Un mio amico è andato martedì sera al consiglio comunale e poi incontrandomi per strada mi ha detto: “Professo’ aumentano le tasse”.
Io mi sono detto che era inevitabile: se non si fa il dissesto si aumentano le tasse!
Ma il cittadino onesto, e ripeto onesto, come fa a pagare le tasse, le imposte comunali, regionali, statali?
Molta gente che ha un reddito da lavoro dipendente non arriva a coprire le spese mensili ed è costretta a fare mutui in banca. Mutui che creano debito, debito che non potrà essere onorato.
Per mantenere i “tenori di vita” – e cioè i consumi per una qualità di vita moderna e a Ponza questi costi sono alterati, “edulcorati dai trasporti e dall’inefficienze distributive ed energetiche” – la gente è costretta a chiedere prestiti alle banche.
Molta gente ha attività estive, attività che sono produttive solo venti giorni e che riescono con quei guadagni a stento ad arrivare ad aprile: con quei guadagni come si pagano i rincari delle concessioni e come si affrontano i nuovi investimenti per essere concorrenziali?
Anche se sono stato sempre contrario a queste elezioni cerco di mettermi nei panni degli amministratori comunali: se ci sono dei debiti pregressi bisogna pur pagarli (un po’ come quella famiglia di cui parlavo prima), quindi tutti i cittadini proporzionalmente ai loro redditi, ai loro beni, ai loro consumi, si devono accollare i costi di gestione.
Una volta dalle mie parti si diceva: “Pagare tutti pagare meno”, ma c’è chi non paga e voi pensate che a non pagare siano i più poveri? Io ho i miei dubbi; a non pagare sono quelli capaci di mantenere a stipendio un avvocato e a fare ricorso: quindi a non pagare sono i più ricchi!
Ma allora un’amministrazione che non vuole fare il dissesto finanziario del comune e non vuole dare il colpo di grazia ai suoi cittadini, quelli più poveri che comunque pagano le tasse, deve cominciare ad attrezzarsi per perseguire i più ricchi, anzi addirittura deve cominciare a fare una politica per favorire i poveri, i redditi bassi, le imprese a carattere familiare che hanno redditi che non superano i 20.000 euro annui.
Leggo dalla relazione di previsione programmatica 2011/2015 che anche questi amministratori hanno compreso che le maggiori economie insediate nel Comune sono:
a. Turismo
b. Commercio
c. Pesca
d. Edilizia
Questa economia è stata sviluppata da uomini, donne e vecchi: famiglie che vivono su questo scoglio e vorrebbero continuare a viverci.
Ad Antonio che era preoccupato ho risposto: “L’amministrazione, oltre alle tasse, può fare una politica per noi residenti che viviamo tutto l’anno su questa isola; Antonio, facciamo in modo che questi nostri amministratori lo capiscano e lo capiscano in fretta”.
vito favata
28 Novembre 2013 at 18:31
Ho letto attentamente su Ponza racconta quello che ha scritto Vincenzo Ambrosino. Egli ci porta a conoscenza che martedì sera un suo amico è andato al Consiglio Comunale e gli ha riferito che sono aumentate le tasse. §
Nello scritto Vincenzo dice: – Se non si fa il dissesto aumentano le tasse.
Fin qua concordo con Vincenzo, ma visto che ero presente al Consiglio Comunale e ho assistito a tutte le predicucce fatte dal sindaco, considerato che lo stesso dichiarava pubblicamente che a Ponza vige un’evasione fiscale di circa €. 700.000,00 euro per tributi non pagati, quali acqua, rifiuti solidi urbani, ecc., mi domando perché, prima di aumentare le tasse specie l’Irpef Comunale che dallo 0,1 sale allo 0,6 incidendo sui lavoratori dipendenti e pensionati, l’amministrazione non si preoccupa di stanare questi evasori per far pagare loro quanto dovuto alle casse comunali e non appesantire sempre i soliti che pagano fino all’ultimo euro di tasse.
vincenzo
29 Novembre 2013 at 17:50
Caro Vito il mio amico Antonio mi ha fatto una lunga relazione su quello che ha detto il Sindaco in consiglio Comunale
Ha detto che solo 12 persone residenti a Ponza hanno dichiarato più di 100mila euro di imponibile. Il sindaco e altri 4 “forestieri” sono fra i 12. “Possibile che solo 8 ponzesi doc guadagnino oltre 100mila? E gli albergatori, i pontili, i ristoranti?” Il Sindaco dice che conosce almeno 40 persone che guadagnano oltre 100mila euro solo nella settimana di Ferragosto.
