di Vincenzo Ambrosino
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Tra Franco Ferraiuolo e Piero Vigorelli si è innescata una bella querelle che denota due visioni politiche della faccenda biglietti ridotti ai nativi di Ponza.
- La visione di Vigorelli è chiara e può essere riassunta in questo modo: “Questa Amministrazione deve in primo luogo tutelare chi ha scelto di vivere e risiedere a Ponza, d’estate e soprattutto d’inverno, nella buona o nella cattiva sorte, spaccandosi la schiena quando c’è lavoro o facendo sacrifici quando il lavoro non c’è, costruendo il suo presente e il futuro dei propri figli sullo scoglio che è la ragione di vita… quindi nessuno potrà convincerci che il futuro di Ponza sia nel biglietto ridotto ai nati o nativi ponzesi che vivono altrove”.
- Quella di Franco Ferraiuolo invece parte da una condivisione di un destino isolano: “Ma pur essendo nato a Ponza (o nativo che dir si voglia) nonché ivi residente non voglio e non mi sento diverso da chi è stato costretto ad andarsene; essi sono e saranno sempre miei fratelli, come quelli che sono rimasti, e anche se Vigorelli vorrà continuare a far loro pagare il biglietto del non residente con relativa tassa di sbarco, per quanto sarà nelle mie modestissime possibilità, essi avranno sempre la mia incondizionata solidarietà affinché si sentano sempre a casa propria”.
il problema reale, sollevato anche dal Sindaco di Ventotene rimane quello di invertire le sorti dell’isola che sono legati alla salvaguardia della residenza.
Il Sindaco di Ventotene infatti ha pensato di prendere l’iniziativa di proporre la riduzione del biglietto ai non residenti ponendosi questo obiettivo: “ contribuire ad alleviare la spinosa questione dello spopolamene invernale, agevolando uno spostamento più frequente e favorendo il rientro a Ventotene dei tanti cittadini che sono legati all’Isola per nascita e che vivono fuori per esigenze varie”.
A me non interessa se sono 10, 100 o 1000 i non residenti; a me, per quanto riguarda Ponza, interessa conoscere con certezza se una tale iniziativa di politica sociale possa veramente “alleviare la spinosa questione dello spopolamento”.
Ma adesso chiediamoci al di la delle contrapposizioni dialettiche: a Ponza c’è veramente qualcuno che crede che concedendo la riduzione del biglietto si attenui la questione dello spopolamento?
Per esempio quanti ponzesi non residenti rientreranno spontaneamente a Ponza per Natale? Quanti ponzesi tornano a Ponza nella festa della famiglia, del ricordo, della nostalgia: la festa che ci dovrebbe tutti riavvicinare alla tradizione, all’origine e quindi alla condivisione di un destino isolano?
Pochissimi, e invece questa sarebbe una ottima occasione: accendendo le luci in tutte le case vuote e riaprendo tutti i negozi, per convincere Vigorelli che anche quella della riduzione dei biglietti ai non residenti è una strada giusta da percorrere: ma nessuno tornerà a Ponza!
E’ invece, secondo me, su un’altra domanda che deve essere mirata la discussione: come realmente fare ad invertire la tendenza allo spopolamento invernale?
Di questo io ho parlato a suo tempo e fuori dal coro dicendo che la protezione della residenza è diventata la questione determinante per l’isola e per questo “parafrasando la ZPS (Zona Protezione Speciale) già in vigore a Ponza, che proteggono i volatili, ho parlato di RPS (Residenza Protezione Speciale) per l’isolano.
Io dico che per invertire la tendenza all’abbandono dell’isola bisogna innanzitutto salvare il vero residente invernale, quello che abita no l’utopia, ma l’isola per 360 giorni l’anno. Su questi abitanti, che hanno deciso di scegliere l’isola per vivere (il che significa nascere, crescere, lavorare e divertirsi sull’isola), l’amministrazione deve puntare e quindi ogni occasione potrà essere propizia per marcare la differenza tra chi vive l’isola in termini totali e chi invece la vuole vivere saltuariamente o per scopi turistici, sentimentali, economici.
Ogni occasione di nuove progettazioni strutturali, organizzative ecc. dovrà essere propizia per favorire i residenti e incrementare la residenza invernale.
