di Silverio Lamonica
Un contributo in poesia alla celebrazione dell’8 marzo
Alla donna
William Shakespeare oltre alle tragedie, stupendi capolavori, ha scritto anche una raccolta di sonetti, bellissimi, che riguardano l’amore e la donna.
Ne propongo uno:
When forty winters shall beseige thy brow,
And dig deep trenches in thy beauty’s field,
Thy youth’s proud livery, so gazed on now,
Will be a tatter’d weed, of small worth held:
Then being ask’d where all thy beauty lies,
Where all the treasure of thy lusty days,
To say, within thine own deep – sunken eyes,
Were an all – eating shame and thriftless praise.
How much more praise deserved thy beauty’s use,
If thou couldst answer ‘This fair child of mine
Shall sum my count and make my old excuse’
Proving his beauty by succession thine!
This were to be new made when thou art old,
And see thy blood warm when thou feel’st it cold.
In pratica il grande poeta dà un consiglio alla giovane :
Sei bella perché nel fiore degli anni, ma tra quaranta inverni cosa accadrà? Non dire poi che l’antica bellezza è nascosta nel fondo delle tue orbite incavate. Dì piuttosto che adesso il conto è pari e quella bellezza l’hai comunque ereditata, perché è una parte di te e il sangue nelle vene, ormai freddo, lo sentirai di nuovo caldo.
Non è possibile tradurre alla lettera il sonetto in italiano in versi endecasillabi.
La versione letterale può avvenire solo in prosa perché le ultime parole dei versi (brow = fronte), (field = campo), (now = adesso), (held = ritenuto) e così via che in inglese sono in rima alternata tra loro, non lo sono nella versione italiana; ma anche il numero di sillabe delle parole varia, infatti prendendo ad esempio il primo verso, nella nostra lingua abbiamo: “Allorché quaranta inverni avranno assalito la tua fronte” (molte più sillabe a fronte dell’endecasillabo italiano che ne contiene undici).
E’ evidente che l’esiguo numero di sillabe che formano, in genere, i vocaboli della lingua inglese, consentono che il verso sia composto da un numero di parole più cospicuo rispetto al nostro endecasillabo, per cui il contenuto può essere meglio articolato. Invece nel sonetto italiano poche parole, di solito con un numero di sillabe maggiore, vanno ad articolare in ciascuna strofa un discorso “complesso”.
Nonostante ciò l’endecasillabo italiano, ad esempio nel sonetto che Dante dedica a Beatrice, è ben più sciolto e veloce:
“ Tanto gentile e tanto onesta pare
La donna mia quand’ella altrui saluta”
rispetto al quello inglese di Shakespeare, solenne, quasi ieratico:
“When forty winters shall beseige thy brow
And dig deep trenches in thy beauty’s field”
Del resto, parliamoci chiaro, il sonetto è nato in Italia, più precisamente in Sicilia alla corte di Federico II di Svevia, grazie al notaio Jacopo da Lentini della ben nota “Scuola Siciliana” nella prima metà del Sec. XIII. Soltanto dopo circa due secoli fu “esportato”anche in altri paesi europei tra cui, appunto, l’Inghilterra.
Comunque, tenendo conto della festosa ricorrenza dell’8 marzo e che non tutti conoscono l’inglese, un tentativo si può fare, anche se nella versione italiana una certa differenza si noterà. Il grande William vorrà perdonarmi.
Quaranta lunghi inverni avrai passato,
trincee profonde annientan la bellezza.
Ammiran tutti or la giovinezza,
ma lo splendore un dì sarà appannato.
Il fascino che avevi dov’è andato?
Dov’è finita tutta la dolcezza?
Negli occhi spenti sta la sicurezza?
Glorioso non di certo il vanto è stato.
Se invece a loro tu risponderai
che il tuo leggiadro aspetto or pareggia
il conto che da vecchia mostrerai,
l’antica tua beltà poi signoreggia
e il sangue ribollire sentirai,
seppur la vetustà ormai primeggia.
Carissime, Buon 8 Marzo a Tutte, in qualunque fase della vita voi siate!
Silverio Lamonica
Immagine di copertina: Gustav Klimt: Le tre età della donna (1905). Particolare; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
Sandro Russo
11 Marzo 2015 at 12:32
I ‘quaranta inverni’ delle donne di oggi
Notavo, nel sonetto di Shakespeare riportato e tradotto da Silverio Lamonica, come l’età della donna venga definita pressappoco “decrepita” già dopo i quarant’anni:
“When forty winters shall beseige thy brow”
“Allorché quaranta inverni avranno assalito la tua fronte”
Eravamo nel 1600…
Trecento anni più tardi, Edmondo De Amicis parla con affetto dell’età della sua mamma, bella ‘anche’ a sessant’anni, come noi diremmo di una nonna:
Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.
(E. De Amicis. Poesie; 1882)
Il libro di Tea Ranno recentemente recensito sul sito: “Viola Fòscari” (leggi qui) racconta dell’amore di una donna siciliana negli anni ’50 per un giovane che ha l’età dei suoi figli. Tea riferisce che la storia, tratta (anche se rielaborata) da un fatto realmente accaduto, fece grande scalpore al tempo; sua mamma ne era ancora scandalizzata… “Aveva una cinquantina d’anni… una vecchia..!”.
Ora diremmo “solo” cinquant’anni, con molti anni ancora di vita intensa davanti.
Agli Auguri alle Donne dei giorni scorsi aggiungo anche quello – medico-statistico e antropologico – di una molto più lunga aspettativa di vita.