di Francesco De Luca (Franco)
Mi scuso subito se il discorso che vado a presentare scende dalle alte sfere della riflessione dottrinale e si va a mischiare con la realtà della nostra isola.
Ringrazio Sandro Russo per l’impulso che sa dare alle problematiche del Sito (leggi qui), e che ha rinnovato con la domanda: La passione e la poesia si possono applicare alla politica?
Certo che sì, anche se nella realtà ponzese è difficile insinuare germi di passione.
Lo suggeriscono i dati delle ultime elezioni.
I Ponzesi esprimono un elettorato di “imprenditori” che vede nella sicurezza della propria attività economica l’unico obiettivo da ambire attraverso la scelta politica. Il nucleo intorno a cui deve girare la vita privata e pubblica è la salvaguardia dell’interesse economico.
Va da sé che c’è poco margine per la passione, ancor meno per la poesia.
Perché?
Perché manca il fattore innovativo, quello partecipativo, quello morale. Domina soltanto quello conservativo e, se è possibile, quello amplificativo dell’esistente.
C’è tutta una corrente di pensiero economico (che non è il “liberismo “ – si badi bene) a supportare questa tesi per cui la mia non è una dichiarazione di disapprovazione. Assolutamente.
Se l’isola si è dimensionata come un’impresa allargata è conseguente che i Ponzesi vogliono essere imprenditori. La mano d’opera, la manovalanza, lo “stato” di operaio è stato rifiutato, disprezzato (come categoria sociale e come funzione) a vantaggio esclusivo dell’impresario.
Tutti imprenditori (tanto la manodopera viene da oltre frontiera!).
Questo è in sintonia con la mentalità secondo la quale le disposizioni normative, le autorizzazioni, i vincoli ecologici, le regole del vivere sociale sono giudicate in base all’utilità immediata remunerativa.
Così i condoni sono apprezzatissimi insieme ai relativi abusi. Non soltanto quelli edilizi, ma anche quelli fiscali. Ma anche quelli relativi alle autorizzazioni, ai confini, ai rispetti. Insomma: tutto quello che permette una forzatura alle norme, alle prescrizioni, ai valori, tutto questo è osannato.
E così pure la politica che sorregge questo impianto, e pure i politicanti che vi hanno dato viso.
È male tutto questo? No, rispecchia le aspettative dei Ponzesi, e dunque è perfettamente conseguenziale.
Sto tirando un pistolotto morale? No, non mi permetto. Sto evidenziando soltanto le logiche sottostanti alle scelte.
E se poi tutto il costrutto vacilla perché la mancanza di regole decompone il sistema economico, lo rende vuoto, lo rende vacillante e ingovernabile perché non sorretto dal fattore solido del “lavoro”, allora ?
Allora forse bisognerà riguardare le logiche fin qui seguite e appassionarsi ad altri valori, ad altre politiche. Qui sì che ci vuole passione.
Gennaro Di Fazio
12 Marzo 2013 at 16:01
Purtroppo viviamo in un’epoca in cui le politiche sono troppo spostate verso l’economia, dimenticandoci che l’Uomo è invece un soggetto fondamentalmente emozionale e che quindi ha bisogno di attenzioni affettive. Si vorrebbe addirittura far passare l’idea che il benessere di un popolo è in relazione all’aumento del PIL (Prodotto Interno Lordo), senza capire le sofferenze umane, le depressioni, le fatiche e le violenze della società. Si arriva ad uccidere e a suicidarsi per soldi o per debiti o per paura della povertà, inducendoci a preferire la povertà di spirito a quella economica, confondendo il denaro, da mezzo quale è, a fine della propria esistenza. Oltretutto, a ben riflettere, esso non è neanche sempre valido come mezzo, anzi spesso è la stessa causa di ogni male, non a caso esso è stato definito e rapportato alla “merda del diavolo”.
Un mondo che si muove solo in funzione dell’economia senza preoccuparsi delle conseguenze che essa può procurare all’Essere umano, è allo stesso livello delle dittature che in funzione del loro fine ideologico, decretano morti e drammi a individui e a interi popoli.
(dal libro “Le Ragioni dell’Essere”)
vincenzo
12 Marzo 2013 at 18:00
Dice Franco: siamo tutti imprenditori, rifiutiamo di essere proletari, amiamo l’abuso e i condoni e così i politici per andare al potere devono diventare politicanti e sorreggere questo impianto.
Franco condanna tutto questo? NO sta soltando evidenziando le logiche sottostanti le scelte!
NO COMMENT!
Silverio Tomeo
12 Marzo 2013 at 21:07
La politica come passione dello spazio pubblico, come passione civile della democrazia partecipativa, come connessione con l’etica e con un’idea di giustizia distributiva, come cittadinanza attiva e autonomia culturale, rinascerà quando la parte migliore della nuova generazione non votata all’individualismo proprietario o all’idea peregrina dell’isola come impresa turistica-allargata sarà in grado di organizzarsi. Altrimenti il declino è già insito nelle attuali dinamiche e in quelle dell’ultimo ventennio. E tra altri vent’anni non saranno ricordate con favore le ambiguità e le mancanze di coraggio. Persino la crisi economica, nel mentre produce rancore sociale e non necessariamente coscienza, alla lunga costringerà a una visione diversa di quella adesso predominante, che ha intanto prodotto sudditanze, deculturalizzazione, bigottismo, consumismo, modelli sociali mercificati, senso d’impotenza diffuso, retoriche della lagnanza. Chi ha contribuito a tutto questo attivamente o anche solo con l’indifferenza farebbe in tempo ricredersi, senza inventare altri nuovi paradigmi autogiustificativi. Quando si difenderanno i beni comuni, la cultura critica e creativa, il diritto ad avere diritti, rinascerà il demo, cioè il potere del popolo secondo il teorico americano della democrazia Robert A. Dahl.