di Sandro Russo
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“La speranza è un sogno fatto da svegli”
Aristotele
In questi tempi di sgomento per i risultati elettorali preceduti da un più generale disamore per la politica è facile cadere nello sconforto.
Ma tale è la natura umana che si aggrappa ad ogni tronco galleggiante, nel fiume dell’esistenza…
Così, senza voler generalizzare e riferendo solo della mia particolare esperienza, ho trovato consolazione in un film, in questi giorni nelle sale:
Si tratta di Viva la Libertà di Roberto Andò (tratto da “Il trono vuoto”, un precedente romanzo del regista-scrittore qui anche co-sceneggiatore).
Un film può costituire l’occasione di un ripensamento sui modi della politica; su quanto è cambiata nel tempo la richiesta di rappresentatività da parte dei sistemi sociali.
Per qualche motivo legato all’uomo stesso, da quando la storia esiste non ha fatto che tramandare una lunga teoria di despoti, re e faraoni… condottieri, imperatori e zar; ma anche costruzioni teoriche raffinate, come il concetto di democrazia nato nell’antica Grecia, che è rimasta in buona sostanza un’illusione, fino a quando la rivoluzione francese non ha decapitato il re nel simbolo e nella realtà.
Lungi dal semplificarsi, da allora la problematica è divenuta ancora più complessa, con le teorie sociali tra l’ottocento e il novecento, le due guerre mondiali fino all’attuale assetto ‘interdipendente’ del mondo.
Per tornare dal generale al particolare, il film – gradevole e ‘leggero’; spiazzante e ‘profondo’ – illustra, con l’espediente di una trama geniale nella sua semplicità – la messa in scena di due gemelli, un grande Toni Servillo – come una diversa dimensione della politica sia possibile.
Le vite parallele sono quelle di Enrico Olivieri, dirigente di un importante partito politico della sinistra dei nostri giorni, e di Giovanni Ernani, pseudonimo del suo gemello identico: filosofo, scrittore e pianista, internato per qualche tempo in manicomio, ora a domicilio libero, purché prenda ‘certe capsule’ ogni giorno.
Perché quando il gemello ‘matto’ prende all’insaputa di tutti (tranne pochi: il segretario, la moglie) il posto del fratello politico, le cose cambiano per l’irruzione della spontaneità e dell’arte – poesia, danza, musica, letteratura – in un mondo diventato sclerotico.
Così l’uscita da una riunione sgradevole viene dal nostro risolta con dei semplici versi [1]:
“È la mia
Questa figura di spalle
Che se ne va nella pioggia?”
– Che è, un indovinello? – gli chiede il segretario.
È un haïku – risponde lui.
O ad un importante comizio, davanti ad una gran folla in attesa, il gemello ‘matto’ e geniale prende le mosse da una serie di scritte che sono sul palco alle sue spalle, che definiscono in vario modo il suo partito, e chiede al pubblico…
– Una parola non vedo tra tutte quelle presentate qui… Qual’è?
– La parola è “passione”…
…E prosegue – continuando a parlare in tono quasi colloquiale – con una lunga citazione da Brecht [2]:
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.
Se un film smuove dall’indifferenza e ci fa interrogare sul senso della nostra posizione pro- o contro- un modo di vedere la politica; se dice qualcosa che può essere utile, darci una indicazione, nell’aria fumosa che ci opprime… è già un gran risultato!
Siamo cambiati. Il potere che da sempre ci governa ha preso nuovi volti. Siamo passati, nei secoli, da un potere che aveva assoluto diritto di vita e di morte sulla vita dei sudditi, ai modelli della democrazia rappresentativa.
E torniamo alla “Politica” (dal greco polis, città) che è l’Arte di governare le società. I tempi ci hanno condotto alla scelta degli uomini che ci governano… Quando è andata bene, i governati hanno apprezzato primi ministri illuminati nella gestione della cosa pubblica; uomini saggi capaci di visione del futuro e di guida morale.
Più recentemente si è cominciato a chiedere alla politica la rappresentazione dei nostri sogni; si è giunti al transfert totale.
Decidiamo in base alla forza delle idee (o dei sogni) che ci sono trasmessi; in base all’empatia e alla sincerità degli intenti.
Sceglieremmo Giovanni Ernani che non bara, non ha retropensieri e non ha niente da perdere;
Giovanni che non ha perso l’anima al gioco del potere;
Giovanni che non ha mai smesso di giocare, di guardare alle cose con lo sguardo del poeta e del puro di cuore.
Una storia irreale, un apologo, ma un film che apre la mente… e il cuore.
Note
[1] – da un breve componimento poetico (haïku) di Matsuo Bashō (1644- 1694)
[2] – [Bertold Brecht: “A chi esita”, dalla raccolta raccolta di liriche Svendborger Gedichte (Poesie di Svendborg) Svendborger Gedichte, Copenaghen, 1939]
.
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vincenzo
11 Marzo 2013 at 17:41
“Siamo cambiati. Il potere che da sempre ci governa ha preso nuovi volti. Siamo passati, nei secoli, da un potere che aveva assoluto diritto di vita e di morte sulla vita dei sudditi, ai modelli della democrazia rappresentativa”.
“In un mondo in cui 34000 bambini muoiono ogni giorno per povertà e malattie che si possono prevenire e dove il 50% della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorno… una cosa è chiara: c’è qualcosa di profondamente sbagliato.
E consapevoli o no, il sangue che dà vita a tutte le nostre istituzioni, e quindi alla nostra stessa società, è il DENARO!”
