Attualità

Non si chiude la porta in faccia a Platone

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio
Nubi sul Partenone

 

Dopo il referendum di domenica scorsa, dove inaspettatamente i “NO” hanno trionfato sui “SI”, la situazione della Grecia si è maledettamente complicata e la tragedia greca sta rischiando di diventare paradossalmente la tragedia dell’Europa.
Tsipras, forte del consenso del 61% dei votanti che hanno detto “NO” all’ulteriore austerità imposta dagli organismi europei e dal FMI, sta andando diritto per la sua strada nel tentativo di ottenere il massimo per il suo popolo e, soprattutto, di spostare la trattativa dal tavolo dei “numeri” a quello politico.
Incoscienza o coraggio di questo giovane leader? Ancora non lo sappiamo.
Senza dubbio c’è una grossa novità in questa intrigata situazione: è la prima volta che i “tecnocrati” che guidano la complessa macchina della moneta europea si trovano di fronte la volontà espressa da un popolo che dice NO ad ulteriori sacrifici, visto che quelli finora patiti non hanno portato a nulla. E questo, anche se espresso da un piccolo popolo periferico, è un monito rivolto a tutta l’Europa: è arrivato il momento di rivedere le politiche di austerità.
E Tsipras questo concetto all’ Europarlamento di Strasburgo, ieri, l’ha chiaramente ribadito.
La situazione greca non dipende dagli ultimi cinque mesi di governo, ma dagli ultimi 5 anni durante i quali gli aiuti non sono stati efficaci. Da nessuna parte l’ austerity è stata così dura e lunga. La mia patria è stata trasformata in un laboratorio di austerità. L’esperimento è fallito. I soldi degli aiuti non sono mai arrivati ai cittadini ma solo alle banche”.
Tsipras parla all'europarlamento

Ha scritto ieri Ian Bremmer sul Corriere della Sera: “Nel corso degli ultimi cinque anni la Grecia ha tagliato la spesa e ha incamerato imposte equivalenti al 30% del PIL. Nessun altro governo della zona euro è mai riuscito a fare altrettanto. La riforma ha tagliato sussidi e pensioni. E per ogni euro di finanziamenti, il governo greco riceve meno del 20%: il resto va a banchieri e obbligazionisti.”
Le condizioni reali di questo paese sono diverse da quelle di tutti gli altri.

La disoccupazione giovanile è arrivata al 50% e secondo l’OCSE un greco su cinque non è in grado di pagarsi un pasto; i minori che vivono in uno stato di povertà sono arrivati al 40,5%.
I suicidi negli ultimi cinque anni sono aumentati del 35%, i casi di depressione del 270%, e quelli di situazioni di indigenza del 500%.

Ha fatto il giro del pianeta la foto, di questi giorni, di quel pensionato che piange accasciato ai piedi di un bancomat che ha esaurito le banconote da distribuire.
il pensionato greco che piange ai piedi di un bancomat vuoto

pensionato greco e fila agli sportelli bancomat

Non è che la Grecia non abbia responsabilità. Ha tuttora un alto tasso di corruzione ed una enorme evasione.

Come ha ricordato Tsipras nel suo intervento all’ Europarlamento il 56% della ricchezza è nella mani del 10% della popolazione.
Tra gli uomini più ricchi del mondo, come riportato da un’indagine di Enrico Marro de Il Sole 24Ore, ci sono tre armatori greci che valgono insieme 32 miliardi di euro e che su 140 miliardi di utili (praticamente la metà del debito greco) guadagnati all’estero, tra il 2000 ed il 2010, non hanno pagato un euro di tassa grazie ad una legge introdotta con il colpo di stato dei colonnelli del 1967 che consente ai proprietari di navi di non versare un centesimo di tasse sui profitti generati all’estero.
Tsipras ci ha provato a tassarli con una patrimoniale ma gli armatori rispondono con il ricatto di andarsene all’estero; il che significa perdita di lavoro per 270.000 greci.
Se esistesse una politica economica ed una politica  fiscale unica europea con regole e norme stringenti forse qualche risultato in più si otterrebbe.

Crisi greca. Vignetta

In un altro passaggio dell’ intervento di ieri Tsipras ha detto “Io chiederò un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi. Chiedo solidarietà come fu fatto per la Germania nel 1953 dopo la guerra
Tsipras è un visionario; chiede solidarietà in cambio di austerità quasi incurante del tempo delle scadenze (il 20 luglio dovrà rimborsare 1,6 miliardi al FMI e 3,5 miliardi alla BCE ) che vorrebbe spostare in avanti. Ma quelle scadenze sono improrogabili perchè fanno parte delle regole della moneta e dei parametri a cui, per debolezza politica e culturale, l’Europa ha delegato tutto.

