Poesie, Racconti

Le cose sono rampini a cui appendiamo i ricordi (1). Con tre poesie

di Tano Pirrone

 .

Non avremo dimenticato, spero, l’interessante approfondimento che avevamo cominciato a fare sul ruolo e l’importanza che hanno “le cose” nella nostra vita. Ne avevamo scritto, se ricordate, a proposito delle istallazioni museali di Vincenzo Padiglione che utilizza appunto associazioni di oggetti, densi di significato e capaci di stimolare associazioni per le sue “suggestioni”. Leggi:
https://www.ponzaracconta.it/2025/01/31/le-cose-e-noi-le-suggestioni-di-vincenzo-padiglione-1/
https://www.ponzaracconta.it/2025/02/01/le-suggestioni-di-vincenzo-padiglione-2-tre-poesie/
Interpellato l’amico Tano Pirrone che sappiamo sensibile a questi temi, abbiamo avuto una rapida risposta: una breve presentazione e alcune sue poesie che proponiamo in due puntate ai lettori.
S. R.

 

Le cose sono rampini a cui appendiamo i ricordi
di Tano Pirrone

Le cose sono rampini a cui appendiamo i ricordi; singolarmente (un rampino un ricordo), ma anche a grappoli (un rampino, tanti ricordi), tanta è la potenza rievocativa – sentimentale, certo – che qualunque oggetto che noi abbiamo posseduto, ha… A volte, oggetto che non abbiamo ancora posseduto e che bramiamo da una vita, o che non abbiamo più da decine d’anni e che vorremmo ora riavere perché è calamita potente di ricordi, rievocazioni…
Calamita, appunto: nel mio notes alla voce “comprare” (è un elenco lungo, che s’infoltisce – lentamente ma inesorabilmente – spostando man mano quella categoria di oggetti dal “desiderati da comprare” a semplici “desiderati”). Da qualche tempo (qualche anno) c’è segnata “calamita”, che ho adocchiato; ho fatto ricerche e… le calamite cinesi no, non mi attraggono: sono banali, ne vorrei una con tanti anni, usata, attraente perché ha attratto già per altri per tanto tempo. Potrebbe contenere ricordi di altri – magari – inclini a rivelarsi anche a me. Aggiungere attraverso un magnete ricordi anonimi d’altri ai miei ricordi… una poesia!

Insomma, gli oggetti, hanno un valore, non solo in sé (astratto, legato alla forma, al colore al modo in cui si posa, si conserva, si pulisce), ma anche un valore d’uso, oppure un forte valore rievocativo. E gli oggetti pur essendo “oggetti” di desiderio, di attrazione, anche d’affetto (un orsacchiotto o una bambola per una fanciullina o un ragazzino), sono soprattutto contenitori di memoria. Ne ho tanti, anche banali e avendo anche il vizietto di scrivere poesie e di pubblicarle, ne ho parlato in alcune di esse: ho scelto le “cose”, gli oggetti per parlare d’altre cose più “serie” o le ho celebrate per sé stesse.
Cedo alla vanità e omaggio i miei undici lettori di alcune di esse. Spero piacciano e se non piacciono, scrivete per quale motivo: sarò lieto d’interloquire. Buona lettura
T.P.

Allegate qui:
L’elica di Thomas (2014) 1
Au marché de Chartron (2014) 1
L’ultimo guado (2015) 1

Nella prossima puntata:
Cerco casa (2017) 1 2
Non cerco più casa (2022) 1
Carta riciclata (2023) 3
In caso di assenza (2024) 3

  1. In Mye, stampeacontatto, Francofonte, 2022 – ISBN 978-88-946647-5-1
  2. Pubblicata su it
  3. In Poets Are Not Nice, stampeacontatto, Francofonte, 2024 – ISBN 9788-88-946647-9-9

L’ELICA DI THOMAS

L’avrei comprata io quell’elica,
caro Sergio,
e la comprerei anche ora,
Inps permettendo,
perché quell’elica
non è soltanto un oggetto insolito,
ingombrante,
che non si usa,
ma è un piccolo piede di porco,
un inusuale apriscatole,
che serve ai feticisti anonimi,
come io sono e fui,
per scappare alla velocità del pensiero
in luoghi lontanissimi e inarrivabili – altrimenti –
persi nelle distanze e nei tempi.
Luoghi di cui ho bisogno per vivere, per entrarvi ed uscirne
come ago in una stoffa,
portando legato alla vita il refe che mi unisce
ai mille mondi lontani e vicini,
che miei non sono e
che miei devono essere per poter
vivere e vivendo vivo sentirmi.

