Insomma, un’anomalia.
Al punto che nei momenti più bui della storia, quando appare l’uomo forte a salvare la patria, la prima cosa che fa è sottolinearne le manchevolezze, l’inerzia, l’inadeguatezza ad affrontare i problemi.
La democrazia non dà risposte, ma crea domande.
L’uomo forte invece non crea dubbi, risolve.
Ma agiscono in nome del popolo: “popolo” è la parola più usata nei comizi ammantati di retorica, e democrazia totalitaria è un termine con cui molti gerarchi fascisti amavano definire il proprio regime.
Noi europei, intendo dire quelli del dopoguerra, siamo stati fortunati: del sogno di un mondo senza guerre abbiamo respirato, ce ne siamo nutriti come contraccolpo alle tragedie dei due conflitti mondiali del novecento al punto da non accorgerci nemmeno quando i bagliori della guerra sono esplosi violentemente al di là dell’Adriatico negli anni ’90.
Bene, anzi male: questa fortuna sta finendo, o perlomeno è fortemente minacciata
Quando scoppiò il conflitto russo-ucraino, molti osservatori, anche internamente all’Ucraina, rimasero sbigottiti, perchè in fondo non credevano fosse possibile l’invasione dei fratelli russi.
Durante lo scenografico incontro-scontro tra Trump e Zelenski sono stati bruciati in pochi minuti 80 anni di rapporti ed equilibri politici che sembravano cristallizzati.
Ma nulla avviene per caso, ci sono pulsioni sociali che favoriscono la nascita di sovranismi, legati, oggi come ai tempi della repubblica di Weimar, a crisi economica e complottismi che creano l’humus necessario al malcontento. Allora potevano essere gli ebrei, oggi la sostituzione etnica provocata da migrazioni incontrollate: il fascino dell’uomo forte al comando si nutre di narrazioni virali ad hoc, spesso fake, che sfruttano le debolezze, le falle della democrazia.
Che le cose non funzionano, è infatti sotto gli occhi di tutti: un’Europa che non è riuscita ad andare oltre a tecnicismi burocratici, con profonde spaccature interne e l’incapacità di politiche condivise e funzionali a tutti i paesi membri. La guerra in Ucraina è il frutto di una pressione della Nato ad est che poteva e doveva essere evitata, tanto per dirne una. La destabilizzazione di un’area cruciale del Mediterraneo, la Libia, provocata dall’uccisione di Gheddafi, potrebbe essere un’altra. E che dire della diversa concezione dei conflitti russo-ucraino ed israelo-palestinese, con il primo in agenda ed il secondo ignorato, nella migliore delle ipotesi?
Cosa potrà succedere, possiamo solo ipotizzarlo, come nei tanti pezzi in risalto questa settimana:
L’Europa va alla guerra
A proposito di poesia, è interessante Viva la poesia! I versi amati dal Papa, con la visione di Francesco che, cito, immagina l’arte come“città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi», perchè la creatività ovviamente non elimina le tensioni, ma le trasforma.
In Primo marzo di Franco De Luca, uno spaccato autentico di una Ponza che sta scomparendo, ma che va rimodulata, perché portatrice di un messaggio che va salvaguardato. E sempre di Franco, la vita isolana dal punto di vista dei basoli del Corso… Come anche di Ponza, con uno sguardo storico-letterario e botanico tratta l’articolo di Giuseppe Mazzella: Ponza, il giardino di Circe.
Salutiamo con profondo dispiacere Lucia Coppa, che ci ha lasciato troppo presto, ma di cui non dimenticheremo il sorriso e la gentilezza.
Ponza, la replica di Cala dell’Acqua al sindaco. Ventotene, il circolo del Pd a Roma per l’Europa
Buon 8 marzo fatto, e buona domenica!
Immagine di copertina. Donne indiane col sari tradizionale (da https://www.mondointasca.org)