Le trattative sono complicate in quanto l’Europa vede messo in gioco il carattere vincolante delle sue regole; il corto circuito che ha provocato il referendum ha minato la credibilità del progetto europeo ed ancora una volta stanno venendo fuori i limiti dell’Eurogruppo, della Commissione Europea, dell’Europarlamento come organi decisionali e la sudditanza degli stessi all’asse franco-tedesco come ha dimostrato l’incontro, all’indomani del referendum,  tra la Merkel ed Hollande che ha preceduto la riunione di vertice del giorno dopo.

A Bruxelles in questi giorni non si discute solo del destino della Grecia ma anche di quello dell’Europa intera.
L’economista Jean Paul Fitoussi, intervistato ieri da Eugenio Occorsio ha detto:
L’Economia non è solo matematica. Non è solo conti, percentuali, quote di PIL o di debito. E’ una visione di insieme e anche un esercizio di democrazia. Ora, è vero, come ci siamo sentiti ripeter fino alla noia in questi giorni che vanno considerate anche le democrazie degli altri, però in Grecia per la prima volta è stato interpellato direttamente il popolo. E questo ha detto che si deve cambiare rotta in Europa… l’Europa non può incartarsi in una diatriba infinita senza più pensare al suo sviluppo, alla sua crescita, alla sua integrazione. Perché se lo fa intanto crescono i movimenti xenofobi, antieuropei, fascisti, populisti, in Italia, in Francia, ovunque come sta accadendo. E questi la faranno crollare, non la Grecia”

L’uscita della Grecia non è regolamentata dai Trattati; non si conoscono le procedure né si sa cosa può accadere. Quante volte Draghi, in questi ultimi tempi ha detto che “l’uscita di un paese dall’euro significa finire in acque inesplorate”.

L’esclusione della Grecia, per la sua posizione strategica, avrebbe degli impatti anche geopolitici.  Sono noti a tutti gli interessi manifestati in queste settimane dalla Cina e dalla Russia e non dimentichiamo che la Grecia ha di fronte a sé la Turchia.
Non a caso Obama continua a fare pressing sui leaders europei affinchè la Grecia resti nell’euro.
Non può essere indebolito quel processo di unificazione che nato dall’idea dei padri fondatori ha trasformato un continente di guerra in un continente di pace promuovendo, da oltre sessant’anni, democrazia, pace e diritti umani.
Possibile, allora, che non si trovi una soluzione? Possibile che si debba accompagnare alla porta d’Europa, facendolo fallire un paese per un debito che pesa meno del 3% del debito complessivo europeo? Senza conoscere le conseguenze che ne derivano.

Quando nel 1979 la Grecia, paese simbolo da cui derivano il nostro modo di pensare e la nostra cultura, chiese di entrare a far parte del Comunità Economica Europea (CEE) – il 28 maggio di quell’anno venne firmato il trattato di adesione – l’allora presidente francese Valery Giscard d’Estaing ebbe a dire: “Non si chiude la porta in faccia a Platone”.

Speriamo che non lo faccia oggi Angela Merkel.

Plato

Fulmini sul Partenone

5 Comments

5 Comments

  1. Sandro Russo

    9 Luglio 2015 at 16:42

    Riporto il commento di Michele Serra – da Repubblica di ieri 8 luglio 2015 – che di solito scrive bene quello che io penso confusamente… Questa volta del fastidio che ho provato nel vedere i vari movimenti populisti di destra cavalcare la causa di Tsipras.

    L’amaca
    di Michele Serra
    Tra quelli che gongolano per la vittoria politica di Tsipras (che, lo ricordiamo en passant, è una vittoria della sinistra greca) e per il salutare, inevitabile scossone inferto all’Europa ragioniera, ci sono anche dei molto discutibili soggetti. Campioni di xenofobia come la Le Pen e Salvini, isolazionisti reazionari come Farage, arruffapopoli di buone intenzioni ma di non comprovata lucidità come i nostri pentastellati. Basterebbe questa sola circostanza per far capire agli europeisti irrequieti, come dice di essere (a giorni alterni) il nostro primo ministro, che devono darsi una mossa, e molto velocemente, se non vogliono che lo scontro politico finisca per essere quello tra gli euromercatisti ottusi e gli antieuropeisti nazionalisti, o peggio fascisti. Se davvero esiste un europeismo “protestante”, scontento del dogmatismo della Chiesa merkeliana, è bene che affigga subito le sue tesi – anche meno di 95 – su qualche portone importante, e ben visibile.
    È bene che batta il pugno sul tavolo e dica che la comunità degli europei non può essere retta con tanta inamidata grettezza, e che l’Europa deve cambiare registro prima di diventare anche agli occhi di un’opinione pubblica moderata un protettorato tedesco, al meglio franco-tedesco, incapace non dico di governare, ma anche solo di capire le differenze di calibro economico, di bisogni primari, di cultura politica dei vari stati membri. Una comunità dev’essere una comunità. Non un convitto di rieducazione.

