di Adriano Madonna
per la prima parte (leggi qui)
La segmentazione
La segmentazione, come la parola stessa suggerisce, è la divisione della “cellula madre”, da cui ha origine un certo numero di “cellule figlie”, scientificamente dette blastomeri. Queste divisioni portano l’embrione allo stato di blastula. A questo punto, consideriamo che non ci troviamo più davanti a una sola cellula, bensì davanti a una entità pluricellulare in cui può formarsi (a seconda della specie), una cavità, detta blastocele, che assume nomi diversi a seconda delle specie e della sua conformazione (ad esempio, celoblastula negli echinodermi, come il riccio di mare e la stella, e negli anfibi come la tartaruga di mare; sterroblastula nei policheti, come le arenicole, gli spirografi ecc.).
La tappa della segmentazione si articola in base alle sue altre fasi e tipologie, in funzione delle varie specie, ma a noi basta sapere che in questo primo stadio dello sviluppo dell’embrione, occupante un volume finale pari a quello iniziale, si ha la divisione della cellula in tante cellule figlie, dette, appunto, blastomeri.
La gastrulazione
La gastrulazione è la seconda tappa dello sviluppo embrionale: segue, infatti, la segmentazione. In questa fase si comincia a delineare quello che sarà il futuro individuo. Si forma, dunque, una sorta di “piano di costruzione”, che varia da specie a specie e inizia con la formazione di alcuni “foglietti”, detti foglietti embrionali: due o tre, a seconda delle categorie di organismi (taxa). Avvalendosi, da questo stadio, di entrambi i set cromosomici, i foglietti embrionali si dispongono concentricamente e delineano l’organizzazione dell’individuo adulto.
Durante la tappa della gastrulazione, gruppi di cellule si spostano, evolvendosi e formando una cavità comunicante con l’esterno, che, a sua volta, darà origine all’intestino primitivo: l’archenteron. Negli embrioni di quegli organismi in cui si assiste alla produzione di due foglietti (embrioni diblastici), come nelle meduse, nelle spugne e negli ctenofori (ad esempio, il cinto di Venere, scientificamente Cestus veneris), si osserva un foglietto esterno, l’ectoderma, e un foglietto interno, l’endoderma, che delimita l’archenteron.
Negli embrioni nei quali si generano tre foglietti (embrioni triblastici), tra l’ectoderma e l’endoderma si inserisce il mesoderma, che darà origine a molti tessuti e organi. A seconda delle varie categorie di organismi, il mesoderma in alcuni casi porta alla formazione del famoso celoma, quella cavità contenente gli organi vitali e presente negli organismi più evoluti, che vengono chiamati celomati, a differenza di quelli privi di celoma, detti acelomati.
L’organogenesi
Terza tappa dell’embriogenesi è l’organogenesi, una fase finale in cui si assiste alla formazione degli organi grazie alla evoluzione dei foglietti embrionali, che si differenziano in tessuti specializzati. Gli organi in formazione in genere occupano una posizione in relazione ai foglietti che li generano. Ad esempio, l’ectoderma, il foglietto esterno, darà origine all’epidermide, al sistema nervoso e agli organi sensoriali, mentre dall’endoderma si formeranno organi interni, come l’apparato digerente. A questo punto, anche le cellule si differenzieranno in rapporto alle funzioni che andranno a svolgere: alcuni gruppi, infatti, saranno deputati alla “costruzione” dell’organo, al suo sviluppo (funzioni trofiche) e alla sua protezione (tessuti di rivestimento).
Strategie riproduttive
In biologia viene usato spesso il termine strategia, inteso come l’insieme di quei meccanismi di vario genere (anatomici, fisiologici, comportamentali, riproduttivi) che consentono agli animali sia di vivere sia di perpetuare la specie. E’ comunque un fatto che la riproduzione sessuale comporta dei problemi: ad esempio, sia i maschi sia le femmine di una data specie devono raggiungere insieme il periodo riproduttivo, oppure, prima le uova e poi la progenie neonatale necessitano, per sopravvivere, di cure parentali, che possono essere anche intense, come accade per alcune specie in particolare. Ricordiamo, a tal proposito, il re di triglie (Apogon imberbis), in cui il maschio custodisce in bocca prima le uova, per conservarle a una certa temperatura, e poi i neonati, per assicurare loro, almeno per i primi tempi, un rifugio sicuro.