Un’elica,
un barattolo,
un mazzo di vecchie chiavi,
dozzine di matite ridotte a moncherini,
ognuna con una storia appesa
come fossero canne da pesca tese sull’acqua grigia
per tirarne sgocciolante un pesce colorato.

E le mie macchine fotografiche di quel tempo e di molti anni dopo,
conservate come carne vitale, per trapianti improbabili.
Non sono le Nikon e le Hasselblad che Thomas usa,
ma lui è londinese
io non lo sono e non lo fui.
Ma con le mie Minolta 101 ho rubato in giro
– reo confesso –
I silenzi che nessuno voleva,
le intimità di cui tanti avevan vergogna,
i sorrisi gelosi,
gli abbandoni e le cose,
gli oggetti,
i luoghi, i muri, i legni e i ferri.

Tutti i magneti che attirano la vita e la conservano
In strati sottilissimi sono oggetti inutili ed ingombranti,
corpi non vitali, presenze incomprese,
ma da essi con segrete operazioni di ingrandimento
tornano a vivere le vite di tanti
e i rosari dei fatti e delle parole.

BLOW UP
Le vite, come i morti, scompaiono e sparate nell’iperspazio,
ciechi cieli senza vita, li perdiamo di vista e di cuore,
ma – blow up – ci tornano indietro e ci parlano.
Ci riconciliano,
se non con noi stessi,
coi pochi o tanti giacimenti di vita abbandonati
senza coscienza lungo il cammino.
BLOW UP
L’invito è palese.

***

Au vieux bistrot, près du marché de Chartron (Bourdeaux)

AU MARCHE’ DE CHARTRON

Una matita Staedler HB2.
Un quaderno con la copertina
nera
rugosa
di cent’anni fa.
Un posacenere vuoto, che non
userò, mai.
Un libro di Andrea Camilleri,
Sellerio editore
Palermo,
che devo iniziare
ma non mi decido.
Una tazza di café allongé,
che voglio bere subito,
caldo e con una punta
di amaro.
IL TAVOLO ROTONDO, DAL RIPIANO NERO,
COL BORDO DI METALLO CROMATO,
E LA BELLA BASE DI GHISA nera,
COLMO DI TUTTO CIÒ CHE SERVE OGGI PER VIVERE.

Lontano, acido, stralunato,
il nemico è inoffensivo.
Vivere col poco che serve.

***

L’ULTIMO GUADO

Per attraversare l’ultimo guado
mi affido ad un’instabile passerella
fatta di ricordi comunque tristi,
a malinconie che affondan le radici,
come capperi,
nei recessi più intimi e profondi.
A essi s’intrecciano
spezzoni di film
libri riviste e giornali
e miriadi di piccoli oggetti
raccolti lungo il cammino;
e piante e fiori coltivati per speranza.

Insicuro è il ponte verso
i miei sempre più brevi giorni futuri;
manca il cemento dell’amore ormai lontano,
della fiducia ormai sperduta:
vertigini improvvise, repentini capogiri
mi riportano alle paure di bambino.

 

Nota (a cura di Sandro Russo)

Non per spiegare alcunché ma semplicemente per contestualizzare l’oggetto, l’elica è un voluminoso e improbabile oggetto che Thomas – il protagonista (David Hemmings) del film Blow-up (Antonioni 1966), fotografo di moda nella swinging London di quegli anni -, si porta a casa per usarla (o anche no) come scenografia per le sue foto.

 

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