“Le tradizioni sono morte” – mormora a mezza voce Cristoforo Tagliamonte – mentre lega ’a murtella alle corde per fare i festoni d’abbellimento della piazzetta della Chiesa.
San Silverio preme e il Corso deve profumare di mortella e garrire con le bandiere sui punti alti degli edifici.
Ma chi fa tutto questo? Chi armeggia per rendere il centro nevralgico della Festa una bomboniera colorata da cartolina ?
È un manipolo di fedeli di san Silverio, inossidabili cultori della tradizioni. Luigi, Alfonsino. Giovanni, Paolo, Cristoforo. Sempre loro. Soltanto loro. Per tutti.
“Non ce la facciamo più… le tradizioni sono morte !”.
Oggi la festa di san Silverio è passata. È’ stata all’altezza della tradizione in quanto a spettacolarità, a devozione, a entusiasmo. Ma lo sfogo di Cristoforo non è fuori luogo. È fondato e preveggente.
Le tradizioni erano tramandate apparentemente con leggerezza perché l’adesione alla loro realizzazione era data per scontata e non pesava né si faceva pesare. Oggi il lavoro di preparazione grava sulle spalle dei non più giovani e non riesce a trovare proseliti nei giovani.
E’ inutile recriminare, c’è soltanto da rinnovare il patto di solidarietà. Con modalità differenti da quelle che non tengono il passo con i tempi.
Il manipolo ha meriti enormi, ma non basta. Né a loro, che sono sempre più soli, né a tutti gli altri, che guardano indifferenti.
Si chiede (il manipolo) qualcosa che gli altri non sono disposti a dare. Perché? Perché il modo di affiliarsi in un Comitato o in una Congrega è cambiato. L’attenzione alle tradizioni non basta ad aggregare.
Lo sconforto di Cristoforo muove da una costatazione razionale e spero che il problema venga affrontato con la stessa razionalità. Farsi guidare dal cuore farà incanutire Cristoforo ancora di più.