qualche anno addietro, proveniente dalla provincia di Novara, per conto dell’associazione E. Cancellieri, risultava al momento non funzionante (da più di un mese non c’è proprio più, non so che fine abbia fatto).
A questo punto un vicino di casa, sopraggiunto nel mentre, ha telefonato al 112 e, dopo varie trattative telefoniche intercorse tra il carabiniere ed il personale del poliambulatorio, è stata concessa una barella con la quale la signora è stata trasportata con l’autovettura di un astante fino alla propria abitazione, con non poca fatica.
Una volta bastava… “fare un fischio” (precisamente si componeva un numero telefonico dedicato che tutti gli operatori della sanità avevano) e, nel giro di pochi minuti arrivavano i volontari della Protezione Civile che provvedevano a trasportare, gratuitamente, a qualsiasi ora del giorno e della notte, il malcapitato al proprio domicilio (o, meglio, dove occorreva).
Il Comune di Ponza ha avuto, nel 1988 il merito di essere stato quello che ha avuto la prima squadra comunale di Protezione Civile della Regione Lazio, grazie all’interessamento del dott. Alessandro Romano che per anni ne è stato il coordinatore responsabile volontario.
La squadra era in costante collegamento con ponti radio e si occupava di :
– prevenzione ed attività antincendi, boschivi e non;
– sorveglianza delle coste;
– trasporto d’acqua con autobotte, in criticità;
– trasporto ammalati;
– attività sovrapponibili a quelle proprie dei Vigili del Fuoco;
– vi erano tre autisti ponzesi con patenti speciali, anche abilitati alla guida di ambulanze;
– tutti i volontari avevano effettuato i corsi previsti, compreso quello di primo soccorso.
Si è già accennato prima al fatto che vi era un numero telefonico dedicato ; a me stesso è capitato più volte di aver avuto bisogno dell’intervento della Protezione Civile, sempre per problematiche riguardanti il trasporto di persone ammalate e, quando chiedevo la presenza di due volontari, a volte ne arrivavano anche più di due in poco tempo.
Non so quali siano stati i motivi – anche se li immagino -, ma l’uscente amministrazione comunale mandò via sia il coordinatore dott. Alessandro Romano che i volontari. Si dice che ne siano stati nominati altri (mai visti!) assieme ad un nuovo coordinatore (uomo, donna, altro..? non si sa!).
Nel frattempo è un bel po’ che è sparita da Ponza, assieme all’ ambulanza piccola, anche l’autobotte (“Fresia”) molto utile sia nello spegnimento di incendi che per il trasporto di acqua potabile a famiglie che, per vari motivi, potessero averne necessità improvvisa. Per fortuna l’autobotte è ritornata a Ponza in data 19/06/2017.
Per l’ambulanza piccola, invece, si sta già provvedendo a che ritorni presto sul nostro territorio assieme ad un gruppo funzionale (e funzionante) di Protezione Civile.
Alessandro Romano
6 Luglio 2017 at 07:56
Caro Isidoro,
chi fa volontariato di Protezione Civile sa bene che non deve aspettarsi nulla non solo dal punto di vista della remunerazione, ma anche da quello della gratificazione. Purtroppo, spesso proprio i beneficiari del soccorso non si rendono conto della “missione laica” che compiono i volontari di Protezione Civile, considerandola come un dovuto.
E fin qua stiamo nel carattere proprio del Servizio: “non sappia la destra quello che fa la sinistra”.
Ma a Ponza negli ultimi tempi si è verificato l’incredibile, si è andati ben oltre la semplice pretesa.
Il volontariato è stato mortificato fino ad arrivare al disprezzo e al dileggio, disperdendo quel patrimonio prezioso fatto di umanità e capacità che sarà molto difficile recuperare.
E mi fermo qua per non innescare inutili polemiche.
Comunque, caro Isidoro, grazie di cuore anche a nome dei volontari di Ponza. Quelli veri.
Sandro
cannella.domenico
6 Luglio 2017 at 10:07
Caro Isidoro,
bene hai fatto a porre in evidenza una problematica a cui tutti noi teniamo. Togliere un presidio di volontariato di protezione civile che tutto il mondo ci invidia – per organizzazione, umanità, capacità operativa “e diritto ad essere soccorsi con professionalità”, come abbiamo potuto constatare anche nelle ultime emergenze che hanno colpito la nostra Italia -, è stato per la nostra Isola un colpo al cuore.
Un presidio che Ponza deve avere! Spero che la nuova Amministrazione riallacci i fili con le autorità competenti per farlo tornare.
Grazie