di Marco Muratore
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Scritto da Marco sulla Via della Seta, tra Bukhara e Samarcanda, il giorno ventidue del mese di aprile dell’anno ventitreesimo del secondo millennio; ripreso da una storia vera, raccontato di nuovo una sera, in un riad di Marrakesh…
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Di torneo in torneo, aveva scalato le classifiche: a quindici anni era già ad un livello nazionale, ma a quindici anni non si sa mai qual è la strada giusta da imboccare. Chissà cosa gli avrebbe riservato il destino se avesse accettato l’offerta di quel Maestro che in lui vedeva la possibilità di crescere un campione, ma che in cambio voleva ipotecare il suo tempo libero, merce troppo preziosa per un adolescente.
Lasciò i trentadue pezzi, per seguire undici pazzi in calzoncini corti e maglia viola: molte delusioni e poche ma intense gioie. Le sessantaquattro caselle le riempì sì di bianchi e neri, ma di vini, di cui scriveva per un noto ristorante della sua città.
Ma quando vedeva una scacchiera non poteva resistere: i pezzi si muovevano e nella sua mente ricostruiva le mosse delle tante partite che aveva vinto.
Qualche decennio dopo, mentre percorreva la Via della Seta, in un bazar di Bukhara fu attratto, tra le varie mercanzie, da una variopinta scacchiera intarsiata.
Il proprietario uzbeko colse i movimenti dei suoi occhi e quando il fiorentino li levò dalla scacchiera i loro sguardi si incrociarono. L’uzbeko, che come gli abitanti del Paese era appassionato ed abile giocatore di scacchi, lo interpretò come uno sguardo di sfida, una nuova disputa dopo che, qualche ora prima, una contrattazione tra i due che si era conclusa senza alcun accordo li aveva visti entrambi perdenti. Il prezzo era sì sceso, da venti a quattordici dollari, ma più che per il valore per il principio il fiorentino, supportato da un concittadino abile negoziatore, non salì di quel dollaro a cui il venditore sarebbe stato disposto a cedere i minareti, riproduzioni in terracotta di quello principale della città.
Il fiorentino aprì con pedone in E4, mossa che aveva usato più volte. Al proprietario si era affiancato l’aiutante, scambiando con lui commenti incomprensibili per il nostro eroe. Di mossa in mossa gli scambi in uzbeko si fecero sempre più concitati, fino a che si spensero allo scacco matto!
L’aiutante voleva riscattare il padrone, la sfida si faceva ardua e per renderla ancora più interessante decisero di metterci una posta. La situazione risvegliò l’interesse del fiorentino per i minareti, che diventarono la posta dell’incontro: il vincitore avrebbe scelto il prezzo da pagare. L’uzbeko propose i minareti a venti dollari, il prezzo iniziale, il fiorentino rilasciò a tredici, la sua ultima offerta. Convenirono alla fine per quattordici dollari se avesse vinto l’uzbeko e tredici se avesse vinto il fiorentino: si giocavano quindi un solo dollaro, ma d’altra parte si narra che anche il Khan di Bukhara, per una moneta, perse metà dei suoi tesori.
L’aiutante aveva visto lo straniero giocare e si sentiva in grado di batterlo. Ma lo spavaldo deve sempre temere la sua irruenza: alla fine lo straniero vinse, e con soli tredici dollari guadagnò la posta. A quel punto gli uzbeki erano così inkazzati che per lo stesso prezzo cedettero non uno ma ben due minareti.
Fu così che il fiorentino batté a scacchi gli uzbeki e si portò a casa due minareti.
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Nota della Redazione
Sul sito un viaggio in Uzbekistan è stato raccontato da Patrizia Maccotta:
– Viaggio in Uzbekistan, il paese dei gelsi (prima parte)
– Viaggio in Uzbekistan (2). Il blu come vertigine
Immagine di copertina: Piazza-Khast-Iman a Tashkent (foto di Patrizia Maccotta)
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