di Francesco Piras
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“Gli astri avevano un tempo
parlato agli uomini.
Che oggi tacciano, era il destino
del mondo,
il loro silenzio può pesare
all’uomo sulla terra.
Ma in quel silenzio matura
ciò che gli uomini dovranno dire
agli astri”
[Rudolf Steiner, 25 dicembre 1922]
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Nell’ultima puntata abbiamo visto che cos’era il Sole per gli antichi greci e quale sarà la sua fine tra cinque miliardi di anni.
Ma come fanno gli astronomi a sapere come finirà il nostro Sole? E’ molto semplice. Ogni stella ha una storia, e come ogni storia che si rispetti è fatta di una nascita, di una vita e di una morte. È una storia che ci riguarda da vicino , perché sfocia nella nostra. In fondo, che cosa siamo, se non polvere di stelle?
Esplorando il cielo si possono osservare stelle che sono appena nate, stelle che si trovano a metà della loro esistenza e stelle che stanno per morire.
C’è una stella molto studiata dagli astronomi che ci aiuta a capire la fine che farà il nostro Sole. Si chiama Arturo e fa parte della costellazione di Boote, il pastore.
Ma cos’è Boote?
Boote è una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo, e anche una delle 88 costellazioni moderne. Nei suoi confini si trova la quarta stella più luminosa del cielo, Arturo (Arcturus).
Secondo gli antichi greci, Boote era il figlio di Demetra, la dea greca dell’agricoltura. Era un giovane bellissimo, ma questo aspetto conta poco, perché oltre ad essere bello era intelligente, determinato e consapevole dei propri doveri verso il prossimo. Quando vide che gli uomini della terra faticavano a procurarsi il cibo decise di aiutarli. Capì che se si fosse limitato a procurar loro di che nutrirsi, gli uomini avrebbero avuto sempre bisogno del suo aiuto. Decise quindi di dar loro la possibilità di provvedere a se stessi, di rendersi indipendenti. A questo scopo inventò e costruì un aratro e lo inviò sulla terra. Da allora gli uomini poterono arare i campi, coltivarli e nutrirsi dei frutti del proprio lavoro. Per questo nobile gesto gli dei decisero di rendergli onore collocandolo nel cielo accanto all’Aratro.
Questo mito l’ho trovato nel libro “Due passi tra le stelle” che mi ha consigliato il caro amico e organizzatore delle serate di “Ponza delle Stelle”, Mario Balzano (leggi qui, e qui), che saluto caramente insieme a tutto il suo gruppo di collaboratori.
Questo breve ma istruttivo racconto si può riassumere in una frase dell’antica filosofia zen che dice: “Se ti dono un pesce ti sfamo per un giorno, ma se ti insegno a pescare ti sfamo tutta la vita”.
Ma dov’è la costellazione di Boote e, soprattutto, dove si trova la stella Arturo?
È difficilissimo vedere un pastore in cielo, quindi per trovare la sua costellazione, si ricorre ad un ‘trucco’. Bisogna trovare, prima di tutto, l’aratro o, meglio ancora il “ Grande Carro” che è la nota costellazione che è formata da 7 stelle luminose.
Stella polare. Piccolo e grande carro
Proseguendo quindi la curvatura suggerita dal timone verso sud, si arriva a individuare una stella di colore marcatamente arancione, una fra le più luminose del cielo. Questa stella è Arturo, la α Bootis.
Ecco un’immagine (tratta dal libro “Due passi tra le stelle”) che vi aiuterà a capire meglio (cliccare sempre sulle immagini, per ingrandire). Gli antichi cinesi dicevano: “un disegno vale più di mille parole”.
Con magnitudine di 0,06, Arturo è la stella più luminosa del cielo boreale e la quarta di tutto il cielo, dopo Sirio, Canopo e alfa Centauri.
Questa stella ci dice la fine che farà il nostro amato Sole.
È 115 volte più luminosa della stella più vicina a noi, rispetto alla quale ha un diametro 32 maggiore ma una densità pari ad appena 3 dieci millesimi.
Sole e Arturo hanno circa la stessa massa, ossia la stessa quantità di materia.
Questo significa che hanno circa lo stesso peso.
Allora, che cos’è che le fa apparire diverse?
La risposta è molto semplice: la loro diversa età.
Il nostro Sole ha circa 5 miliardi di anni e sta “nel mezzo del cammino di sua vita”; gli restano da vivere ancora 5 miliardi di anni (!).
Arturo di anni ne ha dieci miliardi e gli resta da vivere ancora qualche milione di anni.
Ecco perché il nostro Sole è una stella media di colore giallo mentre Arturo è una stella gigante di colore rosso.
Facciamo una parentesi. La stella più grande conosciuta è VY Canis Majoris: 2100 volte più grande del nostro Sole in termini di diametro relativo:
Tra le stelle che si vedono in questa impressionante sequenza, figura anche Arturo…
Un raggio di luce di Arturo nel 1933 servì per uno strano rituale: fece scattare un fotorelais che accese tutte le lampade della fiera mondiale del progresso di Chicago.
Allo scopo fu scelta Arturo perché la fiera precedente si era tenuta nel 1893, quaranta anni prima, e 40 anni luce era allora valutata la distanza di questa stella. In realtà la distanza oggi accertata è di 37 a.l. (anni luce)
Arturo è importante nella storia dell’astronomia perché detiene alcuni curiosi primati.
Intanto è la prima stella che, con l’aiuto del telescopio, è stata osservata in pieno giorno nel 1635.
Un altro primato è assicurato ad Arturo dal suo “moto proprio”: tra le stelle più luminose è quella che si sposta più velocemente. In 800 anni percorre in cielo una distanza pari al diametro apparente della Luna.
Attualmente si sta avvicinando al sistema solare puntando in direzione della costellazione della Vergine che raggiungerà tra mezzo milione di anni.
Una volta che Arturo sarà arrivato, non potrà più essere visto ad occhio nudo dalla terra.
Questo singolare comportamento è dovuto al fatto che Arturo è una stella dell’alone galattico, quel polverio di stelle e di ammassi globulari che orbitano al centro della Via Lattea fuori dal suo piano equatoriale.
Arturo è anche la prima stella di cui si è cercato di misurare la distanza.
Infine un altro primato di Arturo sta nel fatto che fu la prima stella di cui sia stata misurata la temperatura con un foto-galvanometro. Si è potuto verificare che Arturo ci riscalda come una candela accesa posta a 8 km di distanza.
Nel 1627 Schiller nel suo “Coelum Cristianum” (*) vide in questa costellazione la figura di papa San Silvestro (ignoto l’anno di nascita – morto nel 335).
Nota
Da parte dell’astronomo gesuita Julius Schiller (1580-1627) ci fu un tentativo di “cristianizzare” il cielo per liberarlo dagli antichi dei. Nel suo “Coelum stellatum cristianum” i dodici segni zodiacali divennero i dodici apostoli e le altre costellazioni vennero associate ad altre figure di santi. Ma questo tentativo non venne preso in considerazione neppure da papi e cardinali che continuarono a far affrescare i loro palazzi con le immagini astrali classiche.
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[Passeggiate nel cielo- (4) – Continua]