Gent. Redazione,
vi invio un reperto del mio archivio su Ponza. Si tratta di un articolo di Ciro Paglia pubblicato sul Mattino di Napoli il 6 luglio 1985.
Cordiali saluti
E.F.
Da Pisacane all’ex-presidente della Repubblica la storia ha fatto spesso tappa nell’isola-prigione oggi meta del turismo di massa
di Ciro Paglia
«All’isola di Ponza si è fermata / è stata un poco e poi si è ritornata…»: forse fin quasi a vent’anni fa Ponza per molti era null’altro che questo ricordo nella poesia di Mercantini («La spigolatrice di Sapri») dedicata alla sfortunata impresa di Carlo Pisacane. E forse, per riscattare la «sua» isola Silverio Corvisieri, leader storico del Movimento, sessantottino «convertito» formalmente (ma con profondo distacco critico), deputato da tre legislature ha dato alle stampe un’opera («All’isola di Ponza» – Regno borbonico e Italia nella storia di un’isola – «Il Mare» editore, pagg. 410 – lire 35.000) che si legge d’un fiato perché è davvero I’indagine «sull’intreccio della lotta per la sopravvivenza di una piccola comunità con le continue ed esose pretese della grande storia».
Cioè non è la storia di un qualsiasi lembo del Paese ma finisce con l’essere la rivisitazione della storia di gran parte del nostro Paese. Partendo cosi dal Settecento quando «la pirateria barbaresca anche se non era fiorente come due secoli prima, era pur sempre in grado di creare un clima di generale insicurezza per la navigazione».
Silverio Corvisieri descrive con l’accuratezza ed il sostegno di una robusta indagine storiografica la «nuova frontiera» voluta da Bernardo Tanucci che – nel quadro di esperimenti sociali dettati da un paternalismo illuminato e da un riformismo spesso velleitario ma gravido di conseguenze anche positive – ripopola Ponza mandandovi famiglie ischitane alle quali vengono assegnati «lotti di terreno ponzese in colonia con l’esenzione triennale del pagamento della tenue tassa che più tardi avrebbero dovuto pagare in proporzione alla terra avuta».
Ed è così che Ponza diventa l’isola dei Mazzella, dei Conte, dei Tagliamonte, dei Migliaccio cioè di tanti cognomi dalle origini sicuramente ischitane. Ma il «sogno» è destinato a durar poco: nell’isola, è vero, sbarcheranno altri coloni (da Torre del Greco) così come la vita sarà sempre segnata da difficoltà, da contrasti e spesso da scandali e scandaletti con al centro donne e preti (…«don Lorenzo Buonamici viveva nell’Ospizio insieme ad una donna che aveva presentato come sua sorella ma che, in breve tempo, fu considerata come la sua amante…»). Ma il fatto di trovarsi proprio di fronte alla fortezza militare di Gaeta sarà nell’Ottocento – come lo era stato nei secoli precedenti – la sua causa prima di accese contese: tant’è che Ponza fu occupata due volte dagli inglesi, una volta dai francesi e fu la base della controguerriglia borbonica guidata dal principe Canosa.
La distanza dalla costa e le difficoltà di collegamento, oltre che un oggettivo ostacolo sul piano dell’economia, segnarono per altri versi, il destino di Ponza e Ventotene, isole-prigioni dall’epoca dei romani fin quasi ai giorni nostri.
E non a caso l’opera che con passione, ma anche e soprattutto con rigore storico, Silverio Corvisieri ha dedicato a Ponza si chiude significativamente con un colloquio nel quale Sandro Pertini ricorda gli anni che dovette trascorrere a Ponza come confinato politico, in quell’ isola, cioè, nella quale il fascino lo aveva relegato e nella quale per pochi giorni Mussolini conobbe il significato di quel «confino» che i suoi Tribunali Speciali avevano inflitto.
Il fascino di Ponza resta nel ricordo della militanza per la libertà ma pervade quel turismo di massa che faticosamente ha conquistato l’isola, determinando profondi mutamenti nel costume delle genti.
«Quando apparvero – scrive Corvisieri – le prime turiste in bikini nelle strade del paese, si poteva ancora assistere alle pubbliche sfuriate del parroco, grande e grosso, contro quelle ‘svergognate’. Le malcapitate venivano fermate anche in strada e apostrofate con violenza. Le prime ragazze francesi del Club Azur, quasi tutte segretarie d’azienda o commesse nei grandi magazzini, furono indicate come ‘puttane’ dalle quali tenersi lontani per non contrarre malattie veneree».
E non c’ è da meravigliarsi: anche con questo dettaglio Corvisieri dimostra come Ponza sia stata un microcosmo nel quale leggere vizi, difetti, pregi di una collettività più ampia, di gran parte cioè del nostro Paese. Un Paese – e molti l’hanno dimenticato – nel quale un giorno non lontano una ventata clericale portò a coprire con una foglia di fico le nudità delle statue di Roma.
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Dall’opera di Silverio Corvisieri All’Isola di Ponza (Il Mare editore. pagg. 410; lire 35.000) abbiamo tratto la testimonianza di Sandro Pertini sul suo soggiorno nell’isola.
I rapporti tra gli abitanti e i «detenuti» raccontati in un libro di Silverio Corvisieri
Jacometti ha scritto che anche al confino eri molto elegante. Ci tenevi molto?
«Sì, sempre. AI confino poi si trattava di far vedere che non ci si lasciava andare neanche nell’aspetto esteriore. Alcuni, molto fermi sul piano politico, vestivano come non avrebbero mai fatto in città. Spinelli per esempio, andava in giro con certi stivaloni…».
Presidente, arrivasti a Ponza nel settembre 1934, quasi mezzo secolo fa, dopo aver trascorso nove anni in carcere. Che ne provasti?
