Ce n’è per l’intero arco del mese. Li pubblicheremo ogni domenica (le quattro domeniche d’Avvento)
F.D.L.
Il gruppo più folto comprendeva i nati dal ‘43 al ‘48. Gli altri erano grandi, detti i giovani. Interessati alle ragazze, amoreggiavano in segreto e qualcuno già si era dichiarato in casa. Facevano coppia fissa e non erano disponibili alle improvvisate che il Parroco si inventava per tenerci tutti avvinghiati all’armonium, al presepe, ai canti.
L’altro gruppo era formato dai più piccoli che i genitori non lasciavano oltre l’orario della funzione in chiesa. La notte era buia e fredda.
Il gruppo nostro (quello di mezzo) era il più folto, il più attivo. C’era chi spiccava all’interno: Luigi Ambrosino primeggiava per manualità insieme a Silvano, a Ciccillo, a Silverio Anello. L’addobbo doveva essere avvolgente e brillare di sacralità. La concezione del “sacro” era molto presente nel Parroco. Non so dire in cosa si sostanziasse ma per noi si manifestava nel ‘prezioso’. Avvertivamo quell’atmosfera come una dimensione diversa.
Aniello De Luca e Titino Usai affiancavano Luigi, e pure Biagino la cui goffaggine causava danni. Ma… quanti ricordi di risate, di battute ci ha lasciato. Ancora oggi ne parliamo e sorridiamo.
Nei canti, Tonino Esposito era il più accorto a cogliere le sfumature armoniche. Se la intendeva con i compagni con cui andava a scuola di musica dal maestro Anzalone: Antonio De Luca, Tommasino De Luca.
Dietro venivamo tutti.
Il Parroco per i canti ci aveva diviso: i bassi erano Silverio e Sebastiano Spignesi, ‘u cancelliere Giosué, Silverio ‘u ianchiere, Ninando, Franco Schiano; gli alti erano Silverio ‘Ricciolino’, Gianfranco e suo fratello Pasqualino, Tommasino, Biagino, Antonio, Gaetano pelerusso.
S’era al 24 dicembre: il presepe era pronto, anche il bambinello era pronto e profumato nella sua culla in sacrestia; i candelabri erano stati lustrati nel pomeriggio dalle ragazze comandate dalla madre superiora; le tovaglie ricamate erano state portate da Rosinella e Nannina Tricoli con le orfanelle, fra le quali primeggiava per attivismo Carmelina.
Da una apertura protetta da una grata, osservavano tutto, senza essere viste, ’a mamma d’u parecchiane e le sorelle Zecca: Olga e Rosaria.
Il buio già da tempo era calato sul paese, anche se noi non ce ne eravamo accorti perché indaffarati fra la sacrestia, il retro sacrestia e la chiesa. Il vento fischiava sulla cupola.
Saremmo ritornati alle 23 per l’inizio del rito della “notte santa”. Ma ora dovevamo andare a casa dove i genitori ci aspettavano.
Il Parroco si sedette all’armonium e cantò una canzone mai sentita.
Ce ne fece dono in anteprima forse perché la tensione della ricorrenza gli premeva in petto.
“Stelline d’oro tremule e gioiose come occhi luminosi di bambini…” Una canzone esaltante per l’originalità della composizione, per la semplicità e forza dei versi.
Rimanemmo invischiati, affascinati da quel canto. “Amore che importuni per essere riamato” …lo avremmo coniugato da grandi, il significato di questo verso.
Ho abbandonato da tempo la credenza in una entità sovrannaturale e la mia fede l’ho riposta negli uomini, e non sento contrasto dentro di me a cantare l’Amore come vero Dio per tutti noi, come termina bellamente la canzone.
Allegata, presento la canzone “Stelline d’oro” di don Luigi Dies. Arrangiata e suonata da Tonino Esposito. Ha collaborato Nino Picicco.
Ascolta qui il file .mp3; sotto ci sono le parole:
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Stelline d’oro
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Stelline d’oro tremule e gioiose
come occhi luminosi di bambini
Campane d’oro tinnule e festose
come festosi e lieti i cuoricini
Angeli d’oro splendidi e armoniosi
Che in coro qui scendete a noi vicini
Diteci questa notte, amore amore
Amore è il nome del buon dio bambino
Amore che discendi
Amore che ti ascondi
Amore che fiorisci
tra le mani di giglio
d’una mamma d’amore
Amore che vagisci
alle grida d’orrore
d’un mondo che tradisce
Amore che ti sveli
Amore che ti celi
Amore che importuni
per essere riamato
Gesù amor raduna
sì tutti intorno a te
e fa’ che ogni alma ognuna
ti canti Amore e Re
vincenzo
14 Dicembre 2014 at 09:24
“Ho abbandonato da tempo la credenza in una entità sovrannaturale e la mia fede l’ho riposta negli uomini, e non sento contrasto dentro di me a cantare l’Amore come vero Dio per tutti noi, come termina bellamente la canzone”.
Ma è sempre stato così: erano piccoli uomini quei bambini che preparavano il Natale, era un uomo quel prete che suonava l’organo, sono di uomini e donne i ricordi che ritornano alla mente; sono gli uomini che scrivono poesie, che dipingono quadri, che decidono la colonna sonora della nostra vita, che edificano le loro religioni.
Nasciamo da una donna ma poi siamo lasciati da soli alla ricerca della verità:
Amore che fiorisci
tra le mani di giglio
d’una mamma d’amore
Amore che vagisci
alle grida d’orrore
d’un mondo che tradisce