Scrivo di isole perché le amo. Scrivo della Sicilia perché (un po’) la conosco; ho amici siciliani, mi piacciono il dialetto e la cucina siciliana.
Nessun racconto di viaggio può essere esauriente: è un puzzle e un collage quello che si compone lentamente nel racconto e nella memoria, a partire da tutte le cose che di un certo posto abbiamo conosciuto, di persona o per sentito dire.
Qui di seguito qualche flash di un breve viaggio in Sicilia.
S. R.
Il viaggio in Sicilia era stato ideato mesi fa con Tano, il mio amico siciliano. Va’ a prevedere che proprio in quei giorni, scelti dopo complessi calcoli e triangolazioni, ci sarebbero state le elezioni comunali a Roma, che senza la sua presenza non avrebbero potuto svolgersi (!)
Ma comunque non si parte alla ventura. Ho numerosi “pizzini” di sua mano delle cose irrinunciabile di vedere; una quantità di carte e baedeker e le prenotazioni in B&B (due notti a Catania, due a Siracusa e una a Ragusa).
Formula: volo Ryanair e macchina a nolo.
Catania è l’Etna. La montagna con i suoi 3329 m di altezza incombe sulla città, spesso incappucciata di neve.
Nere, di pietra lavica, sono le pietre degli edifici più antichi.
Due gli eventi storici di rilievo in cui il vulcano è stato implicato: l’eruzione del 1669 e un terremoto catastrofico (nel 1693), per cui tutti gli edifici di pregio architettonico sono successivi all’ultima data.
‘U liotru – Scultura in pietra lavica su cui è montato un obelisco, in piazza Duomo e… sullo stemma di Catania
Dai “pizzini” di Tano risulta irrinunciabile la passeggiata lungo la via Etnea e la visita di piazza Duomo, con la maestosa Cattedrale di Sant’Agata, ma soprattutto per contigua Fontana dell’Elefante [nel “pizzino” del nostro amico: ’u liotru]. Secondo la tradizione la statua dell’elefante in pietra lavica e dotata di poteri soprannaturali fu scolpita da Eliòdoro artista e mago catanese (circa 778) poi bruciato sul rogo come eretico; di qui per deformazione da Eliòdoro il nome liotru]
Anatomicamente la figura dell’elefante si presenta sformata; i testicoli, infatti, sono molto più grandi del normale e per tradizione goliardica gli studenti della vicina Università di Catania (Siculorum Gymnasium) erano soliti sciacquarli e strigliarli con abbondanti secchiate d’acqua all’apertura dell’anno accademico come buon auspicio per l’andamento degli studi.
A Catania di grande interesse archeologico è il teatro greco-romano – recentemente restaurato e aperto al pubblico -, un grande spazio vuoto debitamente riempito di case nei secoli… Solo in epoca fascista cominciò il recupero che è durato fino ad anni recenti, riuscendo almeno a ripristinare la struttura essenziale, ancorché circondata (ma non più invasa) da abitazioni civili:
Immagine del Teatro, come si presentava nel 1930
Rispolveriamo anche i ricordi sugli antichi teatri. Quelli greci utilizzavano cavità naturali preesistenti, le gradinate per gli spettatori erano in legno e appoggiate a un pendio naturale, oppure ricavate nella roccia; i teatri romani avevano le proprie fondamenta, quindi anche la cavea era in muratura, con gallerie e aperture: delle opere architettoniche complesse.
Due vedute del teatro greco romano come si presenta oggi. La parte bassa, con i sedili in pietra bianca, è quella greca; su di essa si è sovrapposta la parte romana
Il recupero del monumento è stato molto curato, comprendente anche gli ambienti circostanti, un museo archeologico e una casa ottocentesca sul bordo dell’invaso (casa Liberti), mantenuta tal quale con suppellettili e arredi d’epoca
Il teatro greco romano con l’annesso romano, più piccolo a fianco, l’Odeon
In onore di Tano che ne aveva scritto sul sito (leggi qui) e dell’idea stessa di Faro chiediamo come raggiungere il faro dell’Ognina (o faro Biscari). All’Ufficio del Turismo ci sconsigliano dall’andarci a piedi perché è una zona degradata e insicura.
Il faro Biscari, a Catania. E’ chiamato così dal nome del punto in cui sorge, la sciara Biscari, sul lato ovest della rotonda della Plaia. Fu inaugurato il 28 luglio 1951; il precedente era stato costruito nel 1859 e demolito nel 1948. Era chiamato “Lanterna”, sorgeva poco distante e funzionava a olio combustibile. L’altezza del faro attuale, dalla base (4 metri di diametro) al vertice (2 metri di diametro), è di 32 metri
Poco attraente è anche la zona del porto. Ad un primo sguardo sembra che nell’assetto urbanistico della città, il mare sia stato lasciato in disparte; il lungomare non è privilegiato né meta di passeggiate.
