Pesca

La pesca del pesce spada e l’odore del sangue

di Tonino Impagliazzo


Note generali sulla marineria ponzese e sulla pesca del pesce spada

L’attività della pesca a Ponza necessita di adeguare il ”parco battelli” alle mutate esigenze, introducendo da un lato attrezzature più efficienti per la cattura e riservando, dall’altro, maggiore attenzione ai prodotti locali e alle specie ittiche pregiate che vivono e si riproducono nelle acque circostanti.

La pesca locale, fatta di specie ittiche sia pregiate che comuni, da qualche anno lamenta la riduzione, nel sotto costa, proprio dei prodotti più pregiati, come aragoste, gamberoni, granchi felloni, pezzogne, etc. con una ripercussione negativa sull’economia turistica dell’isola che da quei prodotti  trae un valore aggiunto.

Negli anni ’70-’80 la Marineria di Ponza contava 12/13 barche per la pesca delle acciughe e delle sardine con le cosiddette cianciole, 2/3 barche per la pesca al merluzzo, 1 barca per lo strascico e 3/4 barche per la piccola pesca locale.
Negli anni 2000/2010 la situazione era la seguente:
– 2/3 cianciole per la pesca delle acciughe e delle sardine;
– da 11 a 13 barche, della lunghezza di 12/17 metri circa, per la pesca del pescespada e del merluzzo;
1 barca per lo strascico
2/3 barche per la piccola pesca locale

Il sistema di cattura dei battelli di più ridotte dimensioni, in questi ultimi anni, si è avvalso di un un impianto idraulico centralizzato per il salpamento delle reti e dei palangari, da prua, da poppa e dalle murate laterali.

La pesca del pesce spada a Ponza viene praticata attualmente nel periodo maggio/giugno ad Est dell’isola (tra Palmarola e Ventotene) e nel periodo luglio/agosto all’ esterno del Faro della Guardia, a circa 3/5 miglia marine a Sud-Ovest di Ponza. E’ considerata la principale attività di pesca dell’isola.

Da qualche anno, nel tratto di mare indicato, si nota un notevole passaggio di tonni e di pesci spada, dovuto alla presenza di abbondante esca naturale costituita da sgombri, lacerti, boghe, maccarelli, tonnetti ed altro, un cibo bene accettato e gradito dai pesci spada e dai tonni.

***


Pesca del pesce spada. Un racconto poco noto di una guerra di superficie 

Era il mese di agosto dell’anno 2021 e mi trovavo a Ponza con la famiglia, quando si avvicinò un amico capo-barca che volle riferirmi di uno strano fatto accaduto.
Così comincia il suo racconto:

“Eravamo al largo del Monte Guardia, a circa tre/cinque miglia dalla costa, ed avevamo terminato da poco di buttare in mare i palangari (coffe) in una zona che di solito viene utilizzata dai pescatori ponzesi per la pesca del pesce spada.
All’improvviso scorgemmo, a qualche decina di metri di distanza da noi, il transito di alcuni tonni che, da lì a poco, cominciarono a spostarsi e a muoversi in maniera concitata al punto da trasformare la scena in una sorta di guerra di superficie, aggressiva e violenta, verso tutti quei pesci-esca che transitavano nei loro paraggi.
Nel giro di poco, tonni e pesci spada arrivarono fin dove eravamo noi con la barca perché anche in quello spazio di mare cominciarono a transitare sgombri, tonnetti, maccarelli, lacerti, boghe…
E da lì a breve, quelle esche di transito furono maldestramente aggredite da tonni di media grandezza diventando per loro cibo pregiato.
Ci accorgemmo poi che le esche non divorate al primo colpo e ridotte a brandelli venivano consumate colpo dopo colpo sino ad essere mangiate interamente.
Il macabro pasto aveva determinato  il rilascio di sangue che cominciò a precipitare lentamente sparendo verso le profondità del mare.”

Continua il racconto del capo-barca:
“Il sangue, con il suo odore acre, man mano che scendeva verso il fondo cominciò ad attrarre e a portare in superfice altre specie di pesci, i cosiddetti spazzini di mare, tra i quali anche squali e verdesche, che non persero tempo per divorare quei pesci-esca che circolavano per passare poi alle esche ancora legate agli ami dei palangari.
Non soddisfatti, il passaggio successivo fu quello di attaccare anche i pesci-spada e i tonni incagliati agli ami.
Insomma, ai nostri occhi andò via via prendendo forma una scena allucinante dove i pesci predatori sembravano non voler porre mai fine alla loro voracità, al punto da radunarsi attorno alle barche in maniera che a noi sembrò a dir poco minacciosa.
E fu questo il momento in cui pensammo, per cautela, di allontanarci il prima possibile da quella zona di mare infernale.
La presenza attorno alla barca di pescicani, verdesche, canesche di dimensioni enormi, che potevano andare dai 12 ai 20 metri con un peso anche di 20/25 quintali, portò il Capitano e l’equipaggio a guardarsi negli occhi e prendere istintivamente la decisione di uscire fuori da quella strana guerra che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Una breve telefonata agli amici delle barche che operavano nella stessa zona di mare per metterli in allerta e, poi, a tutta velocità verso il porto di Ponza. Ma solo dopo aver tagliato le cime dei palangari abbandonando tutto quello che aveva abboccato, ai voraci predatori di mare.
Ancora una volta aveva vinto la “legge della Natura”

 

NdR: le foto a corredo dell’articolo sono di Rossano Di Loreto

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