di Rita Bosso
Gli scettici ci consigliano di lasciar perdere, con ‘sta storia della Cisterna della Parata: riaprirla è una missione impossibile, troppi sono i privati che hanno ampliato le proprie abitazioni a scapito della Cisterna, chi oserebbe metterseli contro?
La vicenda della Cisterna della Parata non è confrontabile con quelle delle sorelle minori, Cisterna del Comandante e Cisterna della Dragonara che, per essere aperte al pubblico, hanno avuto bisogno di essere liberate dei rifiuti, ripulite, dotate di impianti a norma. Nel caso della Parata queste operazioni sarebbero davvero l’ultimo dei problemi, bisognerebbe prima demolire locali, ripristinare ingressi oramai inglobati in abitazioni private, smantellare cucine lussuose, ricollocare impianti.
Gli scettici consigliano di rassegnarsi, farsi raccontare la Cisterna della Parata da chi l’ha frequentata in tempo di guerra quando era rifugio antiaereo, di ammirarla in qualche bella foto d’epoca: la probabilità di recuperarla è nulla.
Il Sindaco di Ponza dichiara di averla visitata qualche mese fa e di essere determinato a recuperarla.
A chi dar retta, agli scettici o al Sindaco?
Io do retta ad entrambi e propongo, a cadenza settimanale, un paio di pagine di un romanzetto giallo che ho scritto alcuni anni fa, in cui la Cisterna svolge un ruolo centrale.
Ipotizzando che il sopralluogo del Sindaco sia avvenuto il sabato precedente il ferragosto, per l’esattezza sabato 13 agosto 2016, conto i giorni trascorsi, galileianamente spero in un “Eppur si move!” e registro il numero su un post: oggi sono 48 giorni dal sopralluogo.
Agli scettici propongo una narrazione della Cisterna a modo mio. Con un’avvertenza: ogni riferimento a fatti e persone è puramente non casuale.
1.
Se ci sta una cosa che mi fa ingrippare è quando non trovo una chiave, un documento, una parola, un cacchio qualunque e chi mi sta intorno, invece di dare una mano, si mette a pontificare.
Minniti è bello e caro ma questo vizio lo tiene.
Dico: – Minniti, si fosse vista la mia patente?
La quale deve stare nel borsone, per forza: io qui sull’isola la macchina non la prendo mai e poi, se per combinazione la prendo, chi mi ferma? Siamo noi che periodicamente dobbiamo fare i controlli, appostarci dietro una curva e fermare cinque o sei poveri cristi, favorisca patente libretto e assicurazione. Non è una rottura da niente: la gente ti allunga le carte con rassegnazione, come a dire Vabbuo’ marescia’, stamattina vuoi pazziare? E pazziamo!
Ad ogni modo io quando sto sull’isola la patente non me la porto appresso anzi la lascio nel borsone, pronta per la partenza successiva; solo che adesso ho girato e voltato ogni scomparto, ogni tasca ma la benedetta non è uscita.
E Minniti, collaborativo come al solito:
– ‘A marescia’, ma a me ‘sta storia me sembra froidiana –
– Vabbuo’ Minniti, ‘o sapimm’ che hai studiato! – e esco a fare quattro passi. Non è che posso ancora sbariare col borsone. E poi fa un cacchio di caldo, qua dentro.
– E’ che sei antico, certe volte – dice Bianca, ma almeno lo dice ridendo.
– Sei ideologico – è la sentenza di Alessandra, che da quando si è iscritta a filosofia ha messo la lingua nel pulito.
– Capisci solo il dio tuo – era il ritornello della buonanima che però, lassa fa a’ Madonna, non la sento più; tranne quando le mie figlie tengono il telefonino spento, allora mi tocca chiamare sul fisso e undici volte su dieci risponde sua grazia. La buonanima, l’ex signora Cardone, beneficiaria di figlie, casa e alimenti. Vabbuo’, esco.
Cammina, Cardone. Cammina, per evitare di rincoglionirti con le solite manovre: prendi il borsone, apri lo scomparto laterale, metti in ordine i cassetti, infila la mano dentro le tasche delle giacche, riapri lo scomparto laterale… Ringraziando Dio per strada non ci sta nessuno; dai primi di settembre qua si ricomincia a vivere e, se tutto va bene, si sta quieti per dieci mesi. Vabbuo’, negli anni normali, quando settembre è settembre e non agosto. Negli anni normali, a settembre uno può tornare a fare quattro passi per il corso, certe volte perché ne tiene genio, certe volte perché ci vogliono; ma questo è un settembre più torrido di un agosto torrido, è un settembre che ti schiatta in corpo, che ti griglia. E’ un settembre che, dal venerdì alla domenica sera, è peggio del più fetente, del più affollato, del più scassacazzo dei mesi d’agosto. Adesso i quattro passi li faccio perché ci vogliono, perché sono necessari, perché spero di trovare un fiato di vento, perché ringraziando Dio non è venerdì e nemmeno sabato.
Cammina, Cardone.
Lo so pure io che i quattro passi non servono a fare uscire la patente ma almeno uno non va al manicomio, non pensa sempre alla stessa cosa.
Dice ma perché, se la perdevi ad agosto, non potevi camminare lo stesso? Nossignore.
Intanto io ad agosto cammino perché a stare senza non ne sono capace, ma mi devo scegliere accuratamente i percorsi.
La strada principale, per esempio, è come se la transennassero dal primo luglio al trentuno di agosto, per quanto mi riguarda: e che, si cammina in mezzo a quella guagliunera arrogante, ai grupponi dei centri anziani incolonnati dietro all’ombrello della guida che gli racconta strunzate, alle nobildonne e ai chiachielli che la sera si mettono in vetrina fuori ai bar e ai ristoranti?
E pure sulle altre strade, a camminare uno cammina, ma sono camminate piene di salamelecchi, di pappasali, di frasi che non servono a niente se non a dimostrare che uno tiene la battuta pronta, che fa il brillante, che non è un mugnosordo. Vabbuono, io oggi cammino perché tengo bisogno di camminare: e che miseria, mica posso passare la giornata ad aprire cassetti, smuovere la roba dentro e richiuderli.
Perciò mi avvio verso la Caletta pensando sempre alla maledetta, che prima o poi uscirà però nel frattempo ti farà sbariare, procurerà qualche battutina di Minniti, qualche risatella… che, non ci ho fatto caso agli sguardi sottintesi, quando nella saletta l’altra sera non si trovava il telecomando?
[La Cisterna della Parata in giallo. (1) – Continua]
la Redazione
30 Settembre 2016 at 05:41
Scrive una lettrice sulla pagina facebook di Ponzaracconta: “Io umilmente chiedo: invece di aprire un’altra cisterna, non si potrebbero impegnare i “soldini” per ripristinare il tunnel di Chiaia di luna, altrettanto importante come reperto storico-culturale !!! (spero di non scatenare ire funeste…)”
Concordiamo: il tunnel di Chiaia di Luna ha valore storico-culturale autonomo, indipendente dall’uso come via d’accesso alla spiaggia, e andrebbe recuperato subito. Insieme alla Cisterna, non in alternativa. Ricordiamo che sinora si è scelto di destinare solo una quota esigua dei proventi della tassa di sbarco al settore archeologico; la quasi totalità delle risorse è stata invece impegnata in iniziative effimere e prive di ritorno. Un impiego diverso delle risorse, che privilegi il recupero, è possibile e auspicabile.