Infatti, l’amministrazione, secondo me, nel prossimo futuro si dovrebbe muovere appunto per:
- riconoscere i veri residenti con un censimento da fare nel periodo invernale;
- difendere la residenza invernale in tutte le sedi e le occasioni;
- valorizzare tutte le attività e la qualità della vita dei residenti;
- creare nuove occasioni di lavoro e di socialità per i residenti.
A mio avviso per far aumentare il numero dei residenti bisogna che migliorino innanzitutto le condizioni sociali ed economiche dei reali residenti: offrendo loro agevolazioni fiscali, corsie preferenziali per accedere al lavoro, facendo realmente comprendere che l’amministrazione sta dalla parte di chi ha deciso di investire il proprio futuro sull’isola ed è con questi che l’amministrazione misura il suo progetto di sviluppo economico e strutturale.
E’ solo in quest’ottica che i residenti vengono stimolati a restare sull’isola e alcuni esterni, constatando che il clima isolano diventa favorevole alla residenza, si convincono liberamente di ritornarci a vivere.
Dopotutto sono cose che ho già detto in passato; Franco Ferraiuolo sa, essendo stato Sindaco e anche Consigliere Provinciale, che sono i numeri a contare: tanti residenti tanti servizi e anche la qualità e i costi di questi servizi dipendono, ahimè, dai numeri. Ed è certo che i numeri dei residenti non cresceranno se non ci battiamo per difendere “il nocciolo duro” di questi ponzesi che, nati a Ponza, resistono a viverci anche d’inverno, mentre, al contrario, con politiche non mirate alla RPS, i residenti potrebbero scoraggiarsi, andando ad accrescere l’abbandono dell’isola.
Solo chi ci vive quotidianamente può continuare a preservare la tradizione, la cultura, la storia, l’ambiente dell’isola e così
contribuire a conservare questo patrimonio, che è di tutti i ponzesi (anche di quelli non residenti che, indipendentemente dalla riduzione o meno del biglietto, potranno sentirsi orgogliosi di essere nati a Ponza).
Ma la conservazione di questo patrimonio è un impegno che pesa sulle spalle dei residenti che ci vivono tutto l’anno e, purtroppo, sempre in minor numero.
Silverio Tomeo
1 Dicembre 2014 at 02:31
Trovo sconcertante l’idea che solo la comunità stanziale possa conservare valori, culture e tradizioni comunitarie isolane, come sembra affermare Vincenzo, e non chi risiede ad esempio a Formia per motivi di anzianità e di salute, o nel Bronx per l’emigrazione storica, o altrove perché la vita ti può portare altrove. Si tratta di una sorta di antropologia per una comunità organica e appunto isolata e isolante, con l’aggiunta di un diaframma immunitario rispetto agli stessi ponzesi nativi che, per forza di cose, sono nella diaspora storica in un numero ancora più ampio dei residenti sia estivi che invernali. Ancora una volta Vincenzo – ma non me ne voglia! – dimostra una strana idea di comunità e una rimarcata subalternità culturale al clima instaurato dall’attuale sindaco, già noto ex turista di lusso. La comunità democratica, aperta, moderna, è quella per cui chi risiede vota (e mi sembra assai spesso male) e chi non risiede non vota, pure in tanti casi pagando bollette per il cimitero, l’abitazione, l’energia, l’acqua e la spazzatura. Semmai la comunità realmente residente ha maggiori responsabilità verso l’isola come bene comune. Un’economia locale legata ai soli tre mesi della “stagione” porta inevitabilmente allo spopolamento, aggiungiamoci poi la crisi e l’insofferenza giovanile a stare in un orizzonte chiuso. Anche nell’esercizio dell’impresa turistica c’è poi un’enorme differenza tra chi fa reddito per stare tranquillo tutto l’anno, magari potendo starsene l’inverno in pantofole a Roma, per dire, e chi con quel reddito a malapena sopravvive sino alla prossima “stagione”. Ma per Vincenzo non esistono più le classi sociali, bensì solo le categorie, mi sembra di capire, in una sorta di redivive corporazioni. Il corto-circuito paventato tra il decisionismo di quest’ Amministrazione e la comunità della “riserva indiana” da proteggere è all’insegna di un’idea populistica e isolazionista. Ponza non è un acquario, e comunque non tutti i ponzesi sono pesci d’acquario, tutt’altro.
vincenzo
1 Dicembre 2014 at 10:45
Caro Silverio mi fa piacere parlare con te, ma spero che tu lo faccia senza prevenzioni ideologiche.
