di Cristina Marotta
Stefano Sgambati, napoletano, è scrittore e pubblicista. Ha pubblicato Gli eroi imperfetti (Minimum fax).
Cristina Marotta lo ha intervistato per il nostro sito, durante la sua partecipazione alla terza edizione di Gita al Faro, il Festival letterario che si è svolto a Ventotene dal 23 al 28 giugno.
l. R.
Stefano Sgambati durante il reading
Cristina Marotta: Stefano, com’è stata questa esperienza ventotenese?
Stefano Sgambati: Magnifica.
Partivo pieno di paure: non sono tipo facile alle “aperture” con gli sconosciuti in generale; trovandomi poi a dovermi confrontare con scrittori enormemente più avanti di me quanto a carriera, capacità, fama, carisma, eccetera, posso dire che il mio viaggio di andata verso Ventotene è stato all’insegna dell’ansia e del pentimento. A parte il fatto che tutto è stato organizzato divinamente e che l’accoglienza sull’isola è stata bellissima, l’esperienza della convivenza forzata mi ha aiutato a scoprire cose di me nuove e interessanti. In questo caso non parlo della convivenza forzata con altri scrittori ma, più genericamente, con altri esseri umani.
Professionalmente, poi, è stato un viaggio accrescitivo di importanza aurea: ho rubato consigli e ascoltato conversazioni di alcuni tra gli scrittori italiani più bravi e talentuosi. L’ultima volta che ero stato in spiaggia con Marcello Fois, tanto per dire un nome, lui era in forma di libro: ieri eravamo insieme al ristorante a dividerci un’insalata di polpo.
In definitiva e riassumendo: un’esperienza che auguro a tutti gli scrittori a inizio carriera, com’è il sottoscritto.
CM: Confino e letteratura: perché il confino non ha prodotto grandi testi letterari, se si esclude la memorialistica?
SS: Non ho una risposta.
Non capisco bene quale sia il contrario di “confino”, a meno che non si parli di un’incarcerazione vera e propria. La scrittura, senza voler essere troppo evocativi o “ispirati”, è uno stato di perenne confino mentre si compie. Non spaziale, né emotivo: si può scrivere – e io stesso lo faccio – in libreria, in biblioteca, in luoghi pubblici rumorosi o con la tv e la radio accesa o coi figli che ti si aggrappano al collo, ma lo stato mentale di “confino” che necessita è sempre lo stesso, mi sembra e non può dipendere dalla geografia.
Forse non sono mai stati confinati scrittori abbastanza bravi, chi può dirlo? Ovviamente è una battuta.
CM: Qui a Ventotene, ogni scrittore-confinato è chiamato a produrre un racconto. Ci dai un’anticipazione sul tuo scritto?
SS: Il mio racconto è un’opera grottesca, ironica e – spero – divertente, liberamente ispirata allo stesso festival di Ventotene da me vissuto. Una “cena con gli scrittori”, ultimo e attesissimo evento di un importante festival letterario, si rivelerà essere in realtà un appuntamento assurdo, distopico: gli scrittori stessi, infatti, ospiti della manifestazione, verranno serviti come pietanze.
Stefano Sgambati con Elisa Ruotolo