Ponza dell’anima
C’è una nuvola
a forma di balenottera,
spaventapasseri la insegue
mentre fugge da terra,
in mezzo al cielo d’agosto:
giace Ponza come una lingua
dimenticata, assiste divertita
alla fuga. Basta camminare
con lo sguardo nel corbezzolo,
per capire che il ficodindia
cresce negli anfratti
a picco sul mare: saprà
che lo aspetta un destino
come d’agave precario?
Sotto lo strapiombo
è azzurro lo scrigno del mare,
di sirena il canto che viene
ad aguzzare gli scogli.
Qualche granchio
viene a prendere il sole
nella caletta, a togliere
la salsedine di un’altra giornata.
Nuotano i vacanzieri
si trastullano nella barca selvaggi
padroni di un mare non loro,
che li guarda col sogno di annegarli.
Su questo lato, settentrionale,
si apre rigoglioso
il deserto azzurro del sale;
da qui, Ponza dell’anima, parte il viaggio
l’avventura, il mistero;
si apre il mare, è tutto vero,
se vuoi lo puoi navigare.