Ho menzionato nel mio articolo una frase che sta scritta sulla tomba di Garavini, una tende in marmo, “abitare l’utopia”, bene a Ponza gli isolani non abitano l’utopia ma uno scoglio sempre più attaccato dal mare, dal vento, dall’individualismo culturale e dalle irresponsabilità politiche e molti ponzesi, ogni anno, sempre di più lo stanno abbandonando!
Caro Silverio, quando c’era Porzio io dicevo le stesse cose e (tu parlasti di lega) e in forme diverse le dicevo quando c’era Balzano, questo per dire che nessuno ha mai fatto quello che io consiglio di fare e quindi assolutamente non mi sto allineando al decisionismo Vigorelliano. Vigorelli ha detto che vuole difendere la residenza? Bene vedremo!
Hai ragione: non sono solo i ponzesi residenti che conservano la culturale locale, infatti, per esempio, gli emigrati in America, lo abbiamo visto come nella Columbus day fanno sfilare la tradizione religiosa e costruiscono templi in onore di S. Silverio con piscine e campi da tennis, parchi per picnic.
Ma è a Ponza che si fa la festa del 20 giugno e per farla ci vuole un comitato di persone che si vedono quotidianamente d’inverno e sono costretti ad inventarsi tante festicciole a cui contribuiscono pochi residenti per racimolare i soldini per ripagare i debiti fatti nella festa dell’anno precedente.
E’ a Ponza che si deve pensare se sostenere i progetti di Vigorelli o boicottarli.
E’ a Ponza che si deve materialmente allestire un museo e conservare reperti, cultura, storia e propagandarla e per questo ci sono delle associazioni di giovani che devono essere coinvolti altrimenti si sfiduciano e vanno via ed io per questi mi batto.
E’ a Ponza che si deve sensibilizzare la gente ad arredare le case, pulire le strade, non fare baracche né mettere le reti dei letti nei giardini ecc.
E’ a Ponza che si deve inventare un turismo meno invasivo cercando di propagandare le idee della cooperazione contro la prassi dell’individualismo economico, e questo si fa, stando sul posto e parlando anche quando c’è la pioggia e il vento.
E’ a Ponza che magari, recuperando i terreni abbandonati, si può combattere il dissesto idrogeologico e questo si fa d’inverno con i giovani che ci sono, altrimenti se ne andranno in Australia.
Ma anche la banda musicale, oppure il calcio che continuano a stentare in quanto a risultati malgrado i sacrifici di molti volontari che vivono a Ponza, gente che ancora ci crede ma sta perdendo la fiducia.
Ma io ritorno a dire che vivere l’isola d’inverno è diventato non solo difficile ma anche non conveniente e su questo se volete possiamo approfondire il dibattito .
Per quanto riguarda la difficoltà, di vivere d’inverno, tu dovresti averne assaggiato la pesantezza, ti ricordi, raccontasti della tua esperienza claustrofobica sull’isola anche perché ti mancavano i libri della Feltrinelli.
Ai ponzesi residenti, soprattutto quelli più giovani, manca molto di più e comunque sono consapevoli che anche se l’amministrazione con la bacchetta magica risolvesse molte delle loro richieste, sanno che la qualità della vita in un’isola non potrà mai concorrere con quella dei loro coetanei continentali.
Questa è la maturità degli isolani residenti che deve essere ancora riconosciuta!
Io caro Silverio non dico mai cose convenzionali, potrei stare zitto oppure cavalcare la demagogia, dire cose che veramente sono populiste, come: benessere per tutti, riduzione del biglietto anche per gli amici dei ponzesi purché ci vengano a trovare anche nei periodi morti, (tanto non pago io e non ho relazioni con quelli della Laziomar) ma io so che se non si comincia veramente ad aggredire la malattia, che è la tendenza di lasciare l’isola d’inverno, perché non conviene di stare sull’isola, non solo non si risolve il problema dello spopolamento ma veramente si realizzerà quel progetto che tu, come io temiamo moltissimo: la realizzazione del villaggio turistico.
