di Francesco Ferraiuolo
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Negli anni giovanili, insieme ad autori come Machado e Jiménez, amavo leggere Lorca.
Soprattutto, di García Lorca mi attirava il poetare impegnato, libero, modernistico, a volte surrealistico, dal sapore gitano, istintivo e diretto, sempre pronto a cogliere situazioni, immagini, voci, stati d’animo, momenti tragici, in un rapporto continuo tra l’uomo ed il mondo della natura; tutte cose insieme da cui faceva scaturire una poesia, piena di tutto, intrisa di pathos, che ti avvolge e ti prende pienamente.
In quegli anni, sognavo ed immaginavo la Spagna attraverso la poesia di Lorca.
Sarà scontato – Lorca ha prodotto opere anche più importanti -, ma come dimenticarsi del famoso “Llanto por Ignacio Sanchez Mejías” (1935 – Lamento per Ignacio Sanchez Mejías), il suo grande amico torero morto durante una corrida?
Ricordo a chi legge, per inquadrare senza sforzo della memoria, i primi (famosi) versi tradotti in italiano della predetta ode :
Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
Alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
Alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
Alle cinque della sera.
…………
Ebbene, l’altro giorno, riprendendo tra le mani un libro di poesie di García Lorca, per rileggermene alcune, mi sono imbattuto in una che avevo quasi dimenticato.
Ho riprovato un’improvvisa emozione, un piccolo tuffo al cuore, lo stesso di tantissimi anni fa, nello scorgere nel titolo di una di esse un nome tra noi ponzesi molto noto, abituale ed amato: Silverio, il nome del nostro Santo Patrono.
Si tratta della poesia intitolata “Retrato de Silverio Franconetti” (Ritratto di Silverio Franconetti).
Silverio Franconetti nacque a Siviglia nel 1831 e vi morì nel 1889.
Suo padre Nicola, ufficiale della guardia vallona, era italiano, nativo di un paese del Lazio, verosimilmente, penso, del Frusinate (S. Silverio è co-protettore insieme a S. Ormisda anche di Frosinone, con cui Ponza è gemellata).
Sua madre, Maria de la Concezione Aguilar di Siviglia, come si intuisce dal nome, era spagnola; si sa che la famiglia si trasferì a Moron de la Frontera (Siviglia).
Silverio Franconetti venne considerato, al suo tempo, il più grande cantante di flamenco, un’arte andalusa nata nel sud della Spagna.
García Lorca definì il canto di Silverio “Il denso miele d’Italia col nostro limone…”.
Nei versi dedicati a Franconetti, volle esprimere i sentimenti e le emozioni trasmessi dalla sua voce potente e prodigiosa, che dominava tutti gli stili.
Alcuni storici del flamenco definirono Silverio Franconetti il “pontefice del canto jondo” [Cante hondo o cante jondo è uno stile vocale del flamenco, una forma non degradata di musica folclorica andalusa, il cui nome significa canzone profonda].
Vi lascio con i versi tradotti in italiano (da Carlo Bo) della poesia di García Lorca intitolata, appunto, “Retrato de Silverio Franconetti”:
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Mezzo italiano
e mezzo flamenco,
com’era il canto
di Silverio?
Il denso miele d’Italia
col nostro limone,
scorreva nel pianto profondo
del siguiriyero.
Il suo grido era terribile.
Dicono i vecchi
che si rizzavano
i capelli,
e si apriva il mercurio
degli specchi.
Passava fra i toni
senza infrangerli.
Fu un creatore
e un giardiniere.
Un creatore di pergole
per il silenzio.
Ora la sua melodia
dorme con gli echi.
Definitiva e pura.
Con gli ultimi echi!
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Tratto da Poema del cante jondo, in: Federico García Lorca, Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1983