di Renzo Piano
–
Ripreso da una ‘Lettera al Direttore’ di Renzo Piano, da la Repubblica del 20 febbr. 25
Dobbiamo salvare le sale. Il cinema crea comunità
di Renzo Piano
Il caso Roma e il modello Parigi, la lettera dell’architetto e senatore a vita
Caro direttore,
questo è un mio accorato appello affinché i cinema, questi preziosi “luoghi per la gente”, siano preservati nel tessuto urbano delle nostre città, e in particolare quelli di Roma. Un’amica un giorno mi disse che, se sta bene Roma, sta bene anche l’Italia. Lo stesso vale anche per Parigi e la Francia. Stesso destino.
Io penso che il lungo contenzioso sulla tutela della destinazione d’uso delle sale cinematografiche romane, ma anche parigine, sia il punto di una possibile redenzione urbana. Quelle cubature, attive o abbandonate che siano, rappresentano gli ultimi polmoni di ossigeno per le nostre città, sempre più sature di automobili, centri commerciali, alberghi e case vacanza. L’apertura alla riconversione di quelle aree diventerà in pochi anni la pietra tombale delle nostre metropoli, danneggiando tutto, incluso il commercio al dettaglio. Se i cinema potranno essere riconvertiti, dopo qualche anno di chiusura, in luoghi esclusivamente volti al profitto, il valore di quegli immobili lieviterà, e il tramonto di luoghi di cultura essenziali, come le sale cinematografiche, sarà inevitabile.
Questo porterà i proprietari delle mura a preferire la rescissione dei contratti con i gestori delle attività culturali e la chiusura di quelle strutture per anni, al fine di attendere un maggiore guadagno grazie alla riconversione. Da un rapido calcolo, fatto qui a Parigi, un canone d’affitto medio per una sala cinematografica di 5.000 euro al mese per 15 anni rende circa 900.000 euro, mentre lo stesso locale, riconvertito, può arrivare a un valore di oltre 10 milioni. Credo che lo stesso calcolo valga anche per Roma.
Cosa sarebbe stata Roma oggi se i Fori non fossero sopravvissuti alla storia? Neanche i barbari una volta entrati a Roma hanno azzardato una sua riconversione, ma l’hanno preservata. Ognuna di quelle aree archeologiche è “un’isola che non c’è”, che ha reso eterna e sempre giovane la Capitale. Oggi, come in passato, è essenziale riconoscere l’importanza dei nostri spazi culturali, a Roma come in tutte le capitali d’Europa. Così come è essenziale intraprendere un cambiamento profondo per restituirli alla loro grandezza originaria e permettere ai cittadini di costruire insieme un nuovo mondo, oggi immaginario.
Non si possono lasciar andare tutti quei luoghi all’interno dei quali la comunità si crea, si fortifica e insieme riporta al di fuori di sé lo spazio che diventa città. L’errore che sta facendo, spesso purtroppo, la politica è di vedere tali strutture solo come cinema, dimenticando che la loro destinazione d’uso è più vasta (teatri, cinematografi, sale per concerti, spettacoli teatrali e simili) e che potrebbero trasformarsi in quelli che, qui in Francia, si definiscono tiers-lieux (terzi luoghi). Nel 2021 la Francia ha sovvenzionato questo settore stanziando 130 milioni di euro, la metà da fondi Pnrr: a oggi in tutto il territorio francese ne sono stati mappati circa 2500, per circa 150 mila lavoratori. Spazi informali, diversi sia dalla casa che dal lavoro, pensati per liberare la linfa vitale delle persone, alimentando la creatività e favorendo l’incontro.
L’esperienza del Piccolo America ci insegna una cosa fondamentale: ciò che è nato illegalmente da una necessità sociale, salvare dalla riconversione il vecchio Cinema America può diventare un motore economico per la città, se posto nel giusto terreno. Oggi il Cinema Troisi con la sua aula studio libera e gratuita è un pronto soccorso urbano: è l’urbanità, è il valore civico della città.
Inoltre, come si diceva qualche anno addietro in altri progetti, la città è sicura se si cura. Le iniziative sociali e creative che Roma ha vissuto in questi anni — spontanee, e spesso ospitate in spazi illegali — se inserite in quelle cubature potrebbero fare il salto nella legalità e portare le proprie risorse e la propria economia a contribuire allo sviluppo socio-economico della comunità (pagando le tasse, regolarizzando luoghi e contratti di lavoro). Così come sta succedendo qui a Parigi, dal centro alle banlieues.
Per quel che mi risulta, da quando l’amministrazione ha proposto la norma che ha aperto questo contenzioso, diverse agenzie immobiliari stanno segnalando che il valore degli scheletri degli ex cinema è raddoppiato o persino triplicato. Non mi sorprende, perché questo è stato in gran parte evitato nella regione parigina.
Un processo di riconversione di questo genere soffocherà ogni sviluppo culturale della città. Inoltre, se una migliore monetizzazione degli immobili li trasforma in centri commerciali, questo porterà maggior traffico con maggiori pesi economici per la comunità. Per salvare la città da questa débacle servirebbe, come qui a Parigi, un semplice intervento nelle sue norme tecniche d’attuazione, in particolare riguardo il blocco della monetizzazione dei parcheggi.
Il cinema è la più popolare forma d’arte e i cinematografi sono i luoghi in cui si celebra il più bello dei miracoli, stare assieme e condividere delle emozioni.
Una schermata dell’indice con i più recenti articoli di/su Renzo Piano pubblicati sul sito (cliccare per ingrandire):