Poi io ho detto che questo è il problema, bloccare l’abbandono e ho indicato la direzione politica da seguire, ma a mio avviso tutti i ponzesi devono partecipare al dibattito e dichiarare la propria ricetta che non può essere che politica per cui progettuale.
Silverio Tomeo
1 Dicembre 2014 at 11:30
Infatti vediamola come una conversazione, e non come una polemica. Quando nell’articolo su maggioranza, opposizione e consenso ricordi le buone regole della dialettica democratica, fai senz’altro molto bene. Quella si chiama democrazia procedurale e senza di quella non c’è altro di buono, Ma non basta, la democrazia come cittadinanza attiva e informata, come partecipazione, è anche altrettanto importante. Scriveva uno studioso che senza democratizzazione non si dà democrazia, nel senso che la democrazia è un processo e non una stasi di belle regole formali. Non solo: la democrazia può anche avere un contenuto sociale. Il mio sguardo da lontano ha i suoi limiti e i suoi vantaggi, credimi. Non so se sia il Comitato Ponza nel cuore l’alternativa di domani, per adesso i suoi diritti stanno nell’opposizione in Consiglio, che va sempre rispettata come tutte le opposizioni, e non svillaneggiata. L’opposizione può anche essere sociale, della società civile, della cultura critica. Un domani potrebbe esserci una nuova alleanza democratica, con una visione e un progetto per l’isola come bene comune, che superi vetuste e anacronistiche differenze tra ponzesi e fornesi, che competerà con successo alle prossime elezioni amministrative. Potrebbe chiamarsi come crede, sempre con nel nome Ponza, se no sembra che non vale….Lo spopolamento sembra inarrestabile: calo della natalità, crisi, la poca gioventù che fugge, gli arricchiti dai mesi estivi che svernano felicemente altrove, gli impoveriti che vanno a racimolare il resto in terraferma. L’isola come villaggio turistico esclusivo, gestito con criteri manageriali, magari da mani private e non isolane, da professionisti del business dei porti, come quel Caltagirone, o addirittura da investitori del riciclo dei frutti dell’economia illegale. Un isola che, in questa deriva, non avrà quasi più bisogno di popolo, cittadini, comunità. I residenti invernali e di tutto l’anno faranno bene a tutelare diritti, welfare, servizi, accesso alla cultura. Se è la subcultura televisiva a informare le menti, non meravigliamoci poi che un telegiornalista sensazionalista, miracolista, di compiaciuta cronaca nera, di servizi sulla cucina marinara (ma che eclettismo formidabile!), divenga sindaco. La prossima volta verrà eletto direttamente Vittorio Sgarbi? Dove credete che vi porterà Vigorelli, con tutto il rispetto per il suo ruolo e le sue capacità? Dove lo si vede il consenso a questo decisionismo? E in quale blocco sociale? In quali interessi? In quale cultura politica?
vincenzo
1 Dicembre 2014 at 17:03
Voglio seguirti sul tuo terreno tu dici: “Un domani potrebbe esserci una nuova alleanza democratica, con una visione e un progetto per l’isola come bene comune, che superi vetuste e anacronistiche differenze tra ponzesi e fornesi, che competerà con successo alle prossime elezioni amministrative.”
Se hai letto con attenzione il mio articolo “Maggioranza opposizione consenso” quello descrive che nessuno sta lavorando per l’alternativa di governo e difficilmente si riuscirà a farlo.
Io vado dicendo che a Ponza la cultura dominante è quella individualista e quindi le iniziative che riguardano il sociale oppure il bene comune trovano pochi attivisti.
Io vado dicendo da tempo che a Ponza la crisi è sistema, riassunta nell’immagine del “gatto che si morde la coda”, sfruttamento intensivo del turismo balneare (due mesi) più gente parte, meno gente resta e quindi la vita diventa più difficile in quanto a qualità dei servizi ma anche di ricambio politico.
