di Francesco De Luca (Franco)
Si tende il vento nelle ore che si chinano ad un lento vespro grigio. E le cime dei lecci si piegano e scrollano i rami. Frusciano, stridono nella tesa, accordandosi col grido del mare. Piegato al vento che impera.
Il giorno attende che il grigiore passi.
Ma la giovinezza ad altri colori aspira. E Fabio scalpita ad essere frenato nella sua isola che giace prona. Se la società civile non avvia il suo cammino verso un’ economia che garantisca futuro, il suo vigore umano si fiacca. La vita va vissuta con fierezza e i suoi bagliori luccicano negli occhi di Fabio.
“Non c’è lavoro; la mia ditta non prende lavoro da tre mesi. Permessi non si rilasciano e nessuno si azzarda a mettere mano alla muratura senza uno straccio di autorizzazione. Facciamo un po’ di tinteggiatura, qualche muretto, riparazioni… niente di più”.
Rassegnato, mi guarda rassegnato, con quella sua mascella volitiva che serra indignato.
Partecipo con lo sguardo. Lui mi è grato, così atteggia il viso ad una rassegnazione fugace, come a voler passare ad altro.
La donna che gli è accanto vorrebbe insistere nella lamentela. Si toglie la sigaretta dalle labbra e col viso indugia, ma Fabio le prende il braccio e … – “ Ieri sono andato a pesca … al faraglione della Madonna. A serpiente “.
“Cosa ? – dico io – parla bene ché non ti capisco”.
“A ruonghe e murene” – spiega lui.
“Ma, scusa – dico io, che l’età mi fa essere nei suoi confronti come un padre – l’acqua non è fredda di questi tempi?
“Eh, sì – risponde – però in acqua si sta meglio che sopra “.
Sollevo lo sguardo e la sera di febbraio già è scesa. Ci è sopra ma non ci avvolge.
Mi salutano e vanno a cercare un calore che quest’inverno non dà, che quest’isola non dà.
Li lascio, desideroso di casa, di serenità.
Quest’inverno sta mostrando quanto valore abbia per i gruppi umani la comunanza. Quella piantata sul valore della partecipazione, della famiglia, del sentimento partecipato, del futuro insieme desiderato.
Tutto questo a Ponza non c’è.
Prendo la salita, chiuso nel giaccone. Mi illudo di trovare calore stringendomi a me, ma le parole di Fabio mi impediscono di ritrovarmi. Soli non siamo comunità.
L’economia è soltanto un aspetto della vita sociale. Nemmeno il più importante. Anzi, se diventa quello più evidente, vuol dire che tutti gli altri si sono già persi per via.
Anni fa con Fabio condivisi un progetto di vita meraviglioso. Ed ero io, da maestro, che ai suoi occhi infantili andavo a dipingere orizzonti degni di essere vissuti, anche nella nostra isola.
Chiudo la porta di casa, fuori il vento col buio è diventato minaccioso. Ma neanche dentro vinco la paura.
vincenzo
25 Febbraio 2013 at 17:58
UN AMICO RITROVATO
Fabio, non so chi sei, ma sei riuscito finalmente a portare in mezzo a noi il nostro amico.