di Rita Bosso
La verticalità, necessità e ragion d’essere di questi tronchi quando erano saldamente radicati al suolo, appartiene al passato; adesso è il momento di individuare le nuove linee energetiche che percorrono questi corpi, bisogna leggere le simmetrie e le asimmetrie che rendono possibili nuovi equilbri. Stefania Fantone ha sostato a lungo sulle rive del’isola, ricercando materiali di stracquo, sperimentando lo stone balancing di impronta zen, e ha riportato l’esperienza all’interno del Museo, in cui ha realizzato questa installazione.
Ma ri-vivere richiede la rinascita, e questa presuppone una gestazione: dove, se non in acqua?
Il mare ha consumato, intagliato, cesellato, riplasmato; ha nascosto nel buio dei fondali; ha messo in comunicazione con altre creature; ha intriso di luce e impresso di suoni; ha portato dentro di sé, come una madre col feto; ha nutrito, cullato e dondolato; ha appioppato energici schiaffoni, che fanno parte di ogni esistenza; ha fatto sperimentare tempeste e bonacce.
“Dal mare nasce la vita; dalla pan-thalassa, oceano primordiale, è nato tutto; noi uomini nasciamo come pesci, il primo elemento con cui veniamo in contatto è il liquido del grembo materno” spiega Stefania.
Abruzzese, inizia il proprio percorso formativo all’istituto d’arte di Chieti; entra poi nel laboratorio sperimentale di Gabriella Capodiferro, in cui approfondisce le tecniche espressive e il linguaggio visuale; fa parte del primo gruppo di artisti ospitati a Ponza dall’Associazione Calafelci, nell’ambito della rassegna: Lo Stracquo: l’arte che viene dal mare.