Sono venuto a conoscenza di una ulteriore versione della storia del nostro Santo Protettore, grazie alla entusiasta co-redattrice di questo sito, Martina, che mi ha fornito in fotocopia uno stralcio della “Storia dei Papi” di Agostino Saba, edito dalla UTET, Torino 1939.
A San Silverio sono dedicate circa 5 pagine (illustrazioni comprese), per l’esattezza da pag. 179 a pag. 183 del 1° Volume (da S. Pietro a Celestino V), con presentazione di S. E. Pietro Fedele.
Oltre all’opera in questione, nel 1938 Mons. Saba pubblicò anche una “Storia della Chiesa” in quattro volumi, con la medesima casa editrice.
S.L
Agostino Saba, nato a Cagliari l’11.11.1888, fu ordinato sacerdote il 10.08.1914. Papa Giovanni XXIII lo nominò arcivescovo di Sassari il 16.03.1961. Morì l’anno dopo, il 19.01.1962 nella sua diocesi.
Indubbiamente molti nostri concittadini, in terra di Sardegna, avranno conosciuto questo dotto uomo di chiesa ed apprezzato le sue doti di pastore di anime e tanti lo ricorderanno, anche in occasione dell’attuale gemellaggio “Ponza – Aglientu”.
Mons. Saba introduce il personaggio in questione in piena “guerra gotica”, con l’inarrestabile avanzata del generale bizantino Belisario verso Roma e la fuga di Teodato, re dei Goti (poi ucciso) e del successore Vitige a Ravenna.
Papa Silverio, la cui elezione al soglio pontificio fu favorita – con molta probabilità – proprio da Teodato, aprì le porte di Roma a Belisario, evitando un inutile spargimento di sangue.
Ma Vitige, da Ravenna, mosse con 150.000 uomini e cinse di assedio la città.
“Roma fu assediata dal marzo del 537 al marzo del 538, un anno e nove giorni, nel qual tempo il duce bizantino dette prove di genio e di valore, resistendo con deboli forze ad un esercito poderoso. Il popolo romano era con lui. I Goti circondarono la città con sette accampamenti dinanzi alle porte principali e ruppero gli acquedotti. Le condizioni si fecero sempre più gravi per la città e la fame incominciò a fiaccare la resistenza… Mentre tutto questo avveniva, le cose del papa Silverio non procedevano felicemente”.
Infatti:
“L’imperatrice Teodora non riusciva a calmare il suo sdegno e desiderava vendicare la caduta del patriarca Antimo.
Ella poté servirsi del diacono romano Vigilio, che allora stava a Costantinopoli… Pare che Teodora sperasse molto nel futuro pontificato di Vigilio per le sue mene ereticali, e poté credere alle promesse del diacono, che del resto non potevano assolutamente favorire le simpatie monofisitiche della regina; ma ella si illudeva.”
“le simpatie monofisitiche della regina”. In questa sede l’autore non chiarisce il termine “monofisitiche”. Probabilmente tratta dell’argomento in altra parte dell’opera. Comunque il “monofisismo”, da cui quell’aggettivo discende, è una teoria che riguarda la natura di Cristo, elaborata da Eutiche, archimandrita di Costantinopoli (378 – 454) secondo la quale in Gesù era presente solo la natura divina. Mentre la dottrina ufficiale della Chiesa Romana sancisce che Cristo è vero Dio e vero uomo.
Il monofisismo ha seguaci ancora oggi nelle chiese cristiane di rito Copto e Armeno (dall’Egitto alla Siria).
Antimo, patriarca di Costantinopoli, era amico dell’Imperatrice Teodora e seguace della teoria monofisita di Eutiche; per questo il Papa Agapito, predecessore di Silverio, lo aveva rimosso dalla carica.
Mons. Saba, a proposito della figura di Vigilio, usa molta prudenza nel riportare i contenuti dei testi consultati, infatti afferma: “Le fonti storiche in proposito sono molto oscure e contraddittorie e non permettono di vedere troppo chiaro sulla condotta del diacono Vigilio. Il Liber Pontificalis ci dà una versione del tutto avversa a Vigilio desideroso del papato e di denaro. L’autore è un po’ partigiano, ma è difficile aderire ad una difesa del turbolento diacono, che ha agito spesso in modo deplorevole”.
Del resto il turbolento diacono, per detronizzare Papa Silverio, trova una preziosa alleata ne: “La consorte di Belisario, Antonina, al pari di Teodora, di abietta condizione, era lo strumento degno di servire la sdegnosa regina”.
