di Gino Usai
Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) fece un attentato dinamitardo contro il battaglione delle SS “Bozen” in via Rasella, procurando la morte di 33 soldati tedeschi che occupavano Roma. Hitler decise la barbara rappresaglia: fucilazione di 10 italiani per ogni soldato tedesco caduto. Così vennero rastrellati nelle carceri di Roma 335 prigionieri da fucilare, ma i tedeschi non rispettarono neppure l’aritmetica, fucilandone 5 in più. Nella scelta delle vittime furono privilegiati i prigionieri politici, gli ebrei e alcuni delinquenti comuni. Così il 24 marzo i prigionieri vennero portati nelle cave sull’Ardeatina e fucilati a gruppi. Cinque militari tedeschi prendevano in consegna cinque vittime, le facevano entrare nella cava, e nella fioca luce le accompagnavano fino in fondo; qui costringevano i prigionieri ad inginocchiarsi e ciascuno di essi sparava alla vittima che aveva in consegna. Al processo che venne fatto nel 1948, il soldato tedesco Amon, che si era rifiutato di eseguire l’ordine di sparare, dichiarò: “Avrei dovuto sparare ma quando venne alzata la fiaccola e vidi i morti svenni… Rimasi inorridito da quello spettacolo. Un mio compagno mi diede un colpo e sparò per me”. Terminato il lavoro, con le mine fecero crollare le cave per nascondere il massacro. Tra i 335 martiri ci furono anche tre “ponzesi”: Mario Magri, Silvio Campanile e Francesco Savelli.
Mario Magri nacque a Arezzo il 17/4/1897, repubblicano, massone, nazionalista, d’annunziano ed eroe della Grande Guerra.
Combatte come interventista la Prima Guerra Mondiale e si distingue per gesta eroiche che gli procurarono due medaglie d’argento al valor militare. Nel 1919 partecipa con Gabriele D’Annunzio all’impresa di Fiume, a capo di un gruppo di uomini che aveva il compito di procurare armi e danaro per l’occupazione della città. Dopo il delitto Matteotti si schiera contro il fascismo ed è costretto a rifugiarsi in Marocco, dove partecipa alla lotta di liberazione dei patrioti marocchini contro il dominio francese. Torna in Italia col proposito di uccidere Mussolini, ma viene scoperto e arrestato. Il 30/12/1926, perché “Professa idee repubblicane, in contatto con fuoriusciti, sospetto promotore di un complotto contro il Capo del Governo”, viene condannato a tre anni di confino a Lipari, da dove tenterà ripetutamente la fuga. Viene prosciolto il 3/3/1930, ma poi nuovamente arrestato e confinato a Ponza per 5 anni il 12/5/1930, con la seguente dicitura: “Scontato il precedente confino, riassegnato d’ordine del ministero perché “ancora pericolosissimo agli ordinamenti dello Stato”.
A Ponza Magri conosce Rita Parisi, ma i parenti della ragazza si frappongono. Magri, accusato di molestare la ragazza, viene trasferito a Lipari, mentre Rita viene cacciata di casa. Ma dopo la chiusura della colonia di Lipari, nel gennaio del 1933, Magri viene rimandato a Ponza. I due innamorati, tra mille angherie e impedimenti, riescono a sposarsi al Municipio di Ponza il 7 Novembre del 1935. Lui aveva 38 anni, lei 26.
Il successivo 6 dicembre, il confino gli viene prolungato fino al 15 dicembre del 1938, e poi ancora per un altro anno “Riassegnato al termine della pena precedente per la cattiva condotta politica”.
Nel luglio del 1939 la colonia di Ponza viene trasferita a Ventotene, Magri invece viene portato alle Tremiti. Anche Rita lascia Ponza e raggiunge i suoceri a Bologna, ma dopo pochi mesi riesce ad ottenere il permesso di raggiungere il marito alle Tremiti. Con lo scoppio della guerra, Magri passa dalla condizione di confinato a quella di internato, per tutto il periodo bellico. Nel febbraio del 1941 viene trasferito a Cirò, in provincia di Catanzaro, insieme a Rita; poi a Petronà e a Pescopagano, in provincia di Potenza.
Il 25 luglio del 1943 cade il fascismo e il successivo 12 agosto Mario e Rita raggiungono finalmente la libertà, dopo ben 17 anni di persecuzioni. Ma ora bisogna liberare l’Italia. Si trasferiscono a Roma e Magri assume il comando militare del partito di Placido Martini, già confinato a Ponza, l’Unione Nazionale per la Democrazia, insieme a Silvio Campanile, anch’egli confinato a Ponza. Gruppi di militari sbandati si collegano al partito per essere assistiti e rendersi utili, tra loro anche alcuni militari ponzesi: Ettore Mazzella, Totonno Scotti, Furio Conte e Salvatore Verde, i quali trovano rifugio nel retrobottega della cartolibreria di Silvio Campanile in via dei Serpenti.
(Continua)
Gino Usai