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Oggi che dai colli gialli si slarga un tenue spiro intriso del profumo discreto d’i ’uastaccette, insieme ad un’aria lattiginosa, e si appoggia sulla lastra del mare su cui è adagiata l’isola, è difficile che ’a malavéna si insinui come un tarlo nella mente e rosichi. Perché una invisibile continuità trapassa fra la natura e l’uomo e si intersecano le due entità e si condizionano.
Ma quando la fisicità grida la sua impotenza contro la malattia, e il dolore la avvolge completamente, lo sconforto esonda dalla corporeità ed avvolge le rappresentazioni e le figurazioni mentali. ’A malavéna diviene padrona d’ogni espressione. Senza forza la volontà, senza sprone il desiderio, senza ardore la passione.
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’A malavéna
roseca,
s’allarga,
nun pare
ma ’ncatena.
Te fa sufferente,
stizze i nierve,
tiene tutto
e tiene niente.
Te fa passa’ ’a voglia,
ammoscia ’a fantasia.
Senza fune
t’arravoglie.
Si’ scucciato,
si’ sfastediato…
è ’na pena
’a malavéna