di Ernesto Prudente
C I S T E R N E
In un’isola come Ponza, dove scarseggiano le risorse idriche, quasi tutte le vecchie case hanno una propria cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Prima di costruire la casa si scavava il pozzo, quasi sempre sottostante la stessa casa così da avere all’interno la “bocca” per attingere. Quasi sempre, dove era possibile, si creava una “bocca” anche all’esterno per l’uso periferico, sempre domestico, dell’acqua.
La capacità del serbatoio era inerente ai fabbisogni della famiglia. Un sistema di approvviggionamento copiato dai romani.
A Ponza vi è in gran numero di cisterne romane che risalgono al periodo a cavallo tra repubblica e impero. Sono quasi tutte nella parte meridionale dell’isola perché legate alla densità demografica. Sono somiglianti tra loro: scavate nella roccia tufacea con pilastri di sostegno della volta. Le pareti e il piano di calpestìo sono foderate da uno o più strati di cocciopesto.
L’altezza interna è rilevante per permettere, con l’aiuto di prese d’aria, la circolazione dell’aria onde evitare la putrefazione dell’acqua.
Il loro stato di conservazione, tenendo conto dell’usura, del tempo e della negligenza e trascuratezza della gente, è accettabile.
Su quasi tutte sono stati accampati diritti di proprietà.
In alcune, per colmo di gioia, sono state erette delle costruzioni abusive.
Pue essendo sottoposte, per legge, come tutti i reperti archeologici, a vincoli particolari, sono completamente ignorate e trascurate da chi ha la competenza e il dovere a intervenire per tutelarle.
La loro dislocazione a ragnatela ci porta a considerare l’enorme sviluppo dei nuclei abitativi nelle varie zone.
Le cisterne romane sono sparpagliate nella fascia che va dalla Collina della Madonna a Santa Maria.
L’utilizzazione di questo vasto patrimonio storico, archeologico, artistico e culturale sarebbe interessantissimo dal punto di vista turistico.
Chi sa quante altre sono state adibite ad uso diverso. Ci sono tante grotte e tante cantine che presentano pareti ricoperte da opus reticulatum e da cocciopesto.
Nel trattare il porto romano ho chiamato in causa la “Grotte del serpente”, una grossa cisterna che i romani costruirono scavando nel ventre di una collina di Santa Maria per la raccolta dell’acqua piovana. La parte esterna è una costruzione in muratura ricopera da opus reticulatum. Essa ha una lunghezza di circa 50 metri ed una larghezza di circa 35.
Il nome di Grotta del Serpente le venne dato da un vecchio contadino perché ogni qualvolta passava lì davanti vedeva un serpente che si riscaldava al sole. La cisterna è esposta a mezzogiorno.
La parte interna, tutta rivestita in cocciopesto, con undici piloni che sostengono la volta, è formata da un intrigo di corridoi.
La sua capacità è di circa 3.000 mc., insufficienti per le necessità e i bisogni della zona dove vi era, oltre al porto e abitazioni private, anche la villa di Ottaviano.
Il suo stato di conservazione è soddisfacente. Il suolo è ricoperto da un ingombro di materiale terroso.
La cisterna della Dragonara posta nel sito così chiamato.
E’ forse la più grossa cisterna scavata dai romani. E’ una cisterna a sei navate con una capacità di circa 6.000 m.c. Essa veniva alimentata dalle acque che, incanalate molto a monte, scendevano dalla facciata esposta a nord-est di monte Guardia.
Si può accedere attraverso una scala in muratura che raggiunge il pavimento della cisterna. E’ rivestita, come tutte le altre, con un impasto di cocciopesto.
Ha un sistema di troppo pieno che quando veniva raggiunto le acque, attraverso una condotta, scendevano per riversarsi in un’altra cisterna che sta alle spalle di casa Colonna.
Il suo stato di conservazione è buono.
Cisterna della Madonna, situata sulla collina medesima serviva esclusivamente ad alimentare la villa di Ottaviano che occupava una superficie di 40.000 mq. che andavano dall’area cimiteriale alla Torre dei Borboni, in quello stupendo e maestoso anfiteatro. Ha una capacità di circa “2.000 m.c. La volta è sorretta da dodici piloni che formano cinque navate.
Cisterna del Bagno, sita sulla Parata, fu realizzata nel 1770 da Giovanni D’Alessio; la sua pianta (vedi foto sotto) è conservata negli archivi dela Società napoletana di storia patria. Questa cisterna, fra le più capienti, ha capacità di 4000 metri cubi e l’ing. Winspeare la utilizzò per fare alloggiare i 300 forzati mandai da Napoli per porare a termine i lavori al porto. Durante il periodo dell’ultima guerra fu usata come rifugio antiaereo.
Cisterna dell’ospedale, trovasi sottostante il palazzo chiamato “l’infermeria”, ristrutturato recentemente dalla Guardia di Finanza. Ha una capacità di circa 1.000 m.c.
Venne collegata con la cisterna dei “cameroni”, che ha una capienza di circa 4.000 mc., per l’uso pubblico. Ambedue venivano rifornite dalla navi cisterne. Si sussurra che quella dell’infermeria sia stata riempita di calcinacci.
Cisterna del Bagno vecchio ubicata lateralmente alla chiesa.
Cisterna dietro via del Comandante con una capacità di circa 1.000 m.c.
La cisterna del Canneto, sita nella zona di Chiaia di Luna in un’area racchiusa tra le due strade pubbliche che si diramano da via Chiaia di Luna per raggiungere la Dragonara. Ha una capacità di circa 1.000 mc.
Cisterna di Anna la Quagliara, con un volume di circa 1.500 mc., situata nella zona della Salita Croce.
Cisterna Migliaccio sempre in Salita Croce, anch’essa sita nella medesima zona della Quagliara con una capienza di 1.000 mc.
Cisterna della Cantine di Santa Maria, nella omonima località, a cinque navate con volta a crociera sorretta da piloni.
La cisterna del “Casino” situata in detta località, proprietà Conte, zona degli Scotti di basso.
A quelle elencate, secondo alcuni studiosi, ci sono da aggiungere quella al Forno, chiamata anticamente la Lopa, la Grotta del Grano e la Vaccaria.
Ernesto Prudente
Biografia di un paese (5) continua