Quali, sono, dunque, in particolare nel mondo dei pesci, le strategie per affrontare e risolvere alcuni inconvenienti della riproduzione sessuale? Innanzitutto, si deve dire che in natura si devono distinguere, in linea di massima, due ambienti: quelli che risentono delle differenze stagionali e altri che non risentono di queste variazioni, intese principalmente come fattori variabili di luce e temperatura, ma è stato osservato che anche i cicli lunari e le maree hanno una loro influenza sulla riproduzione di alcuni animali. E’ il caso di un pesce delle acque della California, scientificamente noto come Leuresthes tenuis, i cui individui maschio e femmina durante l’alta marea raggiungono le spiagge e depongono uova e spermatozoi in particolari buche nella sabbia, che verranno interessate da un altro flusso d’acqua solo un paio di settimane dopo, in occasione di una nuova alta marea. E proprio dopo due settimane, quando l’acqua avrà estratto dalla sabbia le uova fecondate, queste immediatamente si schiuderanno e i nuovi nati raggiungeranno il largo.
Per quanto riguarda le fasi lunari, gli effetti dell’azione del nostro satellite sui fenomeni naturali che avvengono sulla terra sono noti sin da tempi più antichi, anche se molti scienziati storcono la bocca e parlano di “oscurantismo medioevale”, ma è pur vero che i contadini sanno che la semina di alcune piante, così come la loro raccolta, e addirittura il travaso del vino vanno effettuati in concomitanza con specifiche fasi lunari e… guai a fare altrimenti! Vecchie levatrici (una figura ormai scomparsa) sanno dire con certezza quando una donna incinta, al termine del periodo di gestazione, metterà al mondo il suo bambino “osservando” la luna e… non sbagliano! Il perché di tutto ciò, peraltro decisamente non riconosciuto dalla scienza, resta un mistero, eppure… Eppure, quelle pochissime volte che in mezzo secolo d’immersioni ho avuto la fortuna di osservare l’emissione dei gameti da parte delle oloturie, fenomeno che dura all’incirca uno o due giorni all’anno, ho notato che esso avviene sempre nel mese di agosto e, guarda caso, nel giorno seguente una notte di luna nuova.
Ritorniamo alle strategie riproduttive dei pesci, soffermandoci anche su quelle usate per la ricerca del partner sessuale, affinchè possano essere prodotti i gameti (spermatozoi e uova).
L’emissione dei gameti da parte dei pesci che si riproducono con fecondazione esterna non è casuale: sono necessari, infatti, particolari stimoli sessuali in grado di convincere una femmina ad avvicinarsi a un certo individuo maschio invece che a un altro e nonostante nella maggior parte dei pesci, tranne che in alcuni casi, non vi sia un vero “incontro intimo” con contatto stretto, è un fatto che in una popolazione di una certa specie ci sono esemplari che si accoppiano spesso e altri che, invece, vengono regolarmente respinti. Dato che anche tra i pesci c’è la corsa alla riproduzione al fine della perpetuazione della specie, ecco spiegato il perché dei rituali di corteggiamento, “organizzati” sempre dal maschio per convincere la femmina a sceglierlo come partner e ad accoppiarsi. I rituali di corteggiamento sono un’infinità, a seconda delle varie specie, ma quasi tutti si basano su un punto fermo: il tentativo, da parte del maschio, di apparire bello, più bello possibile, assumendo in particolare colori che lo differenzino sostanzialmente dalla femmina.
Questa caratteristica, che appartiene al cosiddetto dimorfismo sessuale (differenze anatomiche e cromatiche che distinguono il maschio dalla femmina), si materializza in mille modi diversi, a seconda delle specie. Ad esempio, il maschio della castagnola può assumere delle leggere pennellate di azzurro sulle pinne; il pesce civetta indossa una livrea talmente variopinta da fare invidia ai più colorati pappagalli; la mennola si veste di bande di verde e di un vivacissimo celeste elettrico e così via. Alcuni pesci, dopo essersi “imbellettati”, vanno addirittura a pavoneggiarsi davanti alle gentili donzelle per convincerle a sceglierli come partner e, proprio come avviene nel mondo degli umani, può accadere che essa finga di non accorgersi dell’aitante maschietto, però lo tiene d’occhio, poi, a un certo punto, se viene convinta dalle sue arti di seduzione, lo raggiunge e si accoppia.
