di Rita Bosso
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Gentile Pubblia, esimia Lifana
nell’ambito di un rapporto epistolare di vecchia data, regolare e costruttivo, non mi stupisce l’arrivo di due Vostre raccomandate; dirò di più, se non le avessi ricevute mi sarei preoccupata e Vi avrei contattate, per assicurarmi che tutto proceda regolarmente.
L’ultimo contatto tra noi risale a giugno: era un sollecito di pagamento della bolletta acqua. Dopo qualche telefonata e un giro di mail la questione fu risolta: la bolletta era stata regolarmente pagata entro la scadenza, ne prendeste atto, ci salutammo cordialmente: Alla prossima! Quella volta avevate torto; ovviamente non pagaste nessuna sanzione.
Oggi contestate a tanti di noi errori nel pagamento di IMU e TASI. In attesa di verifiche, mentre scartabelliamo tra le ricevute, telefoniamo al fiscalista, imprechiamo, ossia compiamo azioni che (ad eccezione dell’ultima) richiedono tempo e danaro, noi utenti ci poniamo tante domande. Sono probabilmente ingenue e mal formulate; perdonateci, Esimie, non possediamo la Vostra competenza e la Vostra professionalità; provo ad esporle a piccole dosi, perché sono davvero tante. Comincio con domande generiche e generali; le prossime, Vi prometto, verteranno su casi specifici.
- Gli errori commessi dal contribuente sono gravati da pesanti sanzioni; ad esempio, un utente nel 2013 ha pagato trecento euro di IMU; dai Vostri conteggi risulta un omesso pagamento di sei euro; la sanzione pecuniaria è di cinquanta euro. L’utente, evidentemente, non è un evasore però ha sbagliato, dunque: paghi! Il principio è ineccepibile; non ritenete, Esimie, che dovesse essere applicato, ad esempio, al caso della mia bolletta dell’acqua, di cui avete richiesto il pagamento due volte?
- Se chi sbaglia non paga, costui potrebbe avere la tentazione di “provarci”, ossia di mandare lettere a casaccio, senza eseguire le opportune e doverose verifiche; su tante richieste inoltrate, ci sarà sempre l’utente che ha smarrito la ricevuta; c’è quello che non è autonomo e preferisce pagare per evitare di consultare (e pagare) il fiscalista; c’è quello che si fida e pensa che mai l’errore potrebbe essere stato commesso da una società di professionisti, il cui mestiere è fare conteggi e tener nota delle riscossioni. Su tante richieste inoltrate, alcune andranno a segno; altre costringeranno l’utente a un impiego di risorse (tempo, danaro) per dimostrare l’infondatezza della richiesta; in ogni caso, l’utenza sopporta oneri pesanti; i Vostri oneri, gentili Pubblia e Lifana, quali sono? Il Vostro datore di lavoro, ossia il Comune di Ponza, per conto del quale riscuotete, Vi chiede conto della qualità del lavoro svolto, del danno arrecato al cittadino/contribuente?
- Non ritenete, Esimie, che il rapporto tra l’utenza e Voi due sia asimmetrico? Il cittadino del nostro esempio può peccare di sciatteria (nella conservazione delle ricevute), di incapacità (nella lettura delle carte), di incompetenza (delle norme tributarie), ma non è certo un evasore, avendo pagato trecento euro e omesso di pagarne sei; non ritenete, Gentilissime, di ingenerare nel cittadino onesto un senso di impotenza, di sfiducia e la sensazione di essere considerato semplicemente un limone da spremere? Non ritenete che una sanzione pari all’800% dell’importo contestato sia inaccettabile?