Da queste analisi: mancanza di alternative politiche organizzate, raro attivismo politico sociale, pericolo dell’abbandono definitivo del residente con imminente nuova colonizzazione con capitali e imprese esterne io dico di tentare di creare una nuova solidarietà tra i residenti facendoli riflettere di appartenere non a delle classi sociali ma a una condizione di vita, una difficile scelta di vita: vivere l’isola!
Quindi inverto il ragionamento che tu fai ma a cui io tendo (il bene comune):
1) fermiamo l’esodo proteggendo in vari modi la residente invernale,
2) intorno al residente invernale costruiamo un progetto di riequilibrio economico sociale ambientale affinché quest’isola resti isola ma dia garanzie di una qualità della vita adeguata per tutto l’anno;
3) investiamo nel residente facendolo diventare protagonista della rinascita.
Quindi non parlo di contrapposizione tra blocchi sociali che non ci sono, parlo di rimuovere le negatività culturali, gli egoismi familistici, parlo di costruzione di un progetto che rispetti l’ecosistema isola , parlo di confronto dialettico e non di ripiegamento sulle politiche della amministrazione.
Silverio Tomeo
1 Dicembre 2014 at 18:00
Un piccolo distinguo: una cosa è il bene comune (concetto teologico secolarizzato nella modernità come interesse generale) e un’altra cosa la teoria dei beni comuni, quindi l’isola stessa da intendere come un bene comune. Ne parlai in: https://www.ponzaracconta.it/2012/02/27/lisola-dei-beni-comuni/.
Le classi sociali e i blocchi sociali esistono, dovunque, anche nei microcosmi dei villaggi con 3.000 abitanti. Sennò cosa è che esiste? Le famiglie? Simm’ tutt’ parient’? I singoli come atomi asociali? Non puoi abbattere d’un colpo secoli di sociologia in questo modo. Siete tutti sulla stessa barca? Si e no, nel senso che alcuni sono in prima classe, altri in seconda, altri ancora in ultima classe e affogano per primi. Il conflitto è il sale della democrazia e dell’alternanza politica, non va rimosso, anche quando si manifesta poco e niente.
Certo esiste una comunità residente che deve darsi responsabilità ed auto-concepirsi come comunità aperta, democratica, magari solidale, senza illudersi che non vi siano controtendenze addirittura dominanti, per il momento, votate all’individualismo, all’uno contro tutti. Nessuno, mi dici, sta costruendo un’alternativa all’avventura vigorelliana, che ove non fosse collassata nel disastro giudiziario la precedente Amministrazione e se non si fosse stati poi alquanto pavidi e sprovveduti non si sarebbe mai potuta inverare. Ma si vota tra un paio d’anni, c’è il tempo, bisogna volerlo. Per intanto lasciar crescere la società civile, l’associazionismo indipendente, gli spazi pubblici, costituisce una semina per il domani.
La cultura politica del blocco sociale che incarna Vigorelli è quella del tardo berlusconismo, del populismo autoritario, del si arricchisca chi può, dell’anticomunismo fuori stagione massima, della (giusta) lotta contro l’illegalità ma per dare spazio alle privatizzazioni, per portarvi investitori d’affari a gestire il villaggio turistico. Questa è la sua retorica del fare e disfare. In un ballottaggio avrebbe perso in partenza. Ora a metà mandato si scatena anticipatamente in una campagna elettorale permanente e d’immagine, aspira al secondo mandato, per quanto lo avesse escluso in qualche sua intervista. Dirà: “Non vorrei ma devo, me lo chiede la gente per ultimare le cose intraprese”. Se le flebili opposizioni si uniscono, ma su un programma di progetto, di rinascita, di buon governo, se alle prossime amministrative si presentano solo due liste, sarà difficile il secondo mandato per il telegiornalista dei miracoli.
vincenzo
2 Dicembre 2014 at 11:13
Nel nostro dibattito come vedi non partecipa nessuno e qui si sta parlando di alternativa di governo, di progetto per la costruzione del futuro, di bene comune; discorsi che dovrebbero accendere la passione degli uomini del cambiamento e dell’alternativa di governo: invece solo silenzio!
Questo ti dovrebbe dimostrare quello che io vado dicendo e non quello che tu, applicando formule inattendibili, vai predicando.
Non mancherà occasione di riprendere il nostro discorso… Alla prossima Vincenzo