Ancora: che ci sono oltre 700mila euro di tasse (Ici, Imu) o bollette (Tarsu, Idrico) che il comune deve incassare. E ha detto in Consiglio che ha nomi e cognomi, che non poteva dire per rispetto della privacy, e che la maggior parte dei morosi sono proprio gli operatori più importanti.
Questi sono gli evasori. Per colpa loro Lui era costretto ad alzare alcune tasse. Ma a quelli non darà tregua, ora che li conosce. O pagano l’acqua o gliela chiude. O pagano la Tosap o gli nega l’occupazione del suolo pubblico. O pagano Ici e Imu arretrate o avranno l’automobile pignorata, e poi le suppellettili, poi i mobili, poi la casa.
Quindi sembra, caro Vito, che il Sindaco voglia applicare la regola che io ho ricordato “Pagare tutti per pagare meno”. Quindi senza pietà.
Il principio democratico della tassazione è semplice: meglio poco da tanti che tanto da pochi.
Evasori, morosi e furbetti impediscono che questo si attui.
Ma dopo la relazione di Antonio ho affrontato un dibattito diretto con alcuni amministratori questi mi dicevano:
“Sbagli quando dici “se non si fa il dissesto si aumentano le tasse”. Certo, per scongiurare il dissesto (e l’abbiamo fatto) sono aumentate alcune tasse. Ma il dissesto comporta che tutte le tasse possibili e immaginabili siano al massimo, che siano abolite le diversificazioni (Ponza Porto / Le Forna) che finora hanno un po’ salvaguardato i meno fortunati, che il Comune non possa spendere un euro che è un euro che non sia per gli stipendi e i pagamenti dei debiti… Sarebbe proibito anche dare 100 euro per la festa di San Silverio!
Quindi dissesto è uguale a salasso e per questo lo abbiamo scongiurato.”
Ma io ricordavo che bisogna fare una politica a favore della gente onesta e meno abbiente.
Mi hanno risposto:
“Per una Politica a favore dei più poveri? E’ nelle misure adottate in Consiglio. Ad esempio l’odiata Tares che obbliga i Comuni a incassare quanto si spende per la raccolta dei rifiuti, il conferimento in discarica e altro (illuminazione pubblica e manutenzione strade comunali, che prima pagava lo Stato)…
Per la Tares abbiamo suddiviso Ponza in cinque “quartieri” invece di due (Porto e Forna). Sono Porto, Giancos, S. Maria, Forna Chiesa e Cala Caparra. Percentuali ovviamente in discesa dal Porto a Caparra.
Poi abbiamo limitato gli aumenti alle piccole attività commerciali (alimentari, calzature). E abbiamo caricato di più sulle attività più remunerative (ristoranti, alberghi).
Sono prime misure di equità non ti sembra?”
Io poi ho riproposto il mio “pallino sulla salvaguardia della residenza” e gli amministratori mi hanno detto:
“I residenti tutto l’anno?… In Consiglio abbiamo approvato il nuovo regolamento della Tosap (ora si chiama Cosap) e le nuove tariffe che scattano il 1° gennaio 2014. Fino a ieri pagava di meno chi restava aperto di meno, e di più chi restava aperto tutto l’anno. Da domani sarà il contrario: tariffe più basse a chi resta aperto dieci mesi (cioè un anno), tariffe medio-alte a chi resta aperto sei mesi, tariffe altissime e giornaliere a chi resta aperto ancora di meno.
Anche questo è un primo passo nella direzione che hai sempre auspicato”.
