di Michele Rispoli
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Veruccio gestiva e conduceva personalmente il Bar Miramare di Sant’Antonio.
Bar che andava molto forte, sempre pieno. Disponeva della sala Bar, sala giochi e sala Ristorante, dove si potevano vedere le foto dei figli del re Umberto.
I fratelli Scarpati, Pasquale, Luigi e Giuseppe erano commercianti, Giuseppe e Pasquale avevano il negozio in via Banchina ten. Di Fazio, dove ampliarono il commercio con la torrefazione. Come si dice a Ponza, abbrustolivano il caffè.
Il compito di Pasquale era principalmente quello di piazzare il caffè.
Nel suo nuovo lavoro, voleva convincere Veruccio ’u chiattone, a comprare la loro miscela.
Veruccio non aveva molta fiducia. Diceva: – Chist’ so’ commerciant’… – come se lui facesse un altro mestiere!
Un giorno, finalmente fu convinto da Pasquale, e visto il costo di acquisto, comprò cinque chili di caffè, per prova. Il responso lo dovevano dare i clienti.
Dopo l’acquisto, il pomeriggio all’apertura del Bar, quando si radunavano nella sala i clienti, sia per il caffè ma anche per formare le coppie per giocare a carte, si presenta Pasquale Scarpati. Quando il banco è libero si avvicina e con voce possente, per attirare l’attenzione, dice:
– Veru’, famme ’nu bellu cafè!
Veruccio pensa: – Mò chist’ che vo’ ancora?
Servito il caffè, Pasquale, dopo averlo zuccherato, prende la tazzina e la ruota più volte sotto al naso per captare i profumi ma soprattutto per attirare l’attenzione dei clienti, poi dice:
– AAAH… CHE ROMA!