I nostri avi latini usavano dire: “nomen, omen”: dal nome e con il nome, il destino di una persona.
A Ponza non era così.
Una trentina d’anni fa circa, mettendo a posto alcuni libri e quaderni di casa, fui incuriosito dalla presenza di “qualcosa” che si trovava nascosta tra le pagine vecchie e un po’ ammuffite di un libro.
Con curiosità aprii il libro alla pagina sospetta e con un po’ di raccapriccio e di imbarazzo, mostrai a mia madre quella “cosa” usata a mo’ di segnalibro.
Mamma (la maestra Olga) sorrise e disse: “E’ il residuo del tuo cordone ombelicale; quando si è staccato dal tuo ombelico, con nonna Fortunata e zia Concettina lo abbiamo prima fatto passare sotto la tavola della cucina imbandita per il pranzo e subito dopo lo abbiamo conservato in questo libro, affinché tu fossi di buon appetito e potessi avere il cervello giusto per applicarti allo studio”.
Il destino in una “pellecchia”! Altro che “nomen, omen”.
antonio scotti
8 Giugno 2015 at 12:25
RITO PROPIZIATORIO ANDATO A BUON FINE VISTI I RISULTATI (NON E’ UNA SVIOLINATA) COMUNQUE “AD MAIORA” – VALE ATQUE VALE