  2. vincenzo

    9 Luglio 2015 at 21:17

    Ma io non capisco amici da che parte state: dalla parte di TSIPRAS o dalla parte della MERKEL; dalla parte dei popoli o dei tecnocrati; dalla parte del liberismo o dalla parte del socialismo; dalla parte degli Stati Uniti d’Europa o dalla parte del collaborazionismo economico tra stati nazione.

    Tsipras è una voce isolata ma forte e orgogliosa dove sono gli altri partiti socialisti di Europa, dove è stato nascosto, il progetto europeista tracciato da Altiero Spinelli?

    Ci scandalizziamo se sono i populisti, di destra che appoggiano la orgogliosa lotta di un piccolo popolo per la sua sopravvivenza quotidiana ma non ci poniamo il problema che la Sinistra Europea non ha un’alternativa a questa soffocante azione basata essenzialmente su prestiti alle banche che creano debiti e povertà.

    Dobbiamo sentire il nostro Renzi dire che lui ha saputo fare i compiti a casa: ma quei compiti li stanno pagando i lavoratori e i disoccupati d’Italia e fino a quando dovremo ripetere le lezioni impartite dai liberisti che sono dominanti in Europa e nel mondo?
    Per fortuna che a volte ci viene in soccorso Obama, per fortuna che ci sono i Tsipras e i populisti perché se dovessimo aspettare i Renzi d’Europa: i compiti a casa – per mantenerli al potere in queste nazioni nonsenso – li dovremmo fare a vita.

  3. Silverio Tomeo

    10 Luglio 2015 at 08:24

    Le “larghe intese” in Europa tra la “famiglia socialista” (socialisti latini, laburisti inglesi, socialdemocratici nordeuropei) e la famiglia dei “popolari” e “liberali” (insomma centro e centrodestra) sta soffocando la dialettica democratica e la appiattisce così sull’euro-burocrazia finanziaria, perseguendo dissennatamente politiche di austerità recessive e una gestione colpevolizzante dei debiti sovrani. Renzi fa la sua bella parte nell’adesione sostanziale alla dogmatica quasi teologica del neoliberismo, ma difficilmente ci salverà dal piano inclinato su cui scivola il Paese. Il populismo invece è un fenomeno reattivo, anti-politico, qualunquistico, demagogico, spesso xenofobo e razzista. Non è quindi la GUE (la Sinistra Europea di Tsipras, Syriza, Podemos, Verdi europei ed altri). Vedi: http://www.sinistraineuropa.it/.
    L’invenzione degli “opposti populismi” fa parte solo della retorica di quei media che devono giustificare sempre e comunque i “vincoli europei” di bilancio, ma non della realtà dei movimenti e dei popoli. Certo: che fine ha fatto il sogno del Manifesto di Ventotene? Le porte girevoli tra Alta Finanza e ceto politico (spesso bipartisan) stanno creando una cappa soffocante. Se in Grecia dalla crisi emergono Tsipras e Syriza piuttosto che i neonazisti di Alba Dorata dobbiamo solo ringraziare la cultura democratica e antifascista di quel popolo socialmente massacrato da cinque anni almeno.

  4. vincenzo

    10 Luglio 2015 at 08:56

    Bisogna con forza rilanciare il grande progetto degli STATI UNITI DI EUROPA ma quali forze politiche in Italia e in Europa stanno portando avanti questo disegno?

    Un grande progetto di superamento degli stati nazionali in una Europa che si ponga obiettivi ambiziosi di pace, di vera democrazia per i suoi popoli, di inclusione e sostegno alle popolazioni africane da sempre sfruttate, di politiche, di punto di riferimento economico eco-sostenibile per salvaguardare il pianeta per cui la vita dei suoi abitanti.

    Quali sono i nuovi Spinelli in quest’Italia, in questa Europa?
    Il Papa sta facendo da battistrada ma dietro di lui non c’è nessuno. Il Papa non può fare altro che stimolare, indicare, parlare… ma cercasi fortemente leader capace di costruire laicamente la nuova realtà politica che ha bisogno di alleanze in Europa e nel mondo.

  5. Sandro Russo

    10 Luglio 2015 at 10:20

    In tutta questa agitazione dell’Europa per la Grecia, pochissimi giornali fanno menzione di una seconda urgenza dell’Europa – del tutto negletta – cioè partecipare con pensieri, parole e opere al travaglio della Tunisia, sotto attacco da parte dell’IS.
    Non per essere altruisti – irreale, con i tempi che corrono – ma per non trovarsi a breve il nemico in casa sulle sponde del Mediterraneo (…che già in Libia non siamo messi bene!)

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