Monogamia e poligamia
A questo punto, riflettiamo sul fatto che affinché vi sia, nella popolazione di una data specie, un’associazione tra maschi e femmine tesa alla riproduzione, deve esistere per forza una certa organizzazione che implichi un definito sistema riproduttivo (mating system) tra i vari individui. Abbiamo, a questo punto, due possibilità organizzative: l’associazione di un singolo maschio e di una singola femmina e l’associazione di più individui riproduttivi. Nel primo caso si parlerà di monogamia, nel secondo caso di poligamia. Casi di monogamia sono ben osservabili nei branchi di mammiferi marini, in particolare in quelli di delfini e balene, che, proprio essendo mammiferi, si sono evoluti elaborando un concetto associativo che si avvicina molto a quello di “famiglia”. Ma la monogamia si può osservare anche tra i pesci e ci sono casi proverbiali, addirittura commoventi: chi non ha mai sentito parlare dell’amore che il pesce spada nutre per la sua femmina? Tant’è che se essa viene catturata, questo continua a girare attorno alla barca da pesca che le ha ucciso la compagna, diventando un potenziale, serio pericolo per i pescatori. Questo, appunto, mi raccontò un pescatore che lavorava su una “passerella” (le barche che praticano la pesca al pesce spada nello Stretto di Messina):
“Dopo che gli uccidemmo la femmina, quello continuò a fare avanti e indietro attorno alla barca e poi si mise sotto il canotto che ci portava a terra, ma nessuno ebbe il coraggio di scendere, per paura che sorgesse di botto da sotto la chiglia e ci infilasse con la spada…“
Esistono, tra i pesci, casi di monogamia anche tra specie dei bassi fondali costieri, come, ad esempio, il tordo, che addirittura costruisce un nido con minuscole conchiglie e alghe in cui conduce la femmina; la castagnola, in cui il maschio resta a guardia della tana dopo la fecondazione delle uova (dopo la riproduzione, comunque, la femmina abbandona il compagno), ecc.
Del sistema riproduttivo basato sulla poligamia dobbiamo distinguere due forme: la poliginia e la poliandria. Nella prima si osserva un singolo maschio che si accoppia con diverse femmine, mentre nella poliandria una singola femmina si accoppia con più maschi.
L’ermafroditismo
L’ermafroditismo è una strategia importantissima, in grado di correggere deficienze che potrebbero portare alla rarificazione di una certa specie per difficoltà di riproduzione. Si chiamano ermafroditi monoici quegli individui che sono forniti contemporaneamente sia di testicoli sia di ovari, ma il monoicismo comporta problemi, poiché in alcune specie l’autofecondazione viene ostacolata dal fatto che la riproduzione di spermatozoi e quella di uova avvengono in tempi diversi, quindi non può esserci l’incontro dei gameti con la formazione dell’embrione: infatti, quando si formano gli spermatozoi, l’individuo è maschio, poi si ha l’inversione sessuale con l’assunzione del sesso femminile e la conseguente formazione di uova. Quando il fenomeno avviene con passaggio dal sesso maschile a quello femminile, si parla di ermafroditismo proterandrico, quando, invece, l’individuo femmina diventa maschio, si parla di ermafroditismo proteroginico.
La vera strategia che assicura la perpetuazione della specie di una popolazione di pesci è basata proprio su questa sorta di “elasticità sessuale”, cioè sulla possibilità di cambiare sesso in funzione delle necessità contingenti, ma ciò si osserva solo in alcune specie. Ad esempio, in una comunità di pesci ermafroditi formata da un certo numero di femmine e da un solo maschio (harem), in caso di morte di quest’ultimo la femmina più grande diventerà maschio, per produrre spermatozoi e fecondare le uova delle altre femmine. E ancora, se in un harem c’è un numero di femmine troppo alto perché possano essere fecondate tutte da un solo maschio, anche in questo caso la femmina più grande cambierà sesso e andrà a dargli man forte.
Quando parliamo di “femmina più grande” ci riferiamo proprio alle sue dimensioni, infatti grandezza significa anche forza e tra i compiti del maschio di un harem non c’è solo quello di fecondare le femmine, ma anche quello di proteggerle dall’infinità dei pericoli in agguato in fondo al mare.
La teoria di Darwin
Quanto abbiamo esposto conferm[a che una popolazione di pesci, così come di animali terrestri, attua una serie di precise strategie per assicurare la perpetuazione della specie. Ci sono, però, molte cause letali, come patologie, aggressioni di predatori, a volte risorse limitate (cibo), per cui la maggior parte dei componenti la nuova generazione muore e il numero di individui che forma la popolazione resta più o meno invariato nel corso del tempo. Esiste, dunque, una sorta di legge naturale che impedisce che una specie, in condizioni normali, possa proliferare in maniera abnorme, mentre le strategie di sopravvivenza tendono, al contrario, a non farla scomparire.
Fu Charles Darwin a giungere alla conclusione che in ogni generazione sopravvivono e si riproducono solo i discendenti con caratteri ereditari vantaggiosi, trasmettendo i geni delle loro caratteristiche vitali alle generazioni future. I caratteri svantaggiosi, invece, tendono a scomparire insieme con gli individui più deboli che ne sono in possesso. Questo, in sintesi, è il famoso concetto della selezione naturale di Darwin, che sta alla base della teoria della evoluzione.
[Cicli biologici e riproduzione di pesci e altri organismi marini (2) fine]
Dott. Adriano Madonna, Biologo Marino, Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”