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Riprendo il ragionamento di Mimma Califano e cerco di dare il mio contributo.
Anzitutto noto una differenza sostanziale fra lo scritto di Keller (leggi qui) e quello di Mimma (leggi qui).
La perdita di cui lamenta il giornalista svizzeri ha radici letterarie e poetiche.
La sua idea di isola è radicata nell’immaginario, nelle sensazioni, nelle escursioni estive e non nella esperienza continuata del vivere sull’isola.
Questo, per ribadire come le mie riflessioni si innestino non sul reportage bensì sulle considerazioni di Mimma, la quale allude e fa riferimento alle condizioni reali, provate, del vivere l’isola (specie in inverno).
Ebbene, per cercare un capo logico da cui partire non posso tacere che già negli anni ’80 la precarietà della vita ponzese, in molti suoi aspetti, era stata analizzata e portata all’attenzione nel libro: “Ponza, quale futuro ? – indagine socio- economico -culturale sull’isola negli anni ’80″.
Qui ai problemi evidenziati facevano seguito suggerimenti che avrebbero dovuto trovare eco nella POLITICA.
Ebbene questa è mancata. Perché essa (la politica cittadina) ha inseguito il guadagno turistico e questo, a sua volta, ha assorbito interamente gli interessi politici.
Una politica per gli affari, gli affari nella politica.
La colpa principale la attribuisco all’ignoranza, ossia alla non conoscenza delle relazioni che strutturano la vita cittadina.
Nessuna politica sportiva (ha portato a quanto lamenta Iannuccelli), nessuna politica scolastica (ha portato ai pianti odierni), nessuna politica giovanile, nessuna politica culturale (ha portato a sminuire la ProLoco, le Associazioni, ecc).
E lo spopolamento ? Non è figlia di queste carenze ?
Una politica ignorante ci ha ridotto cosi !
Responsabili TUTTI, noi tutti.
Amichevolmente vorrei supportare l’appello di Mimma invitando non a tramandare la cultura che viene dal passato a parole, bensì a viverla, a riproporla nella vita del calendario isolano.
Ma questo è possibile senza un Responsabile amministrativo per la Cultura ?
No, non è possibile.
Il che dà ragione alle passate municipalità che, per quel poco che poteva valere, l’Assessore alla Cultura l’avevano!
Nota dell’Autore. Chi volesse confrontare quanto qui detto con quanto scritto nel libro: “Ponza, quale futuro?” può farne richiesta a questo indirizzo mail: [email protected], e lo riceverà a casa, gratuitamente.
Immagine di copertina: Silvano Braido. Gli abitanti
Silverio Tomeo
6 Marzo 2014 at 12:52
“Una politica per gli affari, gli affari nella politica.”: su questa sintesi c’è solo da concordare. Ma la cultura non la fanno gli assessori alla cultura, spesso essa nasce prepotentemente e spontaneamente, e quando esiste un bravo assessore questo la comprende, la favorisce, la supporta, la “implementa”, per usare un brutto vocabolo di uso manageriale. Oppure se c’è il deserto culturale si semina, si innaffia, si stimola, si favoriscono spazi sociali e culturali, si promuovono culture e saperi. Un concetto ambiguo che si va ormai per fortuna dismettendo è proprio “la politica culturale”, come se la politica dovesse indirizzare secondo suoi criteri, ma saremmo a una forma di regime, o quantomeno di conformismo, che graverebbe sulla pluralità delle forme associative, espressive, artistiche. La rottura antropologica portata a Ponza dal turismo e dall’irruzione di una pessima modernizzazione senza modernità e democratizzazione è ormai irrecuperabile, adesso c’è solo da ricostruire il legame sociale, la memoria storica da far valere come bene comune, e resta da evocare con intelligenza uno scatto dal basso per una democrazia partecipativa e una cittadinanza attiva. Non tutto è perduto, mi sembra.
Franco De Luca
7 Marzo 2014 at 09:08
D’accordo, caro Silverio, la cultura vive autonomamente. Ma in una società nata e sviluppata dietro l’impronta istituzionale come quella ponzese, altrimenti si sarebbe estinta per lotte interne e mancanza d’alimento, il supporto “politico”, in quanto istituzionale e pubblico, aiuta. La dimostrazione è nei fatti: oggi che le istituzioni politiche a Ponza sono inesistenti (lo sottolinea spesso Gennaro Di Fazio) la cultura come fonte e ricchezza di identità è al lumicino.
Non considero l’Assessore alla cultura come risolutore in toto del disastro ma come spia che il problema, almeno quello, della cultura isolana sia avvertito. Diversamente si sta in quello stato di “non conoscenza”, di non avvedutezza (può anche dirsi ignoranza). Che toglie ossigeno a dà agonia al gruppo sociale.
vincenzo
7 Marzo 2014 at 11:54
Le altre amministrazione avevano un assessore al cultura?
Balzano aveva un assessore alla cultura?
Porzio aveva una assessore alla cultura!
Qual è stata la politica culturale ch’è emersa in quelle amministrazioni?
Quale messaggio cultura ha tramandato l’amministrazione Porzio?
