Levante, ponente, maestrale, libeccio, scirocco… Eolo si diverte a sbrigliare queste sue “creature” quasi sempre in coppia: “scirocco e levante … ponente e libeccio …” tanto per complicare la vita a noi isolani che d’inverno, quasi ogni giorno, con loro dobbiamo misurarci. Tant’è.
Ma del mare aveva dimestichezza anche il poeta nuovaiorchese Clinton Scollard (1860 – 1932), tanto è vero che ci ha lasciato la seguente simpatica poesia:
The Winter Sea
Landward the breakers roll and run,
The gray-white ospreys near and flee,
Beneath the long slant winter sun
Beside the winter sea.
With chilly gleam the shingle shines;
The sand with icy umber glows;
Back from the beach the stunted pines
Stand somber in the snows.
The horizon shows a steely glint,–
A line of pickets white patrolled;
The empty zenith holds the hint
Of cruelty and cold.
The north-wind clarions; ‘tis a dirge,
A requiem, a threnody,
Keyed to the sad sound of the surge
Beside the winter sea.
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Nel tradurre ho usato l’endecasillabo “dannunziano” di “I Seminatori”, formato da un quadrisillabo e da un settenario:
“Van per il campo i validi garzoni / guidando i buoi da la pacata faccia/… per i primi tre versi, cercando così di “riprodurre” il suono delle onde del mare che, schiumando, si avvicinano alla riva dove si infrangono con un ritmo più celere: il settenario finale di ciascuna strofa come del resto accade nel testo originale con il senario (forse non a caso i due poeti erano contemporanei!).
E’ la sensazione che provo quando ammiro il mare di “ponente” a Chiaia di Luna, specie in inverno; nel nostro scenario isolano l’unico elemento che manca, perché rarissimo, è la neve.
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Mare d’inverno
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Rullan veloci i barilotti a terra,
voli fugaci delle berte grigie,
domina il sole quel vibrare d’ali
al mar d’inverno accanto.
Brilla la ghiaia in un barlume freddo;
ombra glacial la sabbia pur risplende;
dietro la spiaggia ritti pini scarni
son tristi tra la neve.
Lama d’acciaio luccica lontano,
bianchi paletti veglian l’orizzonte;
il vuoto zenit un accenno reca
di crudeltà e di freddo.
Borea intona una triste nenia
un mesto requiem, una trenodia;
modula il canto al fragor dell’onda
al mar d’inverno accanto.
Nota
Il 3° verso della prima strofa = al di sotto della lunga inclinazione del sole invernale” è stato adattato con “domina il sole quel vibrare d’ali” che richiama il verso precedente. E così è accaduto per qualche altra espressione che specie gli esperti “madre-lingua” non mancheranno di notare.
Del resto la poesia è qualcosa di ben diverso da un atto notarile o da un certificato di stato civile, dove è indispensabile la traduzione fedele e giurata di ciascun vocabolo. Con la poesia esprimiamo sensazioni e sentimenti; sovente, per “trasportarli intatti” da una lingua all’altra, dobbiamo adattarvi locuzioni e vocaboli a volte diversi, occorre però cercare un punto d’incontro fra la traduzione e l’interpretazione, il che non sempre è facile.
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Di Silverio Lamonica, in condivisione con www.buongiornolatina.it