Come terra di un tempo storico in cui il sole scandiva le ore, e le necessità umane si combinavano con le evenienze atmosferiche, l’isola oggi respira pacatamente, come in un dormiveglia, intiepidito dal sole. Tanto che le viti evidenziano le pignette di un verde novello e il rigogolo occhieggia la nespola, e le rade rondini agitano lo spazio.
L’economia, che gli uomini abbrutisce, oggi attende i gruppi di turisti da Terracina a sciamare per terra e per mare. In mancanza si deprime nella inoperosità e sterilità. Il Centro storico è smanioso di trafficare, ma il flusso turistico manca, e ciò evidenzia le carenze storiche dell’economia ponzese: in affanno dietro a quanto si compie senza che essa sia minimamente implicata come agente di sprone e non soltanto come elemento passivo.
Eppure i gruccioni risuonano nell’aria e il gozzo di Patalano in quel tratto di mare fra Palmarola e Chiaiadiluna attesta la sua pesca e di fronte a Forte Papa si fa incetta di “perchie”.
Attende l’isola e si abbandona alla vita. Piange chi pur giovane non ha retto l’urto degli eventi, si interroga sui problemi che l’attualità impone, si dispone a riassettare le barchette per l’affitto, a mostrare i tavolini apparecchiati, come appendice ai ristoranti.
Gli isolani, esausti per un inverno al chiuso, attendono.
Agli occhi di un analista appare evidente la sconnessione, perché l’offerta è disgiunta dalla domanda e il commento del solito saputone infastidisce. Sta di fatto che la quotidianità vince su ogni programma in quest’isola che nella giornata si consuma e si bea.
Immagine di copertina: Un’opera di Lorella Fabro: The fair breeze blew