A differenza degli anni passati in cui le amministrazioni avevano 6 assessorati, gli assessori adesso sono 3, quindi è impensabile avere un assessore anche alla cultura, semmai un consulente, un delegato, un coordinatore di attività culturali, sportive, ricreative, un direttore artistico ecc.
IO sto facendo delle interviste agli assessori, ai delegati, ai consiglieri, con l’obiettivo di comprendere se hanno delle idee, dei concetti di amministrazione e di governo dell’isoletta; che non abbiano visioni a compartimento stagno come è successo in passato, che la mano destra non sapeva cosa faceva quella sinistra. Come si fa a concepire che l’assessore all’urbanistica, per esempio, non abbia idea di quello che sia lo sviluppo economico che non può non tenere presente chiaramente una politica della cultura, dell’arredamento urbano, dei trasporti, dei lavori pubblici.
Si ha un’esigenza di “governo” dell’isola, al di là delle figure, che se sono inette sono controproducenti; si ha una esigenza di trasmettere, di comunicare, di far trasparire un’idea di isola, in un’isola che ha delle idee e sa innanzitutto valorizzare le proprie risorse umane, che ci sono.
In questi giorni ho visto movimentate spontaneamente, senza scopo di lucro, decine di giovani ad organizzare una manifestazione che si svolgerà questa sera. Queste risorse che ci sono, organizzate in associazioni e vogliono restare autonome e comunque si attivano per la cultura, per lo sport, per l’ambiente, la danza, per lo spettacolo, per la vita in quest’isola; questa gente c’è a Ponza ma a mio avviso devono essere coordinate, raccontate affinché possano lasciare un segno politico della loro presenza.
polina ambrosino
8 Marzo 2014 at 14:52
A Ponza, come credo dappertutto, chi si attiva nel sociale è sempre considerato come il matto del villaggio, poiché il darsi da fare per qualcosa che non porta un guadagno è considerato roba da matti. A Ponza, in modo particolare, da sempre, la cultura non è stata considerata per ciò che è veramente e cioè il cibo dell’anima e della mente, il volano per l’evoluzione, ma piuttosto un freno, un impedimento, un ostacolo a ciò che realmente conta: fare soldi. Quindi, le eminenti figure culturali che la nostra isola ha avuto sono state pressocchè emarginate in passato e praticamente dimenticate al presente. Questo modus operandi che è perdurato e perdura, vuole che la cultura sia semplicemente sinonimo di intrattenimento ma che assolutamente non intralci lo scorrere lento, elefantesco, della vita quotidiana isolana. Perché non abbiamo un museo? Perchè non abbiamo una biblioteca comunale o un archivio storico? Perché non abbiamo un teatro nonostante la concreta presenza di gruppi teatrali? Perché semplicemente, secondo la mentalità imperante, NON SERVONO. A che serve il museo? un sacco di gente i reperti archeologici li ha in casa….A che serve la biblioteca? si può leggere a casa propria e poi…ma chi legge?! A che serve un teatro? tanto si arrangiano nelle ex scuole medie e va bene cosi! A che serve un archivio storico? tutta quella roba vecchia, polverosa… mettiamola sul focarazzo di venerdì santo… Invece, in altri luoghi dove , fortunatamente per loro, qualche mutazione genetica nel dna sarà pure avvenuta, si è capito che la cultura, oltre ad essere ciò che distingue l’uomo dalla bestia, è anche fonte di molte attività anche economiche. I musei si pagano, e attirano sempre più gente, le biblioteche permettono di studiare anche a chi non ha la possibilità a casa di avere libri disponibili, oltre che essersi tecnologizzate ed essere diventate luoghi dove si possono fare lezioni anche universitarie in rete; i teatri permettono alle compagnie amatoriali locali di esibirsi, ma soprattutto, ospitano compagnie esterne, offrono spettacoli tutto l’anno anche in posti sperduti come il nostro, danno modo, in tutte le stagioni, di poter dare luogo a eventi culturali come convegni, presentazioni di libri, film in prima visione, spettacoli per le scolaresche… Se non si comprende quale grande potenzialità esiste nelle attività culturali, specie per un luogo cosi difficile come può essere l’isola, la cultura sarà soltanto quel sostantivo astratto che leggiamo sul dizionario e mai potrà diventare ponzese perché i ponzesi non ne hanno capito il valore.
vincenzo
8 Marzo 2014 at 16:31
Gli uomini e le donne che credono che non si vive solo di pane ma anche di libri devono prima riconoscersi, poi comprendersi ma alla fine devono unirsi affinché il messaggio da individuale diventi corale e quindi difficile da ignorare. Chi comincia a lavorare su questo versante?
Sia Franco Ambrosino, sia Giuseppe Feola, sia Maria Sandolo hanno detto che le associazioni sono una risorsa da valorizzare a mio avviso questa volontà politica deve essere perseguita con determinazione. Chi dei tre amministratori si prende il compito di organizzare una riunione convocando tutti i presidenti di associazione presenti sull’isola?
Volontà politica dell’amministrazione e unità d’intenti delle varie associazioni possono compiere l’operazione per una nuova cultura isolana.