di Francesco De Luca (Franco)
Oggi che il mare e il vento complottano per rendere più naufraghi gli isolani, si staglia con maggiore evidenza come la vita qui a Ponza si srotoli al di fuori degli schemi, quanto sia diversa e, per questo, gradita.
Parlo, sia chiaro, della mia percezione, di quella che attiene alla mia persona, e non ad altri.
Lo chiarisco subito perché sul Sito compaiono espressioni amareggiate di taluni che quasi maledicono la loro permanenza sull’isola, così come altri pareri anelano a scenari irraggiungibili per i Ponzesi, ed altre espressioni offendono per volgarità.
Non esprimo nessuna opinione corrente se non la mia.
Che dire: l’isola continua a dipingersi con una sua “peculiarità”. Basti considerare le condizioni in cui si sta trascorrendo quest’inverno; la scelta politica dei compaesani; l’ estraneità che si percepisce giù in piazza. Viene da chiedersi quale grado di consapevolezza viva la comunità.
Se però tutto questo si lascia che volteggi intorno e ci si perde nelle raffiche di vento che tentano di impedire ogni atto volitivo imponendo, al contrario, l’instabilità, la fragilità psichica, allora l’isola si presenta splendida.
Avvolta in un manto scuro dalla frangia chiara: rifugio di spiriti inquieti. Insensibili ai richiami sociali e perduti nello stordimento che, certo, le condizioni meteo agevolano e quelle psichiche amplificano.
L’isola splendidamente si lascia dietro ogni connotazione “civile” (consumistica, mediatica, di impegno).
Ti chiude in una bolla di solipsismo, ti lascia alle sole dipendenze dei sentimenti, dei moti segreti, del capriccio. Rimani schiacciato dal peso del tuo intimo, che collude con le forze esterne.
E vivi in uno stato di poesia.