Qualche settimana fa, il carissimo amico dr. Biagio Vitiello mi inviò il documento allegato, chiedendomi di tradurre dal latino un brano che riguarda il nostro Santo Protettore.
Si tratta di una pagina della “Nuova Gazzetta di Frosinone” che risale ai primi anni del secolo scorso; il numero in questione dovrebbe essere stato pubblicato nella prima metà del mese di giugno 1906, dal momento che riporta anche un annuncio pubblicitario del Comune di Ceccano per i festeggiamenti del Patrono di quella città: San Giovanni Battista, nei giorni 23 e 24 giugno 1906, come si può facilmente notare.
Forse in quel periodo anche a Frosinone si pensava di scegliere come Patrono San Giovanni Battista, lo presumo da quanto ha scritto un tale Perotti, il quale dev’essere stato uno studioso della storia dei santi che riguardano quella città (ma non solo) e molto erudito, dal momento che inventa, scritta nel latino di Cicerone, quest’altra lettera “apocrifa”, che ricorda vagamente quella ordita da Teodora: in questo caso il caro San Silverio appare furibondo e vendicativo contro i suoi concittadini frusinati che a lui preferiscono San Giovanni Battista e alcuni di loro, i municipales stabiliscono, come luogo di nascita di S. Silverio, la città di Ceccano (l’Antica Falvaterra: Fabriateria Vetus) , che però, stando a quell’inserzione, aveva come Patrono San Giovanni Battista…
Il Perotti aggiunge, in italiano, un suo commento in calce alla lettera che lui stesso ha “confezionato” in latino e a cui ha apposto la firma dell’inconsapevole Papa Martire.
Insomma questa “epistola” dai toni gustosi, mi ricorda – per certi versi – la poesia “San Silverio” scritta in romanesco da Gigi Proietti (leggi qui), però mentre nel componimento appena citato il nostro Patrono si rabbonisce e “smorza li venti”, in questo caso… ma scopritelo voi stessi… ecco il testo in italiano:
Silverio Papa ai Frusinati
Concittadini carissimi,
Municipalisti dell’inferno,
Da quell’ottimo e carissimo Perotti capii quanto vi riguardino quelle cose che sono per me causa di dolore e rabbia, per cui ritengo che a voi non debbano essere celate.
Già da tempo, con animo lieto, accolsi i decreti solenni della Città di Frosinone e dal Cielo ottenni per voi le grazie: i frutti, le ottime vendemmie e l’olio arricchirono i vostri banchetti.
In quei tempi l’agricoltura e Camillone (?) dell’antica Falvaterra non avevano bisogno di alcuna cattedra ambulante o dello strumento vulcanico (volgarmente: cannone).
Il vostro Silverio allontanava dai campi coltivati la grandine funesta e fecondava il grembo della terra.
Il vostro Silverio proteggeva i lavori degli agricoltori operosi.
Frosinone felice (sarebbe) se questi figli di Mammona, maledetti municipalisti, non si fossero allontanati dagli antichi semiti!
Infatti, quale grande vincolo di patria e di cittadinanza mi accomuna a costoro?
Che cosa svela a costoro la pagina della storia con cui il concittadino Pontefice dell’intera Cristianità, con animo invitto contro la tirannide imperiale, tramandava ai posteri il nome della Patria Guerriera?
Non capiscono questo documento, non avvertono un onore di questa portata e le insegne del martirio, infangano con la congiura la verità e la storia.
Questa non è romanità, come disse Tertulliano, ma pericoloso segno di barbarie!
E questi concittadini sono definiti seguaci di cose nuove, per cui non glorificano l’onore del Pontefice come sarebbe loro dovere.
Pusillanimi! Per voi la morte eroica per la giustizia non assurge ad esempio, ammutolisce lo scoglio di Ponza in cui la pena del martirio viene invocata in eterno dai tiranni, ancor prima che a quei sicari io offrii con coraggio il petto.
A questo punto non c’è alcun sentimento umano che si palesi molto onorevolmente, che superi lo spazio e il tempo e il nostro ricordo e che dia prestigio a tutti voi?
Concittadini!
Tra voi e l’antica Falvaterra esiste una vecchia contesa, da ambo le parti si disputa in quale città io sia nato.
Frosinone è la mia patria, ma questi immemori governatori della città talvolta mi onorano di essere di Falvaterra, perciò tolgo le tende dai Nuovi Volsci e mi dirigo verso l’Antica Falvaterra, lì starò molto bene e il destino vorrà che io sia insignito della cittadinanza.
Qualunque cosa i concittadini facciano e il tributo che essi pensano che si debba dare in onore del Patrono Giovanni Battista (non mi riguarda).
Frusinati, vi saluto.
Vi avverto: non mi dedicate alcuna statua nelle piazze e nelle vie e non osate mostrarvi ad osannare: evviva Silverio.
Che io mandi in cielo nubi nerastre e che la mia ira discenda sui vostri figli e le vostre ricchezze.
SILVERIO P.M.
Qui di seguito, in file .pdf si può leggere il commento del Perotti: Cronaca del Frusinate