“Nessuno può essere schiavizzato nel modo più desolante di colui che crede falsamente di essere libero” (Johann Wolfgang von Goethe).
Tano Pirrone
12 Marzo 2013 at 20:24
Sandro,
Hai affrontato il tema con estrema levità assicurandoti, in teoria, tutta la platea; ma alla lettura analitica dei vecchi uomini da marciapiedi, emerge la sottile vena di rimpianto, che in me diventa rabbia ed in te spleen.
Purtroppo l’Italia che amiamo o meglio, che avremmo potuto amare, è ormai lontana, nel tempo, e non solo. Chini sul campo contiamo i morti e i feriti; ci contiamo, i superstiti, e ci accorgiamo che siamo stati colpiti tutti da fuoco amico. Da troppo tempo siamo tutti come il Segretario che scappa, ma devo ammettere che nel privato da qualche tempo, con la scrittura, l’ironia, il sarcasmo riusciamo a produrre crescita – umana e culturale – ed è già tanto.
In una cena con amici recenti, ma già tanto cari, la scorsa settimana, oltre a mangiare benissimo abbiamo letto poesie, anche nostre e abbiamo partecipato, gli uni degli altri.
Abbiamo fatto, come direbbe Moretti, qualcosa di “sinistra”!
Bisogna ricominciare a ridere, ma ad essere anche violenti, con chi non merita il nostro rispetto; bisogna ricominciare a leggere poesie e a scriverle, ma essere feroci con i ladri della nostra vita e dei nostri diritti; bisogna ricominciare a discutere e a fare progetti, e ad essere crudeli nel bandire i complici e gli ignavi.
Gianni Pianalto
13 Marzo 2013 at 08:32
Sandro,
è interessante lo spunto che suggerisci partendo dalla visione del film di Andò per approdare alla riflessione sulle scelte che facciamo ora, abbiamo fatto ieri, nella storia passata, e forse faremo domani.
Le scelte appartengo a quella parte di noi che mi piace immaginare come “un punto nell’universo dotato di vero Libero Arbitrio e capace di creare”: creare il mondo che ci circonda, creare la nostra identità, creare le relazioni, creare l’amore. Non ho presunzioni di Onnipotenza, ma ogni volta che mi soffermo a rifletterci su, mi accorgo che in fondo le cose funzionano davvero così, anche se non ne siamo consapevoli e cerchiamo sempre di sfuggire al quel pesantissimo, ma meraviglioso senso di responsabilità delle singole scelte da noi prese.
Son tempi questi che fanno riflettere, perché non c’è dubbio che stiamo attraversando un periodo di transizioni e cambiamenti sociali e politici e oggi, più di ieri, sentiamo il peso delle nostre responsabilità e delle conseguenze delle scelte che faremo. Ma oggi più di ieri sono convinto che occorre scegliere, ognuno sulla base delle proprie convinzioni, con la consapevolezza che i nostri convincimenti sono solo il frutto di precedenti concetti e preconcetti che crediamo buoni solo perché sperimentati in tempi passati ed in altri luoghi. Ma questi sono gli strumenti che abbiamo a disposizione, non ne abbiamo altri. Non ci resta dunque che interrogare quel puntino nell’universo sperando di avere da lui una risposta … ma, già sento la voce di Bertold Brecht: “Questo tu chiedi. Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua”.
Chiedo scusa per la divagazione e torno all’articolo pubblicato su “Ponza racconta”: c’è in esso un invito alla riflessione ad interrogarsi sul fatto che ogni cambiamento porta con sé elementi d’innovazione, scenari sconosciuti, che non potranno essere letti ed interpretati con esperienze vissute e schemi mentali appartenenti ad un’altra era e ad un altro mondo.
A volte, per vedere oltre il nostro confine (mentale, ideologico, esperienziale), occorre abbattere i muri (fisici e mentali), fare spazio, abbassare il rumore mentale che crede di sapere tutto e d’insegnare tutto. Questo sì possiamo farlo.
Ma alla fine dovremo scegliere, e che Dio ci aiuti.
Lorenza Del Tosto
22 Marzo 2013 at 12:30
Caro Sandro, sono andata a vedere Viva la libertà anche a seguito del tuo entusiasmo, e te ne ringrazio.
Senz’altro un film bello per molti aspetti, soprattutto quando in scena abbiamo il fratello pazzarello ma in realtà solo molto umano e capace di godere delle cose belle della vita: i rapporti umani, l’arte, la natura. Però fatta eccezione forse per il personaggio di Mastrandrea, il film mi sembra cadere nel difetto che cerca di denunciare: cosa vuol dire il viaggio in Francia del segretario di partito? Possibile che creda di essersi liberato o aver capito chissà cosa solo perché fa il bagno in piscina con una ragazza più giovane e libera? Perché ritrova la donna amata un tempo, perché fa amicizia in modo un po’ troppo immediato con la figlia di lei? Sarei uscita davvero contenta dalla sala se la storia del segretario di partito, la sua fuga fosse stata trattata in modo nuovo, diverso, non con il solito buonismo che in sostanza permette di versare due lacrime su se stessi senza cambiare niente. Il fratello pazzarello, e per fortuna in Italia ce ne sono tanti come lui, è già salvo, da sempre, ma tutti quelli simili al fratello politico (vogliamo dire quasi tutta la sinistra?) come si salveranno? La loro strada dovrà essere diversa, anche se poi arriveranno magari allo stesso piacere di vivere. Speriamo in un sequel