L’accusa.
Con la complicità di Antonina “Si riuscì a costruire un documento dal quale appariva che Silverio trattava coi Goti per aprire ad essi la Porta Asinaria nei pressi di Laterano”. Quindi Papa Silverio fu accusato di alto tradimento.
“Silverio chiamato da Belisario al palazzo pinciano sentì non solo le accuse di tradimento rivolte contro di lui, ma l’imposizione a scrivere la condanna del Concilio di Calcedonia e la conferma dell’eresia monofisitica, caldeggiata da Teodora. Se avesse ceduto, l’accusa contro di lui non sarebbe stata più di tradimento all’imperatore, ma alla vera fede, e il pontificato sarebbe stato di nuovo vacante per il pretendente bizantino (Vigilio).
Ma Silverio resistette”.
“…Egli per tre volte tornò da Belisario. La terza volta fu diviso dai chierici che lo accompagnavano e introdotto nella sala chiamata ‘Mausoleo’ dove era aspettato da Vigilio, da Antonina che, fingendosi malata, stava a letto e da Belisario che le sedeva ai piedi. Appena il papa comparve, Antonina gli disse: – Dimmi o papa Silverio, che male abbiam fatto noi a te e ai Romani che hai pensato a darci nelle mani dei Goti tentando la nostra rovina?
Subito Giovanni suddiacono si accostò al papa, gli tolse le insegne della sua dignità, il pallio, e condottolo in una sala attigua lo vestì da monaco. Un altro suddiacono, Sisto, annunciò ai chierici che il pontefice era stato deposto e rinchiuso in un monastero. Tutti furono presi da terrore e fuggirono.
Belisario chiamò subito il clero per il giorno dopo e sotto la sua pressione, si passò all’elezione di Vigilio” il quale “Non cedette però ai desideri ereticali della Corte, né fu riconosciuto da tutti sino a che Silverio rimase in vita”.
Deposizione di Papa Silverio (C. Maccari – 1880)
L’esilio.
Silverio fu esiliato a Patara di Licia, il cui vescovo si recò dall’imperatore, prendendo le sue difese: – “Che hai tu lasciato fare? Dei re ve n’ha molti al mondo, ma nessuno è così sublime come il papa che regge l’intera Chiesa; e questo se ne va profugo in esilio? – Mentre l’imperatore si decideva di rimandar Silverio a Roma per riesaminare la sua causa con più giustizia, la fanatica Teodora e il diacono Pelagio a Costantinopoli lo fecero ricondurre in Italia, dove pare che la sua ultima sorte sia dipesa in gran parte da Vigilio.
Il povero Silverio fu trasportato nell’isola Palmaria, una delle tre isole che nel Mar Tirreno formano il gruppo Pontino, di rimpetto al promontorio Circeo.
In quell’isola di esilio sul suo capo si accumularono le umiliazioni e gli strapazzi che Teodora e i suoi complici gli avevano preparato, e presso Ponza finì di vivere dopo lunghe tribolazioni e forse di fame. E’ incerta la data della morte.
Ivi si racconta che molti malati si recavano alla sua tomba nell’isola e pregando vi trovavano la guarigione”.
Una breve considerazione.
La triste vicenda di Papa Silverio si svolge in un momento molto difficile della storia di Roma: la città rimane sotto assedio, da parte dei Goti di Vitige, per un lungo anno. Al di là degli intrighi di Teodora, coadiuvata da Vigilio, Antonina e cortigiani vari, occorreva che l’attenzione dei Romani si spostasse dall’assedio con i suoi drammi quotidiani a qualcos’altro, in modo che Belisario avrebbe potuto gestire meglio le difficoltà di quegli avvenimenti ed ecco che Teodora gli offre, su un piatto d’argento, il polverone della riabilitazione dell’eretico Antimo e l’accusa (falsa) del tradimento di Papa Silverio.
Infatti, sostiene sempre Saba: “Belisario, pur non credendo nella genuinità dello scritto (la lettera apocrifa da cui risultava l’accordo del papa con Vigilio), potè servire l’imperatrice, accusando il papa di alto tradimento”.
Silverio non fece alcuna reazione eclatante, si limitò a negare la riabilitazione di Antimo. Accettò passivamente e cristianamente il proprio destino. Non alimentò con contromosse quel polverone immondo e la storia presto gli diede ragione.
Immagine di copertina. S. Silverio secondo l’iconografia popolare