Mezzo secolo di viaggi e ancora non m’arrendo! Immagino che tutta questa agitazione qualcosa abbia lasciato, almeno spero…
Un’amica che scrive (e viaggia), odia sommamente scrivere dei suoi viaggi; ho pensato – non so se gliel’ho anche detto – che non sa quel che si perde!
Proprio lei dovrebbe ben sapere che la scrittura è la seconda volta della memoria (*). Tornare (scrivendo) sui propri passi fa rivedere (e capire) molte cose che al momento erano sfuggite; se non varranno per il viaggio ormai concluso, serviranno certo per il successivo.
Negli anni ho anche letto e raccolto molti libri e saggi sulla letteratura “da viaggio”. Trovo “l’occhio del viaggiatore” meritevole di assoluta attenzione e concordo con un recente articolo di Stefano Malatesta (**), viaggiatore e scrittore, che scrivere di viaggi è più difficile che scrivere un romanzo (cfr. file .pdf relativo, alla fine di questo articolo).
In questa serie di articoli ripercorrerò qualcuno dei miei viaggi con lo scopo di trarre, da eventi particolari, degli aspetti generali, spero utili a tutti quelli che si mettono sulla strada… Trains and boats and planes are passing by… [treni e navi e poi, solcando il blu gli aeroplani… (da una canzone di Burt Bacharach)]
Buon viaggio
S. R.
Sul tema “Ponzesi che viaggiano”, leggi sul sito qui (1) e qui (2)
Paese delle illusioni
Matara (Sri-Lanka) – South-east coast
L’altro giorno, con lo scooter, ho evitato di poco un pesce che mi stava attraversando la strada.
– …Un pesce..?
Ho frenato e sono tornato indietro. Sì, era proprio un pesce, lungo circa 15 cm, che si trascinava goffamente sulle pinne, un po’ discosto dal bordo della strada.
Dato il luogo, è stato relativamente facile ricostruire cosa poteva essere successo. Nei giorni precedenti aveva piovuto molto e i vari corsi d’acqua che intersecano la strada erano tutti straripati. Il pesce doveva essersi trovato nel posto sbagliato mentre le acque si ritiravano.
Ho cercato di prenderlo con le mani, a quel punto attorniato dal solito capannello di curiosi che cercavano di rendersi utili. Alla fine il pesce, sciaguattando disperato, è riuscito da solo a saltare in un fosso pieno d’acqua.
Dispersione dell’assembramento… Partenza… Pensieri…
Venivo da un paese dove un sasso è un sasso; gli davo un’occhiata sommaria per categoria e passavo oltre. Il sasso sarebbe rimasto tale fino alla fine del tempo. Allo stesso modo riconoscevo tronchi di alberi, animali, erba, fiori. Tutto al suo posto, preciso, immutabile.
Ora qualcosa è cambiato.
L’occhio ha imparato a soffermarsi più a lungo sulle cose; a registrare movimenti minimi.
Qui la natura è maestra di trasformismo e il mimetismo assume sfumature impensabili. Anche lo spazio per la sorpresa è dilatato, in un luogo dove ogni cosa può essere qualcos’altro.
Un camaleonte (Chamaeleo chamaeleo) piccolo rettile molto comune in Sri-Lanka
Così una macchia più scura in mezzo alla stradina… E’ un ramo caduto? …Una pietra spostata dall’ultimo trattore che è passato? …O un varano che attraversa lento e solenne e scivola nell’acqua torbida?
Come funziona la sorpresa. Una volta vengono due mie amiche per una breve vacanza. Fornisco loro le istruzioni di base e partono, macchina fotografica a tracolla, repellente contro le zanzare …e occhi aperti!
Ogni volta tornano a casa deluse per non aver visto i varani che avevo detto essere comuni, qui. Questo per alcuni giorni di seguito.
Poi un pomeriggio me le vedo tornare a casa trafelate, scomposte, rosse in viso:
– Il varano… il varano!
– Ah, bene! L’avete fotografato?
– Ma che vôi fotografa’!? Abbiamo strillato Ooohoooho! …e semo scappate!
Un varano (water monitor, in singalese kaberegoya), ancora piuttosto comune sull’isola. Non aggressivo; si nutre di avanzi, ma attenzione alla potente e grossa coda, capace di spezzare una gamba a un uomo
Un’altra volta la sorpresa è uno scoiattolo, o una fagianella che si guarda in giro muovendo appena la testa sul collo.
E in alto, sui fili della luce… Uno straccio portato dal vento? …O un pipistrello enorme, impigliato tra i fili e rimasto lì a seccare al sole?
Note sulla memoria e sul viaggio
(*) – Erri De Luca: “…Cos’è per lei la memoria e a che serve?” – gli chiedono.
– Non è un album di fotografie – risponde – né un posto, né una biblioteca o un’enciclopedia da consultare: non si può tornare sui passi per riviverne un pezzetto. È un enorme ghiacciaio che, come succede spesso, ogni tanto si ritira e restituisce pezzi e reperti. La memoria sputa dettagli in maniera così forte e violenta che mi obbliga a riscriverla. Ecco, la scrittura è la seconda volta della memoria, il caso, l’accidente che coinvolge molti pezzi e molte ossa del passato”.
(**) – Sulla letteratura “da viaggio”, un articolo da “La Repubblica”: L’età dell’oro è finita ma ora… Di Stefano Malatesta
[Viaggi. Apprendistato al diverso. (1) – Continua]
Sullo Sri-Lanka, dello stesso Autore, leggi anche qui
Luisa Guarino
6 Settembre 2016 at 18:47
Chiariamo subito che sono io l’amica che scrive e viaggia, e odia sommamente scrivere dei propri viaggi. E che crede proprio di non perdersi niente. Non ho bisogno della “seconda volta della memoria” perché i miei ricordi di viaggio, degli occhi, della mente e del cuore, tornano a galla ciclicamente, in ogni occasione e circostanza: li rivivo e li apprezzo ogni volta di più. E sinceramente non sento il bisogno di condividerli con chi leggerebbe o potrebbe leggere. Sì, è vero, i racconti di viaggio mi ammorbano: figurarsi se mai propinerei ad altri quelli miei! Quando viaggiavano-viaggiavamo in pochi ho sbadigliato nelle serate dedicate alla proiezione delle diapositive esotiche. Ora che viaggiano tutti, i mezzi di condivisione si sono moltiplicati: la scrittura è solo uno di essi. Naturalmente rispetto chi è mosso da questo “sacro fuoco”, come Sandro e non solo. In fondo, se i viaggi li hai fatti, basta poco per sentirti Bruce Chatwin.