di Rita Bosso
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“A otto anni disegnavo come Raffaello; ci ho messo tutta la vita per imparare a disegnare come un bambino”; la celebre frase di Picasso mi è tornata in mente di fronte ai lavori di Cristina Marotta.
Gli aggettivi primitivo ed infantile, in genere, non si usano come complimenti; ma i pesci di Cristina sono primitivi in quanto rimandano ai graffiti rupestri, il mare è descritto da un bambino che lo vede per la prima volta e vuole evidenziarne gli elementi essenziali: il movimento delle onde; il fondale sabbioso; la fascia in cui nuotano i pesci, lattescente come gli è apparsa due secondi fa, quando si è immerso ad occhi aperti; il cielo azzurro. Questo è il frammento di mare che ha visto, questo riporta; non vuole arricchire né abbellire, non vuole spiegare né raccontare; vuole solo descrivere, con un atto di verità. Pertanto, la tavolozza contiene pochi colori spenti, quasi limacciosi; il mare turchese, i pesci scarlatti, le alghe verde smeraldo stanno da qualche altra parte, forse sullo sfondo del desktop.
La sabbia non è dorata ma nera: siamo a Ventotene, mica ai Caraibi! Il mare è una distesa azzurra uniforme e, sulla battigia, giacciono quattro scogli o quattro patelle impigliate in una rete; è una visione planimetrica di una spiaggia vista dall’alto, col mare inaccessibile per lo sbarramento del tronco. Anche in questo caso il bambino coglie gli elementi essenziali e ignora il resto; il mare, la spiaggia sono presenti ma lontani, lui non può accedere, dunque perché dovrebbe soffermarsi sui dettagli?
Ed è ancora del bambino l’esigenza di riquadrare, di incorniciare, non per abbellire ma per evidenziare, per escludere tutto ciò che, in questo momento, non interessa; nel qui-ed-ora del momento creativo contano solo questa specie di bivalve che sembra una farfalla ad ali piegate e il fondo ricamato e luminoso, la cornice serve a circoscrivere, funge da mirino.
- Cristina Marotta con Karl Potter ed altri percussionisti, a Ventotene
Lo stracquo fa parte della “terza vita” di Cristina Marotta; la creatività e la manualità, invece, l’accompagnano da sempre e la spingono verso tante esperienze diverse, tra le quali la musica occupa un posto centrale. Nata a Firenze, si stabilisce a Ventotene, il paese della nonna, negli anni in cui è sindaco Beniamino Verde che, in maniera concreta e lungimirante, opera contro lo spopolamento cui l’isola sembra condannata; a Cristina procura un posto di lavoro nell’amministrazione dell’area marina protetta, lei ritrova il contatto con la natura, stabilisce un rapporto con un ambiente che, all’epoca, appariva ricco di stimoli e di prospettive e decide addirittura di acquistare casa.
Le stagioni felici durano poco; dopo la morte di Beniamino Verde, Cristina viene licenziata e si ritrova, da un giorno all’altro, senza lavoro, senza stipendio e con il mutuo da pagare.
Fa lo stracquo per poter arredare casa e per tenere mani e mente impegnati; gli amici che circolano per casa la incoraggiano e la convincono ad esporre nella sala parrocchiale.
Va tutto venduto: per fortuna! Perché l’artista, alla vigilia dell’inaugurazione, fa uno scivolone e si frattura il braccio; se la mostra non avesse riscosso tanto successo, come avrebbe fatto a riportare i pezzi a casa?