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I migranti sono l’essenza del Mediterraneo.
Chi si sposta ha il mare come casa, Latina è stata il punto di approdo per tanti.
A pensarci bene, tutte lo coste del Mare Nostrum sono state toccate da persone che poi hanno raggiunto il capoluogo pontino per viverci stabilmente, per restarci.
Hanno cominciato gli esuli da Venezia Giulia, Dalmazia, Istria, Fiume, poi i profughi da Egitto, Tunisia, Libia.
Senza trascurare quelli arrivati da Rodi, isola del Dodecaneso annessa all’Italia negli anni Venti, Algeria, Marocco, Siria.
Gente di mare, con storie diverse, accenti da riconoscere, tanti passaggi hanno trasformato la lingua italiana in un qualcosa di difficile da decifrare. Quando parlano tra loro, certi amici arrivati dalla stessa località non hanno problemi a comprendersi, come ad esempio gli italiani arrivati da Zara, oppure da Lussino o Parenzo.
Latina è un insieme di tutto e di più, qualcosa che meriterebbe studi approfonditi.
Nessuno ha mai scritto sulle tante migrazioni che da paesi del Mediterraneo hanno coinvolto Latina. Sarebbe bello saperne di più. Anche perché la città si è sviluppata molto anche grazie a questi italiani di ritorno, colpiti dalle bizze di regimi dittatoriali.
Alcune associazioni coinvolgono coloro che non vogliono dimenticare la loro origine, cercano di mantenere una certa identità. Si riuniscono per serate conviviali, per appuntamenti istituzionali, nessuno – ma non ne siano certi – ha approfondito il tema con studi di un certo spessore.
Non solo dall’estero sono arrivati in Agro. I panteschi di Pantelleria sono 5000, vanno da Lavinio e Lanuvio fino a Borgo Vodice, i lampedusani abitano ad Anzio, dove praticano la pesca.
Angela Maraventano, deputato leghista di Lampedusa eletta in Romagna, abitava ad Anzio e si lamentava dei treni locali in ritardo che la ospitavano giornalmente per raggiungere Roma.
Perché a Latina non potremo mai essere razzisti ed intolleranti?
Qui abbiamo ospitato per anni uno dei più grandi campi profughi d’Europa – il Rossi Longhi (1957-1989) – che ospitava rifugiati dell’Est Europa, pronti a trasferirsi in Australia, Canada, Stati Uniti, a seconda delle richieste di lavoro.
Partendo da veneti, friulani e romagnoli, si è arrivati ad ospitare 130.000 persone, un miracolo di convivenza civile.
Solo Toronto, nel mondo, ha più etnie di Latina sul proprio vasto territorio: è una città davvero cosmopolita.
La prima fabbrica di fiammiferi, l’Italmatch, fu creata da siriani nel 1963, in via Nascosa, dove adesso troviamo un magazzino di forniture elettriche in dismissione denominato Orel.
Alla Chiesuola senti il friulano, al Grappa il veneto, in via dei Cappuccini il rocchigiano, in via Cossira il pantesco, a San Michele il marchigiano, a Pontinia il ferrarese, a San Donato il bassanese. Bella roba, davvero bella.
Piacerebbe ad Umberto Bossi che dei dialetti vuole fare una materia di studio. Non ha tutti i torti, lui lo afferma da animale politico qual è per conquistare consensi elettorali ma il rispetto di certi idiomi va affermato e conservato.
Qualche anno fa ci siamo recati in vacanza alle Isole Tremiti. Saliamo sull’aliscafo a Termoli e sentiamo i marinai parlare in dialetto campano. Saranno di una compagnia di navigazione di quelle zone? Proprio no. Alle Tremiti, colonizzate dai Borboni nel 1700, conservano la cadenza partenopea. Bellissimo. Come il tabarchino di Carloforte, l’albanese di Ururi, l’ischitano che senti a Ponza, il ladino di Canazei.
A proposito: perché le isole ponziane appartengono alla provincia di Latina? Sono sempre state “Terra di Lavoro” (1), poi il fascismo le fece diventare ‘Pontine’. Cos’hanno di pontino? Nulla. Sono più gli abitanti di origine sarda a Ponza che quelli di provenienza formiana. Basta scorrere l’elenco telefonico.
Migranti, migranti, ancora migranti. Sempre a Ponza abitano i Tricoli. Sono originari di Lipari e Palermo.
Bossi spesso esagera nelle sue esternazioni, il dialetto non va insegnato a scuola ma va difeso, preservato, valorizzato, studiato a fondo. Non divide gli italiani ma li unisce, eccome li unisce.
Tornando a Latina, come non mettere in risalto che il primo medico scolastico arrivava da Fiume? Era il bravo Stefancich.
Il giocatore di basket Egidio Bosizio era fiumano anche lui. La moglie del sindaco Finestra è nata a Zara, come Ottavio Missoni, grande atleta poi sommo stilista. Mario Prospero Rossi, nato a Rodi, ha introdotto il baseball a Latina, Alghiri Puglia, di Rodi, ha fondato la Confederazione degli Artigiani.
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[Mediterraneo (1) – Continua]
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(1) – La Terra di Lavoro è una regione storico-geografica dell’Italia Meridionale legata alla Campania e, oggi, suddivisa tra le regioni amministrative di Lazio, Campania e Molise. La Terra di Lavoro, inoltre, fu una unità amministrativa, prima, del Regno di Sicilia, poi, del Regno di Napoli, quindi, del Regno delle Due Sicilie ed, infine, del Regno d’Italia (estratto da Wikipedia)
La “Terra di Lavoro” nel ‘700
Appendice (del 2.03.2015) di Sandro Russo
E’ sempre un’emozione trovare in giro per l’Italia o per il mondo gente che parla lo stesso nostro dialetto.
Paolo ha ricordato le Tremiti…
Abbiamo già scritto sul sito delle similarità del dialetto di quelle isole con il nostro, per la comune dominazione borbonica: leggi qui e qui
Tremiti. S. Domino. Il chiosco “Fatte cchiù a’llà” proprio sul Porto, allo sbarco
“…Che sia una terra con influenze napoletane viene annunciato già allo sbarco dall’aliscafo; da una scritta sull’insegna di un chiosco, sul porto di S. Domino: Fatte cchiù ’a llà!
Racconta poi un signore del posto che avevano architettato uno scherzo – non ha detto se poi attuato o no – di sostituire durante la notte l’insegna con un’altra: Lèvete propi’a miézze!”
Sandro Russo
2 Marzo 2015 at 08:05
E’ sempre un’emozione trovare in giro per l’Italia o per il mondo, gente che parla lo stesso nostro dialetto.
Paolo ha ricordato le Tremiti…
Abbiamo già scritto sul sito delle similarità del dialetto di quelle isole con il nostro, per la comune dominazione borbonica.
Nell’articolo di base sono stati aggiunti una foto e un breve aneddoto.