di Gabriella Nardacci
No, non è il titolo del libro della Alice Munro, ma è un modo di pensare che ogni volta, dopo la lettura di un romanzo o dopo la visione di un film, ritorna a consolidare l’idea che ho del mare.
Scrittori famosi hanno scritto cose stupende sul mare. Hanno intessuto trame di racconti straordinari i cui personaggi hanno solcato le onde, a volte tempestose, regalandoci immagini di fantasia sulle quali librarsi in volo.
Su “La poesia del mare” ho già avuto modo di dire, tempo fa. Ora tenterò di “oltrepassare l’oceano”: tante pagine sono state scritte in prosa che se trasformate in barchette, potrebbero riempire un mare intero, appunto…
Il Mare-Amante, secondo me, è il mare della poesia. È il mare-amore, il mare-viaggio, il mare-inquietudine. È tutto il mare come metafora della vita e che si pone a noi sotto forma di parole altisonanti, eleganti, in cui echeggiano, a volte, strascichi classicheggianti appartenuti a cantori d’altri tempi.
È tutto il mare che, altre volte, risuona dentro ritmi alterni o versi liberi – per parlarci di ribellioni e rabbia, di contestazioni e grida, di onomatopee e parole, a volte non-sense, per esprimere l’incomunicabilità dentro la quale spesso si vive – di poeti moderni e musicisti.
Insomma il mare, simbolo di meraviglia e sorpresa, di suoni e colori, di amore e tradimenti dentro rime baciate o alternate o incrociate o libere.
Il Mare-Nemico, è prosaico e giudice supremo che tormenta gli animi e che impone ostacoli da superare, è il mare nero e a volte mortale che Virgilio immaginò come un mostro dalle fauci spalancate e come tale si legge ne I Lusiadi di Luís Vaz de Camões.
È il mare che Omero lascia alla lotta di Ulisse contro l’ira di Poseidone. Il mare del Colombre di Buzzati. Il mare che inghiotte uomini come ne “La tempesta” di Shakespeare, nel “Gordon Pym” di E. A. Poe, nel grande “Horcynus Orca” di Stefano D’Arrigo (su cui esiste un bellissimo lavoro di Sandro Russo e Tea Ranno su “Omero” e nelle pagine di Ponza racconta), come ne “I Malavoglia” dove Bastianazzo annega; fino a un più recente lavoro di Leogrande “Naufragio”, cronaca quest’ultimo di un naufragio che di fantastico, purtroppo, non ha nulla.
Il Mare-Amico è quel mare che ti racconta la sua vita e la sua strada come nei Diari di bordo di Colombo, Magellano, Cortez. Dove Hemingway ferma il pensiero saggio a ragionare con “Il vecchio e il mare”, dove Matvejevic con il suo “Breviario mediterraneo” ci illustra, con un parlare denso di poesia, i segreti e le ricchezze che nasconde.
Il mare a cui Campana deve molto… il mare che Camus avrebbe voluto “sposare”, il mare che Verlaine definisce più bello di una cattedrale.
E’ il mare con la solitudine degli scogli, con la sua bellezza irregolare e a volte scontrosa e che fa bene alla terra che lambisce e che riflette i colori dell’ibiscus e di altre piante che si fanno belle grazie alla mitezza del clima. Questo mare è quello della Morante ne “L’isola di Arturo”, che è il mare di Procida, isola semplice e dignitosa che nasconde grandi bellezze incontaminate.
Il mare-amico è ‘il Mare’ che ovunque lo incontri, si cambia d’abito, ma “… non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico”. E mi par di vederlo ’Ntoni mentre guarda il mare e non ha il coraggio di andare via. Forse il Verga conosceva nel profondo questo struggente dolore che fa l’abbandono, per trasmetterlo così bene a chi ha letto I Malavoglia. E lo scenario del mare amico che accoglie lo sguardo sperso di ’Ntoni, è lo stesso di qualsiasi mare su cui ci soffermiamo tutti.
A volte il mare è un testimone indifferente, come in Conrad, dove appare come lo specchio che mette a cimento e disvela la verità dell’animo umano…
Molte volte mi piace aspettare il tramonto sulla spiaggia. Qualcuno, come me, rimane sempre mentre i bagnini chiudono gli ombrelloni. Mi copro le spalle accaldate dal sole con il mio pareo e osservo il calar della sera sul mare fin quando la brezza si alza. Allora il rumore delle onde si amplifica e sembra che il mare inviti ad andar via.
Rita Bosso, in “Memorie di Amalie” parla di quando scende la sera sull’isola e scrive “…la sera scende su Ponza e tutti i colori scompaiono e vengono inghiottiti dal blu, la roccia, il mare e l’aria hanno ormai un unico colore declinato in tutti i suoi toni…” e ancora “…restiamo così non so quanto, a osservare la meraviglia dei colori che mutano continuamente, impercettibilmente, fino a quando tutto annega nel buio…”.
Bellissima e struggente questa descrizione.
Il mare che chiede finalmente silenzio dopo aver accolto segreti, gioie e dolori.
Allora, prima ancora che ne perda l’orizzonte, lentamente m’avvio a casa.