di Francesco De Luca
Volete sapere qual è per me il momento più bello? E’ quello sul far del mattino, allorché un leggero vento ci solletica nelle fessure e nelle screpolature, e noi basoli ci ritroviamo così, affratellati, come ci eravamo lasciati, stretti insieme, dopo le ore notturne di abbandono e di silenzio.
La luce dell’alba disperde le ombre e il Corso Pisacane si apre al giorno con l’accoglienza di chi sa che la vita è sofferta per tutti, e che il giorno porta con sé la speranza. E infatti, dalle vie interne scende un uomo col trolley e si dirige verso la biglietteria. Deve imbarcarsi perché sul continente l’attendono gli impegni. Sono quelli di un giovane padre che, col ricordo fresco della famiglia or ora lasciata, deve recarsi al lavoro in continente. Ha goduto del fine settimana a casa, con la giovane sposa e il piccolo nato. ‘Figliu mio bello, chi sa quala stella sta ‘ncielo pe te, quale sarà il tuo destino a cui io ho dato inizio’. Pensieri gravi e deliziosi ne accompagnano l’andare, e il trolley, nelle sconnessioni dei ciottoli, rumoreggia, dando l’agio ai pensieri di disancorarsi e alla mente di rasserenarsi.
Si lascia il paese e si affrontano gli impegni. Che avranno il sapore della fatica e della soddisfazione, della realizzazione e della rinuncia.
Più indietro scende una donna che dovrà sottoporsi a Formia a visita medica. Lo specialista l’attende e il responso rivoluzionerà le sue abitudini. La vita le sarà stravolta perché il corpo è soggetto a deterioramento e, nonostante la mente voli, ciò che inerisce al corpo è soggetto alla deteriorabilità e alla debolezza.
L’aliscafo ha messo in moto i motori, il rombo rimbalza fra i caseggiati ancora sonnolenti, propiziato dalle prime luci, pulite e terse, come si confà a un giorno d’estate.
Fra poco noi basoli saremo oggetto di abbondante calpestìo, ma ora ancora no. Ora il venticello sollecita, l’aria è frescolina, la gente è discreta, il paese attende sereno. Il giorno inizierà il suo traffico, la sua frizione, il suo logorìo. Vale anche per noi. Apparentemente insensibili e chiusi ad ogni sentire, e invece supinamente vigili. A che il destino si compia. Secondo il codice segreto della vita.
Quanno iammo a piglià ‘u vapore
Ponza tene n’ atu culore.
Se veste ‘i malincunia
comme si ‘nte vulesse fa’ piglia’ a via.
Sarrà forse ca se parte ‘i notte,
sarrà forse ca i vie so’ morte,
saranno i luce ca nun so’ forte
ma te vene na stretta ‘u core
e maledice ca te n’hè ì fore.
Siente i passi ncopp’ i prete,
e si t’aggire adderete
stu scoglio
tutt’a vita t’arrecoglie.
E’ vero nce po’ abbasta’,
è troppo pitto pe ce da’
tutto chello ca vulimmo guadagna’.
E’ vero, stammo stritte
e pe chesto ca fra nuie nce guardammo adderitto.
Ma stu paese ‘i merda
nun t’ u scuorde,
po’ fa’ tarde
ma cca è turna’.
Troppo ce fa pena’
pe ce ‘u scurda’.
E tutto vene a mente
strada facenno
mentre ‘u vapore illuminato
t’aspetta int’u puorto attraccato.
Allora vulisse chiagne,
te ne vulisse fotte d’u munno ca te chiamma
e invece te n’hè ì
pecché pure ogge, Punzese, hè suffrì.
per le precedenti puntate leggi qui e qui
NdR – Le foto a corredo dell’articolo sono di Rossano Di Loreto