Caro Vito questo è quanto ho appurato. Spero che al nostro colloquio intervengano altri e soprattutto mi aspetto che intervengano Ferraiuolo e D’Arco dell’opposizione.
Pasquale
30 Novembre 2013 at 14:54
Caro Vincenzo
Questo dibattito mi offre l’opportunità di fare una riflessione che esula dai problemi dell’Isola. Ha un carattere, come dire, un po’ generale. Come al solito io mi appello alle mie memorie per esporre il mio pensiero. Come tu ben sai, una volta, per pesare la merce, c’era la bilancia che aveva due bracci e due piatti. In un piatto si ponevano i pesi che avevano forma di cilindro con una piccola cupola, per essere prensile, nell’altro la merce . I pesi erano di tantissime misure da 3 Kg. a 5 gr. (vi erano anche quelli a forma ottagonale con un cerchio che serviva da gancio). Detto per inciso sarebbe bello fare una mostra di tutte queste “apparecchiature” antiche. Si faceva così: deposti i pesi in un piatto, nell’altro veniva versata, a mano a mano, la merce fino a che la bilancia oscillava in pareggio. Ciò, in alcune bilance, era anche visibile tramite un piccolo oblò, posto al centro della base, dove oscillavano due lancette. Se la merce si aggiungeva da un lato, dal’altro bisognava mettere ulteriori pesi. Orbene è sacrosantamente giusto che tutti debbano pagare il giusto, altrimenti lo Stato, gli Enti locali (in definitiva siamo noi), non si reggono. Ma è anche altrettanto sacrosantamente giusto che bisogna che la merce si adegui (specialmente oggi) al peso che sta dall’altra parte della bilancia. In pratica penso che bisogna, anche e soprattutto, parlare degli sprechi: devono finire. Se, infatti, da una parte si pone sempre più merce, per lo più inutile, dall’altra il peso ( in tutti i sensi) non può far altro che aumentare. L’utilità o meno dipende, secondo me, dalla condivisione. Un po’ come avviene in famiglia quando si decide di comprare o non comprare un oggetto (dovrebbe essere adeguato alle entrate ed avere una certa utilità). E non parlo tanto, perché è risaputo, dei macro sprechi. Quelli, tanto per intenderci, di cui tutti siamo a conoscenza. Ma dei micro sprechi, quelli, diciamo striscianti. Quelli che fanno perdere tempo e denaro ai cittadini. Si è calcolato, infatti, quanto denaro perde chi lavora in proprio o il datore di lavoro (sia esso privato sia pubblico) quando si è obbligati ad assentarsi dal proprio posto di lavoro per sbrigare faccende burocratiche? Quando ci si deve presentare obbligatoriamente in certe ore ed in certi giorni presso qualsiasi ufficio, sperando, oltretutto, che basti una volta sola? Quanto costa a chi lavora in proprio? Quanto al datore di lavoro o al dipendente stesso se quest’ultimo è costretto ad assentarsi per ottemperare a questi obblighi? E’ uno spreco di energie e di soldi. Per non parlare poi di quando si sprecano i soldi pubblici in opere che non valgono per quanto si è speso, oppure che si realizzano in parte, o peggio ancora, che si progettano e non si realizzano per vari motivi(a volte politici, a volte perché, e non è un caso raro, si è sbagliato il progetto). Chiedo: con quali soldi è stato pagato il progetto non realizzato e/o l’impresa che non ha portato a termine il lavoro? Semplice: con quelli della comunità che di conseguenza si tartassa ulteriormente e purtroppo a pagare, come sempre, sono i soliti ” noti” Se non si attua una politica in cui, come nelle antiche bilance, le lancette oscillino parallele, i pesi alla fine saranno talmente pesanti che la bilancia si sfascerà.
Ti saluto
Pasquale
vincenzo
30 Novembre 2013 at 16:03
Caro Pasquale continuerò a parlare di questi argomenti e spero che darai il tuo contributo, alla discussione perché da queste parti si fa orecchie da mercanti ma non si è capito che c’è poco da mercanteggiare: condivido che la bilancia rischia di sfasciarsi.