Ad un approfondimento ulteriore scopriamo che la realtà è più complessa…
Lo scalo dell’antica Catania, famosissimo fin dall’antichità fu per tanti secoli, il Porto di Ulisse (o calcidico) che però, nel 1381, venne distrutto e sepolto pressoché completamente da un fiume di lava scaturito da una fessura eruttiva apertasi tra i comuni etnei di Mascalucia, Tremestieri e Gravina.
Una immane colata lavica cancellò anche il borgo e lasciò una piccola insenatura che forma oggi il golfo dell’Ognina (il nome deriva da lògnina o longone, un termine che indicava i porti provvisti di pietre forate per l’approdo delle navi). I longoni erano le bitte d’ormeggio delle banchine portuali, infatti troviamo Ognina a Siracusa, in Sardegna e all’Isola d’Elba.
Malgrado la distruzione, la zona comunque fu riaperta ai commerci marittimi e riprese importanza; per più di quattro secoli, fino al finire degli anni ’50, i maestri d’ascia di Ognina erano considerati i migliori della costa orientale etnea.
L’Etna. È l’escursione di maggior fascino che Catania offre.
Salendo in macchina per i tornanti che portano al monte, il paesaggio comincia a cambiare; si modifica la vegetazione e aumentano le zone scoperte dal verde, di una sabbia di colore nero, impressionante, mai visto.
Il mio interesse specifico è per la vegetazione. Il terreno vulcanico costituisce un unicum per le piante e l’Etna che quasi sorge dal mare ed ha una rispettabile altezza comprende, alle diverse altitudini, diverse fasce botaniche.
Si distinguono una fascia pedemontana, molto antropizzata, fertilissima e intensivamente coltivata fin dall’antichità, fino ai 1200 m circa; e le fasce ad altitudine maggiore, tra in 2000-2500 m., al deserto lavico, fino al ciglio del vulcano.
Il piano cosiddetto “montano-mediterraneo” (1500 – 1800 – 2000 m. s.l.m.) è quello che ci interessa più da vicino. Si estende fino al limite superiore dei boschi; in esso troviamo boschi di faggio (Fagus sylvatica) che sono molto frammentari e sostituiti, nelle zone più aride, da boschi di Pino laricio. In alcune zone, soprattutto sul versante orientale, troviamo boschi e boscaglie di betulla dell’Etna (Betula aetnensis), specie considerata da alcuni esclusiva dell’Etna.
Un’altra specie molto caratteristica del paesaggio etneo è la ginestra dell’Etna (Genista aethnensis) che è una delle più importanti colonizzatrici delle colate laviche.
Nella fascia botanica intermedia, a circa 1000 m., ginestre (Spartium junceum) e valeriana rossa (Centranthus ruber)
Valeriana rossa (Centranthus ruber)
Senecio e saponaria sicula vegetano sulla sabbia vulcanica
Ma la scoperta per me più interessante attinente a Ponza – per un approfondimento sulle ginestre, sul sito, leggi qui – ha riguardato la Genista aethnensis.
Sempre, a Ponza, abbiamo distinto la ginestra comune e a fioritura più tardiva, tra maggio e giugno (’a janésta – Spartium iunceum) dalla più caratteristica ginestra di Ponza – ’u uastaccett’ – che fiorisce già a febbraio, ha branche più fitte e sottili e fiori più piccoli. Per molto tempo abbiamo chiamato Genista ephedroides o aethnensis questa ginestra, meno comune e meno diffusa dell’altra al di fuori di Ponza (per esempio anche a Ischia è stata importata: leggi qui).
Fioriture Spartium junceum e genista thyrrena a confronto
Fino a quando, pochi anni fa, la nomenclatura botanica si è evoluta e il ‘nostro’ ’uastaccètt è stato più propriamente battezzato Genista thyrrena.
Qui sull’Etna abbiamo potuto vedere con gli occhi, toccare con mano, le differenze e concordare con la decisione dei tassonomisti: perché pur con evidenti similarità, il portamento della ginestra dell’Etna è arboreo, mentre la nostra è indubitabilmente a portamento e dimensioni arbustive
Il portamento della Genista aethnensis sull’Etna è arboreo: la seconda delle due foto soprastanti (con la pianta in piena fioritura), è di un periodo antecedente all’attuale
Etna, un cratere Silvestri: la sommità e la discesa. Sono due tranquilli crateri spenti da oltre un secolo a circa 2000 metri di quota, ben lontani dagli oltre 3300 metri della vetta.
Molto numerose le coccinelle, sulla lava nei dintorni dei crateri Silvestri; non ne conosco il motivo
[Altre isole. Assaggio di Sicilia (1) – Continua]