di Rita Bosso
Il Tricoli scrive che durante “l’Appriezzo” viene esibito “oro lavorato” e nei ricordi di Maria Scarpati compare il casciettino dell’oro: a Ponza la famiglia usa dotare la figlia anche del corredo di gioielli.
Bracciale in oro giallo – Fine Ottocento
Michele Regine, orefice, quando rievocava il suo trasferimento da Ischia a Ponza adduceva, tra i motivi principali, proprio questo uso: i corredi nuziali delle fanciulle ponzesi costituivano un’entrata importante nel suo bilancio commerciale.
Mio nonno era nato ad Ischia nel 1901, apparteneva ad una famiglia che operava nel settore orafo sin dal 1866. Si era preparato al mestiere frequentando corsi di oreficeria e orologeria a Napoli; alla fine degli anni Venti possedeva un’attività ben avviata a Ischia, era sposato, aveva due figlie, avrebbe condotto un’esistenza agiata e serena, se non fosse stato per i dissidi con la famiglia d’origine, sempre più aspri; cominciò allora a considerare la possibilità di tagliare i ponti e trasferirsi altrove, ma voleva evitare il salto nel buio.
Ponza era relativamente a portata di mano, c’era un collegamento marittimo regolare dunque partì per qualche giretto esplorativo, avviò contatti, portò merce in visione, prese qualche ordinazione…
“A tempo perso, giusto per sondare il mercato” – diceva a se stesso e alla moglie, che non voleva sentir parlare di trasferimento. Infatti, dopo qualche tempo, aprì il suo negozio in corso Pisacane.
Orecchino in oro bianco e diamanti: 1920 circa
Spilla con zaffiro e brillanti
Il commercio, all’epoca, quasi mai era disgiunto dall’attività artigianale, non a caso il negozio era chiamato putéca; i gioielli fotografati, appartenuti a signore ponzesi nate, più o meno, alla fine dell’Ottocento, hanno pietre grandi e di qualità, la fattura è pregevole, sicuramente non sono stati realizzati nel piccolo laboratorio annesso al negozio, ma gli oggetti più semplici, come i cerchietti buca-orecchie indossati dalla bella bambina (vedo foto qui sotto) e le fedi nuziali, venivano realizzati artigianalmente, su ordinazione, utilizzando l’attrezzo mostrato nella foto in basso.
Ho incrociato per la prima volta la parola “Appriezzo” qualche anno fa, mentre mi documentavo per la stesura di Memorie di Amalie; è ritornata a galla nel corso di una tranquilla serata tra amiche, un bicchiere di limoncello ad avviare il brain storming, a liberare ricordi, ipotesi, progetti e – me ne rendo conto oggi – lo stereotipo di una comunità povera, frugale, quasi depressa, votata al sacrificio e alla fatica, priva di gratificazioni materiali.
I documenti e le testimonianze che sinora sono stati raccolti descrivono una struttura socio-economica più complessa, e il desiderio diffuso di abbellire, di impreziosire l’esistenza propria e della famiglia.
Fidanzati. Foto del 1926
Isola di Ponza. Parte di ponente del Corso Principe di Napoli
[L’appriezzo. (4). Gli ori – Continua]