a cura della Redazione con la collaborazione di Linda Mastropietro e Simone Casalino
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Nell’autunno del 2010, ad uno degli ultimi incontri Ponza-a-Lanuvio Day [prima di confluire in Ponza racconta – (NdR)] Giuseppe Mazzella si presentò con un cestino elegantemente confezionato coperto di carta trasparente e infiocchettato.
Trattandosi di un incontro anche mangereccio – sottosezione “Cucina & Nostalgia” – aveva avuto la bella idea di portare una prelibatezza conosciuta da pochi. Sorpresa in parte riuscita, perché qualcuno questi frutti davvero non li aveva mai visti né assaggiati; la maggior parte invece li conosceva bene; e così lo portammo a vedere il nostro albero, piantato più di una ventina di anni orsono, che nella stagione giusta produce frutti (e spine!) in abbondanza.
E’ un alberello abbastanza diffuso anche a Ponza, specie nei giardini più vecchi – per esempio è presente nel giardino di Romolo a Santa Maria, dove l’abbiamo fotografato qualche anno fa – leggi e vedi qui.
Il nome botanico del giuggiolo è Zyziphus sativa; è una pianta dalla folta vegetazione e dai frutti caratteristici (Fam. Rhamnaceae). Una pianta della stessa Famiglia, ben conosciuta a Ponza, è il Rhamnus alaternus, ’u lantiérne (Ernesto), detto anche sanguaniélle (Flora Illustrata di Ponza dei f.lli Mazzella).
Alaterno (lantiérne), Fam. Rhamnaceae (come il giuggiolo)
Il giuggiolo è di origine medio-orientale (probabilmente dalla Siria), arrivato in Italia più di duemila anni fa attraverso l’Arabia; sicuramente lo conoscevano i Romani. Essendo molto rustico e di facile acclimatazione nel nostro clima, è verosimile che sia presente nella nostra isola dall’epoca dell’insediamento romano.
È un alberello alto 4-6 metri, dall’aspetto piuttosto contorto, con rami irregolari e spinosi (ogni nodo presenta una coppia di piccole spine); la corteccia è rugosa. Le foglie, piccole e a caduta autunnale, sono lucenti e coriacee. I fiori piccoli e verdastri appaiono in giugno.
I frutti sono appunto le giuggiole (i chiéchiere), assomigliano a grosse olive ma ancor di più ai datteri, e possono essere consumati essiccati o semi-appassiti.
Le giuggiole apportano più vitamine dei datteri; in particolare quelle del gruppo C. Possono essere di due tipi: dalla forma oblunga o rotonda. I frutti, verdi all’inizio, diventano poi sono marrone a chiazze e poi definitivamente marrone scuro a maturità, di sapore gradevolmente dolce acidulo.
I primi frutti sono pronti a settembre e gli ultimi ad ottobre, ma possono essere essiccati e conservati, in modo da essere consumati in seguito.
Un alberello di giuggiolo, certo impiantato di recente, dai frutti grossi e rotondi, è a Palmarola, fronte spiaggia, nel terreno della maggiore casa e proprietà dell’isola.
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Le giuggiole… qualche tipo di attratttiva sull’immaginario popolare devono averlo, se non corso del tempo si sono prodotte nella lingua italiana numerose espressioni che le citano! …Per esempio “giuggiolino”, bambino buffo e grassottello, o “giuggiolone”, di persona semplice e credulona.
Come pure l’espressione “andare in brodo di giuggiole”, per indicare il massimo della felicità, registrata nel Vocabolario dell’Accademia della Crusca fin dal 1612.
Per curiosità e esperimento si riporta qui di seguito la ricetta del brodo di giuggiole, ricavata da varie fonti nel web.
Ci sono diversi tipi di ‘brodo di giuggiole’: un liquore, una marmellata, e questa versione semiliquida. Tutti hanno tutti gli stessi ingredienti, con una maggiore o minor aggiunta di acqua; ovviamente per ottenere il liquore va aggiunto alcool.
In tutti i casi bisogna lasciar appassire le giuggiole in modo che diventino più tenere e con la buccia simile a quella dei datteri.
Questi gli ingredienti:
1 chilo di giuggiole (da snocciolare prima)
1 chilo di zucchero
2 grappoli di uva zibibbo (fresca, senza i graspi)
2 bicchieri di vino preferibilmente rosso
2 mele cotogne a pezzeti
la buccia grattugiata di 1 limone
acqua quanto basta.
Portare il tutto ad ebollizione e cuocere fino ad ottenere una specie di purée denso e cremoso, di colore scuro.
Passare al setaccio il composto (o passare col passa-pomodoro), imbottigliarlo e conservarlo in locali adeguati.
Generalmente il brodo di giuggiole si utilizza freddo per accompagnare dei dolci.
Vabbè! …non è una tradizione ponzese, ma c’è sempre da imparare!