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Gli articoli che abbiamo riportato di recente dalla stampa – leggi qui – danno un quadro esauriente dei pericoli dell’Intelligenza Artificiale e di come i diversi Governi stiano affrontando in maniera superficiale e incoerente un problema enorme che neanche riconoscono come tale; non ne hanno contezza i politici, ma gli scienziati ce l’hanno e come e non da ora stanno lanciando allarmi, per lo più inascoltati.
In nodo della problematica emerge chiaramente dai loro scritti. Ci sono segni chiari, quasi una certezza, che per vie complesse quella che chiamiamo I.A. – Intelligenza Artificiale – in qualcuno dei suoi multiformi aspetti, possa prendere coscienza di sé.
L’autocoscienza è il momento basilare per ogni ulteriore sviluppo. Concepisce una finalità e le azioni necessarie alla sua attuazione; e il momento fondamentale di ogni coscienza è la conservazione del sé e l’allargamento del suo campo di azione.
Usciamo dalla limitatezza della coscienza individuale umana. Riusciamo ad immaginare una coscienza più ampia?
Dovremmo! Abbiamo sotto gli occhi l’esempio degli formiche, delle api, secondo alcuni anche degli alberi. Sono mondi diversi dal nostro, certo, e finora è stata possibile una simbiosi. Ma immaginiamo una situazione del tutto nuova, una storia non di milioni di anni, ma di pochi decenni; non naturale, nel senso che non si è selezionata/adattata al pianeta Terra nel tempo, ma è stata creata dalla mente umana.
Questa A.I. si è estesa in una rete (net) immateriale, ma con profonde connessioni con la realtà: può prendere decisioni, premere pulsanti, creare un video dirompente e divisivo Trump – Gaza, come quello che abbiamo avuto sotto gli occhi qualche giorno fa. A seguito di un comando specifico, sempre da parte di un uomo? Forse!
Internet e i telefoni cellulari. Sono diventati essenziali nella vita dell’uomo senza volontà attiva da parte loro. È stato l’uomo che volontariamente si è consegnato a loro. L’ A.I. è stata una creazione umana, ma se ad essa riconosciamo una coscienza, può cominciare a decidere da sola. E perché dovrebbe essere benevola nei confronti dell’uomo?
Ho in mente un terrificante racconto (brevissimo) di Fredric Brown: La risposta, del 1954:
Con gesti lenti e solenni, Dwar Ev procedette, alla saldatura, in oro, degli ultimi due fili. Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subeteriche portarono da un angolo all’altro dell’universo venti diverse immagini della cerimonia”.
Quel gesto avrebbe collegato, in un colpo solo, tutti i giganteschi computer di tutti i pianeti abitati dall’universo – novantasei miliardi di pianeti – formando il super-circuito da cui sarebbe uscito il supercomputer, un’unica macchina cibernetica racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie”.
– L’onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn.
– Grazie – disse Dwar Reyn.
– Sarà una domanda cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere.
Tornò a voltarsi verso la macchina.
– C’è, Dio?
L’immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori.
– Sì: adesso, Dio c’è.
Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro di comando. Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto.
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