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Per la prima parte leggi qui
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All’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940 Gaetano segue l’ammiraglio e viene imbarcato sull’incrociatore Zara (1) con il compito di portare i fonogrammi da terra fino a bordo dell’incrociatore dove ormai staziona fisso l’Ammiraglio Cattaneo.
Quando invece l’incrociatore è in navigazione, Gaetano è destinato ai turni sul punto di vedetta della nave (erano sempre in quattro i marinai di vedetta sul pennone).
Ed è da questa postazione che la notte tra il 28 e il 29 marzo 1941 vive la tragedia della battaglia di Capo Matapan, all’estremità della penisola del Peloponneso, in Grecia (2).
Gaetano non era l’unico ponzese a trovarsi a bordo dell’incrociatore Zara quel giorno, erano in tre, anzi sarebbero stati in quattro se Francesco Aprea non fosse sbarcato poco tempo prima in seguito alla morte di un fratello su un altro cacciatorpediniere.
Lo Zara, con oltre 1000 uomini di equipaggio, procedeva in testa alla formazione per andare a portare soccorso all’incrociatore Pola colpito dal fuoco nemico, navigava “a vista” non disponendo la flotta italiana di radar.
Nelle valutazioni successive la scelta di utilizzare un incrociatore e non un cacciatorpediniere in testa alla formazione, insieme a diversi altri fattori, sono stati poi considerati gravi errori.
Ormai l’oscurità era totale (quasi le 23) ed era anche cattivo tempo. Arrivati quasi in prossimità del Pola, all’improvviso i riflettori inglesi illuminano l’incrociatore Zara e su di esso si scatena l’inferno. Da tre diverse corazzate inglesi, Barham, Valiant e Warspite, che invece disponevano di radar, partono salve di grosso calibro che colpiscono in più parti lo Zara. In pochi attimi la nave si trasforma in un relitto tra fumo e fiamme.
L’inferno non è solo sullo Zara ma tutt’intorno, anche il Fiume viene colpito e nel giro di pochi minuti anche i cacciatorpediniere.
Il mare diventa costellato di rottami di ogni tipo, illuminato a tratti dai bagliori dei tanti incendi che si vanno sviluppando sulle navi colpite, uomini disperati con o senza giubbotto che si lanciano nelle nere acque, mentre uno spesso strato di nafta inizia ad avvilupparne la superficie.
Anche Gaetano si butta nelle fredde acque dell’Egeo, insieme a lui c’è un altro ponzese Vincenzo D’Arco. Cercano di aggrapparsi a dei pezzi di tavola che galleggiano, ma Vincenzo nel buttarsi in mare aveva bevuto tanta acqua, è frastornato forse anche ferito. Con la disperazione dei vent’anni resistono.
Affondate le navi italiane, gli inglesi iniziano a recuperare i marinai sopravvissuti.
Quando Gaetano e Vincenzo vedono arrivare una delle navi, capiscono che si devono allontanare da quel punto per non essere travolti.
Gaetano raccoglie tutte le sue forze e riesce ad allontanarsi nuotando, Vincenzo non è abbastanza pronto e viene travolto dalle eliche inglesi, sparendo tra le onde.
Le ore a seguire per Gaetano come per le migliaia di altri marinai italiani sono un calvario, tanti non resistono. Il mare è agitato, perciò le possibilità di sopravvivenza sono estremamente limitate, ma un aiuto inaspettato arriva dall’enorme quantità di nafta che coprendo la superficie del mare impedisce alle onde di rompere.
Solo all’alba Gaetano, semi assiderato, viene tratto in salvo su una nave inglese (in tutto saranno 279 gli uomini dello Zara che si salveranno).
I prigionieri italiani vengono portati in un campo ad Alessandria d’Egitto e qui può riabbracciare l’altro ponzese presente a bordo dello Zara e che si è salvato: Antonio Conte, Tunìn’ ’i copp’ i Cuònt’.
Dopo qualche mese viene trasferito a Pretoria in Sud Africa, e vi trova un’altra dozzina di ponzesi anch’essi prigionieri degli inglesi.
Nel marzo del 1943, viene trasferito in Inghilterra a Sheffield (3).
Nel frattempo aveva potuto far sapere ai familiari a Ponza che era vivo. Ai prigionieri era consentito di spedire una cartolina e una lettera al mese, potendo però dare solo notizie strettamente personali e positive, niente lamentele su vitto, dislocazione o altro.
Gaetano resta in Inghilterra fino alla tarda primavera del 1947, quindi all’incirca due anni dopo la fine della guerra. L’Europa era così devastata che era assolutamente sconsigliato affrontare prima il viaggio dall’Inghilterra fino a Ponza.
In quegli anni prima da prigioniero e poi presso una fattoria della zona (dove si occupa principalmente delle mucche) impara a parlare abbastanza bene l’inglese e rispolvera un’arte imparata da bambino: intreccia’ i canìst’.
Gaetano Mazzella in una foto degli anni di prigionia in Inghilterra
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Note
(1) – Lo Zara fu un incrociatore pesante della Regia Marina, che diede il nome alla omonima classe, evoluzione della classe Trento, che comprendeva anche le navi Fiume, Pola e Gorizia. Nella battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941): lo Zara fu affondato assieme al Fiume, al Pola e ai cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.
(2) – La battaglia di Capo Matapan, nell’Egeo. La giornata del 28 marzo 1941 e quel che ne seguì durante la notte sono considerati la peggiore pagina della seconda guerra mondiale per la Regia Marina Italiana (la quinta per importanza di tutto lo scacchiere mondiale), con conseguenze disastrose in termini di perdite di vite umane e di mezzi navali, oltre agli esiti negativi successivi sullo stesso conflitto per la Marina Italiana.
(3) – Sheffield. Città di circa 500.000 abitanti del South Yorkshire nella parte centrale dell’Inghilterra.
[Gaetano Mazzella d’a spiaggia ’i Santamaria (2). Continua]
sandro vitiello
15 Gennaio 2014 at 13:39
Leggendo questa storia mi è venuto in mente un bellissimo film di diversi anni fa: “Another Time, Another Place” del regista Michael Radford.
Narra la storia di un gruppo di prigionieri italiani della seconda guerra mondiale deportati in Scozia.
Chissà se Gaetano Mazzella ha avuto modo di vederlo?
Sandro Russo
15 Gennaio 2014 at 14:15
Bravo Sandro,
me lo ricordo anch’io! L’attore che fa Luigi, il soldato italiano (…pure napoletano era!) è il bravissimo Giovanni Mauriello, uno dei fondatori della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che ad un certo momento coinvolge la gelida signora inglese in un’infuocata tammurriata e quella …si scioglie tutta!
sandro vitiello
15 Gennaio 2014 at 14:21
…infatti.
Quel film è soprattutto una bellissima storia d’amore e di incontro tra mondi diversi.
La grigia e fredda Scozia (almeno nel film) e il “calore e il colore” di questi strani italiani che anche se “prigionieri” si regalano e offrono momenti di felicità.
sandro vitiello
15 Gennaio 2014 at 21:08
…e giusto per aggiungere un altro dettaglio, una mia amica all’età di 50 anni ha scoperto di avere una sorella scozzese.