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Ne ho passati tanti di 25 Aprile e da quando credo di aver capito qualcosa, per me questa giornata ha un valore quasi sacro.
In quella giornata del ’45 la storia d’Italia ha potuto ricominciare ad essere scritta dagli uomini che avevano scelto la democrazia e la libertà come forma di gestione del bene collettivo.
Ho cercato, tranne una breve parentesi, di andare sempre in piazza, insieme ai miei amici, a festeggiarla.
Piazza del Duomo a Milano era, e rimane, la nostra meta.
Sono una quarantina di anni ormai.
Tanti, pochi? Boh?
A me piace il 25 Aprile.
E’ sicuramente una festa istituzionale ma se questa parola ha un senso, io la considero una festa di popolo.
Leggevo stamattina che quest’anno sono pure quarant’anni dalla “Rivoluzione dei garofani”.
Chi se lo ricorda quell’evento? Portogallo.
Eppure forse quello è stato uno dei segnali più forti che la vecchia Europa poteva mettere da parte finalmente gli ultimi cascami di un’epoca ormai condannata dalla storia.
Un gruppo di giovani ufficiali portoghesi mise fine definitivamente a un regime fascista che comandava il paese dagli anni venti.
Un regime nato più o meno ai tempi del fascismo italiano che aveva superato indenne la seconda guerra mondiale, le lotte dei movimenti di liberazione africani -il Portogallo era il paese che nel ’74 aveva ancora tante colonie in Africa- e cercava di conservarsi come se quanto andava succedendo in giro per il mondo non potesse superare le sue frontiere.
Decine di giovani partirono l’estate successiva per andare a vedere come si costruiva un paese “nuovo”.
Molti di questi, italiani, avevano nostalgia di un 25 Aprile del ’45 che non avevano potuto vivere in prima persona.
Non ci si annoiava alle manifestazioni del 25 Aprile.
Le coreografie e il passaggio di gruppi molto caratterizzati rendevano festa una giornata d’impegno.
Qualche volta volavano pure cazzotti.
Mi ricordo uno di 25 Aprile molto animato: era il 76?
Botte della madonna con quelli del PCI dalle parti della Rinascente.
Ci trattavano un po’ come i figli disubbidienti, solo che le botte le si pigliava ma le si restituiva pure.
E poi tanti altri momenti…
Dopo che Berlusconi ha incominciato a vincere, lo sport più praticato era quello di fischiare i suoi amministratori che, volenti o nolenti, salivano sul palco a dire qualche parola.
Era giusto o sbagliato non lo so: era divertente.
Certi 25 Aprile sono stati pesanti come montagne: quello del ’78 per esempio con Moro prigioniero delle Brigate Rosse.
Bisognava andarci ma “non volava una mosca”.
E poi quello nei tempi delle stragi di Capaci e via d’Amelio.
“E’ finito tutto” disse Antonino Caponnetto accompagnando per l’ultima volta Falcone e Borsellino.
Ma poi il 25 Aprile successivo lui c’era e me lo ritrovai davanti in piazza della Scala mentre la scorta lo faceva salire in macchina.
Mi venne naturale abbracciarlo, malgrado non si dovesse.
Antonino Caponnetto dopo i giorni del dolore e dello scoramento si rimise in cammino e andò a raccontare nelle scuole l’Italia migliore.
Conviene portare un po’ di rispetto a questa giornata.
Se c’è qualcosa di buono in questo paese –e ce n’è tanto- questo ha messo solide fondamenta il 25 Aprile del ’45.
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vincenzo
25 Aprile 2014 at 18:13
La piazza è in festa
Carri armati posano
sotto gli alberi, i negri
ridono, stendono le mani,
la gente nelle vie,
tutte le finestre al sole.
Giorno sacro d’aprile. Alti vocianti
feroci uomini nuovi.
“È finita la guerra”, questo
il popolo grida; gli anni si frantumano,
un mondo nuovo affiora ribollendo
dalla schiuma aspra del dolore.
La piazza bianca di calce, bianca nell’aria d’aprile,
tacque; un uomo apparve sul palco,
parlò poche parole aprendo
la nuova storia.
(di Roberto Roversi)