proposto e tradotto da Silverio Lamonica
L’anno scorso, per questa romantica ricorrenza, scelsi una poesia di Verlaine (“A une femme”, “A una donna”). Anche quest’anno propongo un sonetto in lingua francese; del resto “l’amour” nell’idioma d’oltralpe, è insuperabile.
È un componimento che Alfred de Musset (1810 – 1857) dedicò alla sua amica-amante, la scrittrice e poetessa George Sand (al secolo Amantine Aurore Lucile, 1804 – 1876).
L’ammirazione e l’amore di Alfred per la Sand durò all’incirca un anno, ma fu molto intenso; lei narrò questo amore in un romanzo pubblicato nel 1859 “Elle et Lui” (Lei e Lui).
Alfred dichiarò a George il suo amore dopo aver letto il romanzo “Lélia” che la scrittrice pubblicò nel 1833, suscitando un vespaio di polemiche. Il libro fu giudicato molto “osé” tanto che un noto scrittore del tempo, Jules Janin, definì il romanzo “scandaloso e abominevole”, perché la protagonista si dichiarava apertamente inappagata dai suoi amanti. (fonte Wikipedia)
La poesia è tratta dalla raccolta “Lettere a George Sand”. Il poeta difende “a spada tratta” il suo amore dalle critiche feroci dei suoi denigratori, “hideux aboiements” (latrati abominevoli). È il secondo di sei sonetti dallo stesso titolo.
À George Sand II
Telle de l’Angelus, la cloche matinale
Fait dans les carrefours hurler les chiens errants,
Tel ton luth chaste et pur, trempé dans l’eau lustrale,
Ô George, a fait pousser de hideux aboiements,
Mais quand les vents sifflaient sur ta muse au front pâle,
Tu n’as pu renouer tes longs cheveux flottants ;
Tu savais que Phébé, l’Étoile virginale
Qui soulève les mers, fait baver les serpents.
Tu n’as pas répondu, même par un sourire,
A ceux qui s’épuisaient en tourments inconnus,
Pour mettre un peu de fange autour de tes pieds nus.
Comme Desdémona, t’inclinant sur ta lyre,
Quand l’orage a passé tu n’as pas écouté,
Et tes grands yeux rêveurs ne s’en sont pas douté.
Tratto da: http://www.poesie-francaise.fr/
Mi sbaglierò ma, leggendo questo sonetto, ho notato una certa affinità con la poetica del Petrarca: entrambi contemplano la donna amata, non tanto come “oggetto di desiderio” ma piuttosto con una “religiosa” ammirazione mista ad un velo di melanconia. A tale proposito mi piace sottolineare l’incipit di un sonetto del Petrarca: “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” e il sesto verso della poesia che vi propongo: “Tu n’as pu renouer tes longs cheveux flottants”, “Più non riannodi la chioma fluttuante” (secondo la mia traduzione). Ma ancora altre affinità si potrebbero trovare.
In questo caso, traducendo in italiano, non è possibile mantenere la stessa struttura del sonetto, per esigenze metriche; avrei alterato e non poco il pensiero dell’autore, per cui ho preferito tradurla in versi sciolti usando i tradizionali endecasillabo e dodecasillabo. Con questo sistema, traducendo quasi alla lettera, è sortita una poesia di ben diciassette versi.
A George Sand II
Come all’Angelus, campana mattutina
nei trivi fa urlare i cani erranti
così il tuo liuto casto e puro,
in un divin lavacro ritemprato,
è causa, o George, di sì latrato orrendo.
Quando della tua musa sulla fronte
pallida, impetuosi fischiano i venti
più non riannodi la chioma fluttuante,
sapevi che Febo, Stella verginale,
solleva il mar e fa sbavar le serpi.
Non rispondesti nemmen con un sorriso
a chi s’affligge in tormenti ignoti,
schivando il fango ai tuoi piedi nudi.
Qual Desdemona chinata sulla lira,
tu non udisti l’infernal tormenta;
nei grandi occhi tuoi dolci e sognanti
non albergò giammai il triste dubbio.
Di Silverio Lamonica
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Immagine di copertina: Francesco Hayez. Il bacio (1859); Pinacoteca di Brera. Milano