«L’arrivo a Ponza lo ricordo benissimo. Restai ammirato dalla sua bellezza. Quella splendida passeggiata (si riferisce al corso Pisacane. n.d.r.). Quel gioiello di S. Maria. Il sole, il mare, la luce dopo tant’anni di sbarre alla finestra. Riuscii ad ottenere di dormire In una casa privata; ricordo che aveva un balcone pieno di fiori dal quale si poteva vedere il mare. I ponzesi poi dimostravano di avere simpatia per i confinati, era la simpatia del popolo per la gente che ingiustamente soffre. O dimostrarono spesso la loro solidarietà e non soltanto a parole: ci offrivano pesci, frutta… Ricordo in particolare un avvocato… Sì, Sandolo e un farmacista di cui ora mi sfugge il nome…».
Come trascorrevi le giornate dl confinato?
«Facevo lunghe passeggiate nelle strade in cui ci era consentito il transito. Ero sempre scortato dalle guardie come elemento ‘pericoloso’. Consumavo i pasti nella mensa dei confinati di ‘Giustizia e Libertà’: qualche volta mangiavo anche con gli anarchici, soprattutto quando riuscivano ad acquistare per pochi soldi qualche aragosta moribonda che i pescivendoli si affrettavano a togliere dalle grandi nasse-vivaio immerse nelle pulitissime acque del porto. In un secondo tempo mangiai alla mensa dei comunisti che, come al solito, erano quelli organizzati meglio: da loro, com’era giusto, bisognava fare a turno i camerieri e gli sguatteri. Molte ore le passavo nella mia camera a leggere e a studiare».
Altiero Spinelli in un suo libro di memorie ha scritto le donne ponzesi erano pecore gentili e sottomesse, pronte a sottostare a qualsiasi mano d’uomo che si fosse posata sopra di esse…
«Contesto! Contesto! Le ragazze che si sono innamorate dei confinati erano ragazze coraggiose, andavano incontro a guai seri, rischiavano di essere confinate a loro volta. E lo sapevano. Avevano noie in famiglia. Per uno che usciva di prigione e che il regime voleva ghettizzare, demoralizzare anche al confino, avere una storia d’amore voleva dire tutto, voleva dire tornare alla sorgente della vita. Ho sempre considerato queste storie come cose belle, pulite…».
Presidente, non so se posso permettermi… Nell’isola si dice che anche tu hai avuto una storia d’amore con una ragazza ponzese. E vero?
«Sì, è vero. Anch’io ho avuto questa fortuna Veniva a trovarmi clandestinamente. Adesso vive in America, si è sposata e ha due figli. Qualche anno fa, quando ero presidente della Camera è venuta a trovarmi; abbiamo parlato degli anni di Ponza. Conservo di lei un ricordo dolcissimo…».
Tu avevi sempre alle costole, o fuori della porta di casa, due guardie. Come facevi a incontrare la tua ragazza? Scusa l’indiscrezione ma questo capitolo dei rapporti «personali» tra confinati e ponzesi è importante per capire l’atteggiamento umano e politico degli isolani di allora.
«Beh, dovevo fare delle ‘manovre’… Ma non ti dirò quali perché dovrei coinvolgere altre persone e non so se posso… ».
Che cosa ricordi della vita degli isolani?
«Tante cose. Mi colpiva molto la partenza degli aragostai. Avveniva di primavera. I ponzesi e i confinati si ammassavano per salutare i pescatori. C’era un’aria di festa. I bastimenti erano stracarichi di uomini. Quando il vento entrava nelle vele, il distacco avveniva tra grida e sventolio dei fazzoletti. Eravamo tutti commossi. I pescatori andavano in Sardegna, Tunisia, Grecia e sarebbero tornati dopo molti mesi. Ricordo anche tre giapponesi che praticavano la pesca subacquea, allora sconosciuta in Europa. Erano bravissimi, di loro la gente diceva che erano scappati dal Giappone perché ricercati dalla polizia per un grave delitto. Un giorno, di punto in bianco, sparirono dalla circolazione confermando i sospetti.
Dalla gente, dai ponzesi, venivamo a sapere tutto. Anche quello che ras Immerù, confinato a S. Maria e da noi non avvicinabile direttamente, diceva al commissario di polizia Salvatore che cercava di convincerlo a firmare la domanda di grazia a Mussolini. L’etiope, che aveva studiato nella scuola militare francese di Saint Cyr, alle reiterate sollecitazioni rispondeva immancabilmente e con molta fierezza: ‘Voi italiani nell’Ottocento avete avuto i martiri del Risorgimento; oggi ricordate e onorate i loro nomi. Fareste la stessa cosa se essi si fossero sottomessi agli austriaci?’. Salvatore ogni volta doveva andarsene con la coda tra le gambe.
Questo Salvatore una volta mi denunciò per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale soltanto perché avevo rifiutato di farmi umiliare da un ispettore di polizia. Dopo la guerra al termine di un comizio a Napoli lo incontrai: si era iscritto al mio partito…».
(Il capitolo si chiude con il racconto della partenza di Pertini da Ponza).
Note
– Su Pertini (direttamente o indirettamente citato) il sito ha pubblicato numerosi articoli. Digitare – Pertini – nel riquadro CERCA NEL SITO per visualizzare oltre 70 articoli sul tema
– Nello specifico, la vicenda dell’amore di Pertini è stata già raccontata sul sito: “Il confino di Sandro Pertini a Ponza nel ricordo di Luisa Mazzella”
– Per una completa rassegna: “Le donne Ponzesi del ventennio”, di Gennaro Di Fazio, inclusa la testimonianza della diretta interessata.